Chris Froome secondo l’opinione pubblica

La caduta di Froome è interessante da un punto di vista comunicativo.

 

 

Della bruttissima caduta di cui è stato vittima Chris Froome è già stato detto tutto; possiamo soltanto manifestare la nostra vicinanza e il nostro dispiacere. L’evento, tuttavia, ha fatto di nuovo esplodere l’interesse generale attorno a Froome: una stagione – la scorsa- conclusa presto, con in bocca il sapore agrodolce del terzo posto al Tour de France, e una primavera – quella terminata poche settimane fa – priva di acuti, avevano contribuito ad innalzare un muro di quiete e disinteresse nei suoi confronti, lui da sempre criticato per il modo di pedalare, per essere la punta dell’iceberg che ha intaccato e affondato una certa idea di ciclismo, quella che lo muoveva fino a pochi anni fa e che adesso sembra estremamente distante nel tempo.

Certo, vincere a ripetizione non ha aiutato la sua immagine pubblica: come può suscitare simpatia un corridore così forte, così diverso da tutti gli altri campioni che lo hanno preceduto, il terminale di una delle squadre più forti che il Tour de France abbia mai visto? Molto semplicemente, non può; e infatti, durante l’ultimo lustro, s’è preso di tutto: offese, sputi, piscio, accuse, illazioni. Perché questa tendenza s’invertisse, ci sono voluti tre fattori: l’impresa che gli ha permesso di vincere il Giro d’Italia 2018, il Tour de France perso quaranta giorni più tardi per manifesta inferiorità e l’incidente di cui è rimasto vittima qualche giorno fa. Il campione ha fatto posto all’essere umano, che per sua natura frequenta anche la mortalità e talvolta riesce persino a posticiparla: quando ci riesce, il cerchio si chiude.

Ovviamente non sono mancati commenti e uscite vomitevoli. La più gettonata attribuisce a Froome una sorta di colpa: se avesse disputato un’ottima prima parte di stagione, insomma, il bilancio sarebbe parzialmente salvo; e invece, considerando che se tutto va bene lo rivedremo nel 2020, quella attuale è un’annata da buttare via. Nella distopica  speranza che l’immagine che in molti hanno di Froome aderisca a quella di Armstrong – fino alle conseguenze più estreme, ovviamente: uno scandalo che dovesse coinvolgere Froome manderebbe in visibilio migliaia di tifosi – , c’è chi continua a raccontarsi che Froome non è un campione perché corre solo il Tour de France: come se non avesse vinto anche un Giro d’Italia e una Vuelta a España, come se i due successi al Romandia e i tre al Delfinato non esistessero, come se le tre medaglie di bronzo – due olimpiche, una mondiale – nelle prove contro il tempo le avesse raccolte qualcun altro. E invece appartengono tutte a Chris Froome, un fuoriclasse che, nonostante alcune zone grigie, ha impresso il suo nome nella storia del ciclismo, cambiandolo per sempre.

 

 

Foto in evidenza: ©Team INEOS, Twitter

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.