10 nomi da seguire per Il Lombardia

Tanti grandi corridori a caccia dell’ultima classica monumento della stagione.

 

 

Anche quest’anno siamo arrivati al Giro di Lombardia, la degna conclusione d’ogni stagione ciclistica che si rispetti. Per l’ennesima volta, lago e lungolago di Como saranno la cornice in cui rimarrà impressa l’ultima istantanea a pedali del 2019; anche la partenza da Bergamo e il percorso che tocca Colle Brianza, Colle Gallo, Ghisallo, Sormano, Civiglio e San Fermo della Battaglia non hanno subito particolari stravolgimenti. Tutto intatto e tutto uguale a se stesso, insomma, d’altronde il termine “classica” si usa anche per questo motivo. Eppure, se c’è una cosa che le classiche ci hanno insegnato è la molteplicità che contengono nella loro fissità: è impossibile stabilire il punto esatto in cui la corsa si romperà, così come sembra improbabile azzeccare i nomi dei corridori che eccelleranno e deluderanno. La storia del Lombardia ci suggerisce che queste strade tendono a premiare i campioni – non sempre, ad esempio, si è potuto dire altrettanto della Parigi-Roubaix, che con una certa regolarità si concede a carneadi e outsider: negli ultimi quindici anni soltanto Oliver Zaugg può essere annoverato tra le sorprese. Dell’esito c’interessa il giusto: la consapevolezza di avere così tanti campioni al via rende il finissage meno amaro.

Vincenzo Nibali

©Aivlis Photography

Vincenzo Nibali non arriva al Giro di Lombardia 2019 come avrebbe voluto. Nell’ultimo mese ha corso cinque volte senza raccogliere nessun piazzamento: oltre il cinquantesimo posto nelle due classiche canadesi e al Memorial Pantani, ventitreesimo al Giro dell’Emilia dopo aver stretto i denti fino all’ultima ascesa del San Luca, ritirato alla Tre Valli Varesine quando ormai l’errore di percorso – o di segnalazione – lo aveva tagliato fuori. Ecco, il Nibali della Tre Valli Varesine è il migliore dal Deutschland Tour della fine di agosto. Una domanda sorge spontanea: e se fossero gli altri – Bernal, Valverde, Roglič – a stare troppo bene e ad aver abusato delle loro energie nell’ultima settimana italiana? Nibali non è più il corridore continuo e onnipresente che abbiamo conosciuto e apprezzato fino a qualche anno fa; non può esserlo, è chiaro, se vuole vincere: tra un mese compirà trentacinque anni e non avendo la freschezza di Valverde deve centellinare presenze e prestazioni. Quindi lo scarno ruolino di marcia delle ultime settimane conta fino ad un certo punto, a maggior ragione se si considera il rapporto che si è venuto a creare tra Nibali e le strade del Lombardia: dopo un decennio passato a lavorare per i capitani e a prendere le misure, dal 2015 in poi Nibali non è mai sceso dal podio – primo nel 2015 e nel 2017, secondo nel 2018, assente nel 2016. Non c’è un percorso che si adatti meglio alle caratteristiche del siciliano: una prova lunga e variegata, che si gioca sulla resistenza e sull’intuito, in cui saper pennellare le curve in discesa conta tanto quanto saper pedalare forte in salita. È per questo, dunque, che non si può escludere Vincenzo Nibali dal lotto dei favoriti per il Giro di Lombardia 2019. I compagni che lo affiancheranno sono delle garanzie: Caruso e Pernsteiner per forzare l’andatura o tenerlo al coperto nella prima parte del gruppo, Teuns come alternativa o gregario di lusso. Un anno fa il belga fu terzo e quest’anno ha fatto un ulteriore passo in avanti: potrebbe essere l’esca per far abboccare qualche rivale, oppure il miglior outsider per il quale lavorare in caso di giornata storta – siamo a ottobre, ormai, e possono capitare anche a chi si chiama Vincenzo Nibali.

Primož Roglič

©Aivlis Photography

Scrivere, parlare o dissertare di Primož Roglič sta diventando un esercizio sempre più complesso e delicato. La sua fisionomia, la sua statura e il suo palmarès stanno evolvendo alla velocità della luce, praticamente di mese in mese – se non di giorno in giorno – con la stessa apparente facilità con la quale si susseguono le sue pedalate. La sua crescita è testimoniata in maniera perfetta perfino dai numeri, che non sempre saranno esemplificativi ma in questo caso lo sono eccome. Le sue vittorie da quando corre nel World Tour, ad esempio: due nel 2016, sei nel 2017, otto nel 2018 e tredici quest’anno – almeno fino ad ora; oppure i suoi piazzamenti nelle grandi corse a tappe: lontano nel 2016 e nel 2017, quand’era soltanto un ottimo cronoman e un discreto cacciatore di tappe, solido nel 2018 quando arrivò quarto al Tour de France, completo e sicuro di sé quest’anno tanto al Giro d’Italia – terzo – quanto alla Vuelta – primo. Nel 2019 Roglič ha presenziato a pochissime corse, appena dieci, ma il rapporto partecipazione/vittoria è altissimo: ne ha conquistate sei – UAE Tour, Tirreno-Adriatico, Romandia, Vuelta, Giro dell’Emilia, Tre Valli Varesine – e quando non ha vinto o si è piazzato – terzo al Giro d’Italia, quarto nella prova in linea dei campionati sloveni – o si è messo in mostra – era nella fuga che ha caratterizzato la prima parte della prova in linea dei campionati del mondo – o si è difeso come poteva, riuscendo comunque a fare meglio di tanti altri colleghi – dodicesimo e distante da Dennis nella cronometro mondiale, tuttavia davanti ad atleti come Durbridge, van Baarle, Asgreen, Latour, van Emden, Politt, Castroviejo. La squadra che lo scorterà al Lombardia è una corazzata, tant’è che almeno Bennett e Kruijswijk potrebbero correre per se stessi se indossassero una maglia diversa. Fino ad un paio di settimane fa, era lecito avere dei dubbi sulla consistenza di Roglič nelle classiche: non ne aveva vinta nemmeno una e nelle tre monumento disputate – Milano-Sanremo 2017, Giro di Lombardia 2017 e 2018 – non era mai andato oltre il diciassettesimo posto. Poi s’è messo in testa di voler vincere anche le prove di un giorno e l’ha fatto alla grande, prima al Giro dell’Emilia e poi alla Tre Valli Varesine, con forza, spregiudicatezza, tempismo e un pizzico di fortuna, che non guasta mai. È il corridore dell’anno e domani potrebbe provarlo per l’ultima volta.

