L’ipocrisia e la faciloneria di certi atteggiamenti continua a mietere vittime.
Il carro del vincitore è talmente affollato che viene voglia di tirare giù a mani nude chi vi è salito senza permetterselo. Ad Alberto Bettiol e Marta Bastianelli è bastato vincere un’edizione del Giro delle Fiandre per togliersi di dosso passato e presente: d’ora in poi esisteranno soltanto in prospettiva, proiettati verso quello che dovranno obbligatoriamente conquistare pena l’essere spediti al macero. Stia attento soprattutto Bettiol, venticinquenne alla prima vittoria in carriera: avrà tutto da perdere. Entrambi avrebbero preferito ricevere vicinanza, stima e affetto quando le cose sembravano dannatamente complicate.
Marta Bastianelli, ad esempio, venne squalificata per due anni rischiando di perdere tutto quello che aveva costruito. Campionessa del mondo a vent’anni, rimase poi sola, dimenticata da un mondo che divora persone e storie con un’indifferenza agghiacciante. Lei stessa ha ammesso che molti giornalisti hanno lucrato sulla sua vicenda, mettendole in bocca parole mai pronunciate. La carriera di Bettiol, fino al 7 aprile 2019, non era certo andata meglio. Nessuna vittoria, tante batoste, qualche piazzamento e due cadute che rovinarono la stagione passata, quella che avrebbe dovuto finalmente lanciarlo nel ciclismo di prima fascia. Bollato come ennesimo talento smarrito per strada, venne messo in un angolo per poi essere tirato fuori alla Tirreno-Adriatico di quest’anno, intuite le capacità mediatiche di un venticinquenne che risorge dalle ceneri. Ci piacerebbe che in molti ammettessero, con umiltà e oggettività, che Alberto Bettiol e Marta Bastianelli sono tornati d’attalità quando sono diventati degli ottimi titoli giornalistici. Non ci illudiamo, non succederà: adesso è il giorno dei funghi che spuntano dopo una giornata di sole e una di pioggia, dei “te lo avevo detto”, è il momento dei toni trionfalistici.
Alberto Bettiol e Marta Bastianelli non rappresentano l’intero movimento ciclistico italiano. Sono due corridori: i loro successi e lo stato di salute del nostro ciclismo sono due variabili indipendenti l’una dall’altra, a maggior ragione se si considera che Bettiol corre per una squadra americana e Bastianelli per una formazione danese. La frangia maschile e quella femminile continueranno ad essere quello che erano fino al 6 aprile 2019: la prima una bestia in asfissia che sopravvive di respiri estemporanei, la seconda invece una scuderia di ottimi talenti. E smettiamola di lanciarci in proclami, di avventurarci in profezie e di staccare continuamente i piedi da terra. Impariamo invece a frequentare il realismo: il 7 aprile 2019 è stata una pagina stupenda del ciclismo italiano ma quelle successive sono bianche e tutte da riempire. Non saltiamole consolandoci di averne scritta una buona.