Sfogandosi su Andrea Iannone, il ciclismo ribadisce la sua ignoranza in materia.
Menomale Andrea Iannone è risultato positivo ad un controllo antidoping, almeno “gli amanti” del ciclismo potranno passare un buon Natale affermando – per una volta – che no, l’ultimo sportivo in ordine cronologico ad esser stato beccato non è un ciclista, bensì un motociclista. Il ciclismo vive un paradosso che ha dell’incredibile: tra scivoloni e bordate gratuite, riesce a fare delle figuracce persino quando il problema non lo riguarda direttamente.
Da dove possiamo partire? Dall’idea di fondo che muove buona parte degli appassionati. Le persone che sparano a zero sul ciclista “dopato” di turno sono le stesse che si indignano quando l’atleta in questione si dà alla droga, alla macchia, alla morte; ce ne sono altre, invece, le quali non tollerano che si parli male del ciclismo, purché a loro venga concesso il tiro al bersaglio su tutto quello che di negativo e controverso accade negli altri sport. Più che amanti del ciclismo, detrattori degli altri sport.
Non dice la verità nemmeno chi sostiene che la positività di Iannone non abbia fatto notizia. L’ha fatta eccome: ne hanno parlato i giornali, i telegiornali e tutto l’Internet. E fate caso ai dettagli: è stato tirato in ballo il suo aspetto fisico, il suo mostrarsi muscoloso e tatuato, la sua vita privata; come se essendo un motociclista da milioni di euro, avendo muscoli e tatuaggi e frequentando Giulia De Lellis e Belén Rodríguez, Iannone fosse andato a cercarsela. È sempre la stessa retorica. Il ciclismo è lo sport dei gregari e della fatica, dell’umiltà e dell’umanità, dunque è sempre seduto dalla parte della ragione: una sorta di rivincita degli esclusi dalle emittenti.
Andrea Iannone, insomma, il motociclista che l’ambiente ciclistico – e non solo – ha già etichettato in malomodo. Eppure chi segue assiduamente il ciclismo dovrebbe sapere bene cosa significa sbattere il mostro in prima pagina. Mostro che, fino a prova contraria, dev’essere ancora incastrato, se è vero che si sta ancora aspettando l’esito delle controanalisi. Intanto, Iannone ha affermato di essere rimasto senza parole e ha promesso di fare luce sulla vicenda. In sostanza, si è difeso allo stesso modo dei ciclisti: e allora di nuovo, perché accanirsi così contro di lui?
Sparando a zero su Iannone e sul motociclismo, il ciclismo non riabiliterà la sua figura. Chi ha sbagliato deve pagare, o almeno dovrebbe, ed è profondamente sbagliato che un ciclista, a parità d’errore, debba pagare e rimetterci più di un altro sportivo. Ma un conto è dirlo in questi termini, un altro è prendere a pedate nei denti Andrea Iannone e credere che sia sufficiente lavare le scarpe per ripulire la propria coscienza.
L’impressione è che il ciclismo abbia sempre qualcuno o qualcosa contro cui combattere: il sistema dei media, il doping e l’antidoping, la popolarità e la ricchezza di sport come il calcio. Chi guarda sempre in casa degli altri forse ha paura di guardare in casa propria, così come è triste ballare sulle disgrazie altrui: è un ballare da poco, macabro e grottesco. Il ciclismo è sempre stato bravo ad indicare la strada agli altri sport, gli manca soltanto di trovare la sua.
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