Le vie del Signore sono davvero infinite

Juan Pablo Valencia è il protagonista di una storia triste e attuale.

 

Intervistato da Rouleur alla partenza della diciottesima tappa della Vuelta a España 2015, Juan Pablo Valencia si rigirava fra le mani il rosario che poi sarebbe finito intorno al suo collo muscoloso e abbronzato. “Quando corro, lo porto sempre con me”, spiegò. “Almeno Dio mi vede meglio e può proteggermi. Ogni mia pedalata è piena di sicurezza e confidenza. In più, sono convinto che la fede mi guiderà sempre sulla strada giusta”.

Rifacendosi alla cronaca degli ultimi giorni, non si sa cosa pensare. Evidentemente, qualcosa non è andato per il verso sperato: o il Dio al quale Valencia si è appellato è un delinquente oppure il rosario era tarocco, e preghiere e benedizioni arrivavano a intermittenza. Il colombiano è stato acciuffato dal gruppo più integerrimo e meno disposto a concedere la possibilità della fuga: quello dei carabinieri.

Valencia, agli albori della sua carriera ciclistica, prometteva bene. Nel 2010 fu campione colombiano dei dilettanti. Nel 2012, stagista e non ancora professionista, sfiorò il successo nel Giro del Veneto: soltanto Oscar Gatto fu più lesto. Poi, col passare del tempo e delle responsabilità, non diventò nemmeno un buon gregario.

Tre stagioni intere col Team Colombia e praticamente nulla da dichiarare. La maglia di miglior scalatore al Giro di Turchia, Milano-Sanremo e Vuelta a España concluse con successo: tutto questo succedeva nel 2015, la sua ultima stagione da ciclista professionista.

Non ancora ventottenne, Valencia si eclissò dalla cronaca e dal ciclismo. È tornato in auge qualche giorno fa, arrestato a Montegranaro. I capi d’accusa non fanno mica ridere: possesso e spaccio di sostanze stupefacenti.

I carabinieri lo hanno seguito e monitorato per diverso tempo. Smontando la sua mountain bike, sono state rinvenute tracce di cocaina. Nell’abitazione nella quale alloggiava, quaranta grammi, un bilancino elettronico di precisione e quattromila euro in contanti.

A onor di cronaca, Bartali usava i tubi in maniera assai più dignitosa: ci nascondeva i documenti per salvare gli ebrei. Ma è anche vero che come Bartali c’è stato solo Bartali. Ed è altrettanto vero che le vie del Signore sono davvero infinite.

 

Foto in evidenza: @Canadian Cycling Magazine

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.