Fughe, contrappunti e sonata di Caleb Ewan

Caleb Ewan a Pesaro anticipa in volata Elia Viviani e Pascal Ackermann.

Se il ciclismo è metafora dell’esistenza, nel corridore in fuga si percepisce davvero l’essenza di questa allegoria. E non importa se la flame rouge è ancora lontana, non importa se sentirai lo speaker annunciare altri campioni sul filo pallido del traguardo, mentre tu, eroe di giornata, sarai attardato e ansante sul mozzo della bici, bava alla bocca nel gruppetto naufragato: l’attacco è stato il tuo. “Se sono libero è perché sono sempre in fuga“, diceva Jimi Hendrix; fuga da un amore, dalla famiglia, da una terra a un’altra, l’esistenza infine come fuga dal nulla. L’uomo è fuggitivo e nomade, il ciclista errabondo per eccellenza.

Voglia di scappare dal gruppo e dal suo abbraccio stretto di maglie colorate e manubri. Poi tornerà a prenderti il plotone aprendo le sue grandi braccia, inghiottendoti lungo la dorsale adriatica dove si snoda, oggi diciotto maggio, la più lunga tappa del Giro, la Tortoreto Lido – Pesaro.

Qualcuno esita, altri hanno paura in vista della crono di domani. Ma alcune Professional necessitano della fuga, necessitano di visibilità e attacco, come piccoli Davide di fronte ai blasonati Golia; specie alla vigilia di una riforma UCI che potrebbe dal prossimo anno lasciarne a casa molte di formazioni professionistiche, con il limite di due soli inviti.

Per la Androni è Marco Frapporti ad assolvere a questo compito, come un bisogno, un istinto. La fuga l’ha nel DNA, come del resto il ciclismo. La Val Sabbia, il luogo natìo, fresca d’estate e gelida di inverno coi suoi luoghi remoti, sembrò l’ideale per la bici. Marco iniziò lì, quasi un veterano ormai, eppure ancora bramoso di faticare come quando da ragazzino inforcò la sua prima Bianchi usata sognando di far divenire quella fatica il senso della propria vita. Da allora ogni qual volta gli strani arditi del pedale attaccano al chilometro zero lui c’è, o almeno ci prova. E non solo per i succitati vezzi romantici e metaforici ove sguazza il ciclismo. No, ci crede davvero e affonda le stilettate, lo sa che nove volte su dieci la gazzella in fuga è braccata e raggiunta dal plotone predatore. Ma ci crede con le sue gambe come personale fionda ad abbattere il gigante.

Partenza a Tortoreto dunque, Frapporti va, assieme a lui Cima e Brown, anche se poco dopo lo statunitense si rialza, abbandonando il tandem tricolore che non difetta certo di coraggio in quella che si preannuncia una estenuante fatica. E se Frapporti è avvezzo all’osare come testimoniano i 640 chilometri passati all’attacco del Premio Fuga al Giro 2018, nondimeno il giovane Damiano ha le proprie splendide carte da giocare, specie nelle sue doti di uomo veloce combinate a quelle di attaccante. Entrambi bresciani, compagni di allenamento e amici, entrambi cullati in un alveo familiare devoto al ciclismo, come testimoniano fratelli e sorelle dei due attaccanti passati al professionismo. Entrambi col sogno di trionfare al Giro d’Italia.

Anche se mentre pian piano si trasmigra dall’Abruzzo alle Marche, addentrandosi in un bagnato entroterra, quel sogno anche per oggi sembra sfumare così come il vantaggio dei due che come da copione va calando verso i meno cento. Dietro i pescecani del gruppo impersonificati oggi dalle squadre dei velocisti iniziano a serrare le fila, sperando che i propri capitani riescano a uscire indenni dai dentelli di terza categoria che però puntellano costantemente questa seconda parte della tappa.

Si attraversa la valle del Metauro dove, nella grande battaglia, le forze cartaginesi di Asdrubale vennero sopraffatte. Il gruppo adesso è nella veste di una vera e propria falange e bracca i due guerrieri del giorno ormai prossimi alla resa.

Mangia e bevi continui ad ingolfare le gambe dei due che fino all’ultimo però tengono duro, quando infine, all’orizzonte della Pesaro del grande Rossini, De Gendt suona la marcia di una Lotto compatta per Caleb Ewan, riacciuffando prima Cima e poi Frapporti.

Al GPM di Monteluro, Ciccone passa primo seguito da Vervaeke e Bidard: dalla fuga di giornata al contrappunto il passo è breve poiché i tre proseguono e complice il terreno marchigiano a spire di rettile, il gruppo si riorganizza malamente e il loro vantaggio ai meno quindici è ancora di trentacinque secondi.

Intanto piove e la paura delle discese vede un alternarsi di capitani in testa, in una volata infinita che ricongiunge il serpentone ai meno sei. Discesa tecnica e imprevisti degli ultimi chilometri a parte, il gran finale è lì, a portata di ruote veloci.

Si entra in città dove Ackermann parte lungo, quando il piccolo proiettile Ewan lo salta portandosi dietro un rinvigorito Viviani che chiude secondo. Per gli altri non c’è storia dietro la fiammata di questo superbo trio.

La sonata di Caleb chiude così una splendida, nervosa e “musicale” Tortoredo – Pesaro, fatta di fughe, arie, contrappunti e gran finale. Cala il sipario sulla grande orchestra del Giro d’Italia. Domani sarà la volta degli assoli.

Foto in evidenza: Twitter, Giro d’Italia