Alejandro Valverde

©Emanuela Sartorio – Caffé & Biciclette

In un’ipotetica graduatoria inerente allo stato di forma dei corridori, Alejandro Valverde è subito alle spalle di Primož Roglič. La differenza è notevole, ma questo vale per tutti gli altri del gruppo; il distacco, però, è tutt’altro che incolmabile. Valverde è il classicomane più esperto insieme a Nibali e Gilbert e quindi potrebbe sopperire ad un’eventuale mancanza di lucidità con una bella dose d’esperienza. Sarà il nono Giro di Lombardia per lui e nelle ultime cinque edizioni alle quali ha partecipato – dal 2013 al 2016 e poi lo scorso anno – ha oscillato tra il secondo e l’undicesimo posto: ha sempre trovato qualcuno in grado di seminarlo, ma la sua pericolosità su percorsi del genere è indubbia. Arriva alla corsa con un ruolo ingrato: è lui, infatti, il rivale più accreditato di Roglič, e saranno molti i corridori che approfitteranno di questa situazione – Bernal e Nibali su tutti. Le quotazioni dello spagnolo, d’altronde, non sono importanti per il cognome che porta bensì per il finale di stagione che ha assemblato: secondo alla Vuelta, quinto al Giro dell’Emilia, secondo al Beghelli e alla Milano-Torino. Come gli altri favoriti, anche Valverde potrà contare su una squadra d’alto livello: la Movistar tuttalpiù diventa problematica nell’arco delle tre settimane, ma il suo valore è fuori discussione e di questo Valverde sa di non doversi preoccupare. Resta da capire come deciderà di comportarsi se la corsa obbligherà o suggerirà una sua mossa. In salita non è né il più forte né il più bruciante e il finale della Milano-Torino ha ribadito, se mai ce ne fosse bisogno, le difficoltà che di tanto in tanto Valverde incontra nel prendere il torno per le corna: quando Woods ha accelerato lo spagnolo lo ha seguito per poi rialzarsi, guardare cosa succedeva alle sue spalle e ritornare sotto al canadese con qualche attimo di ritardo. Può darsi che gli siano mancate le gambe, altrimenti avrebbe vinto, però è la lettura del finale che è apparsa scadente. Se un errore del genere è passabile alla Milano-Torino, lo stesso non si può dire se lo sfondo diventa il Giro di Lombardia: la corsa è più lunga e più complessa, gli interessi e gli avversari saranno altri e assai più forti. In una volata a ranghi ristretti sarebbe il più pericoloso insieme all’insaziabile Roglič, ma soltanto due delle ultime dieci edizioni de Il Lombardia si sono decise allo sprint: nel 2009 – Gilbert su Samuel Sánchez – e nel 2016 – Chaves davanti a Rosa e Urán. L’incertezza rimane solo sul probabile svolgimento della corsa, non sulla classe di Valverde, e non potrebbe essere altrimenti: stiamo parlando di un corridore capace di concludere settimo alla Milano-Sanremo e ottavo al Giro delle Fiandre – il primo della sua carriera – nella stagione dei suoi trentanove anni.

Jakob Fuglsang

©Cycling Weekly, Twitter

Finché non ha centrato la vittoria alla Liegi-Bastogne-Liegi di quest’anno, il miglior risultato di Jakob Fuglsang in una classica monumento era il quarto posto strappato al Giro di Lombardia del 2010, a un minuto circa da Gilbert e Scarponi e ad una manciata di secondi dal gradino più basso del podio sul quale salì Lastras. Allora, Fuglsang era un venticinquenne devoto più che altro al gregariato, salvo qualche ottima sortita nelle prove d’un giorno e nelle frazioni delle piccole e grandi corse a tappe; il Fuglsang di oggi, invece, è un corridore più che maturo, consapevole dei propri mezzi e pronto a conquistare le vittorie più importanti della sua carriera. A lungo andare s’è capito che le classiche e le corse d’una settimana gli si addicono di più rispetto alla classifica generale dei grandi giri, durante i quali trova sempre un modo per uscire di scena – cadute, guasti meccanici, recupero e costanza limitati. Nell’ultima settimana italiana Fuglsang non ha brillato, anzi: al Beghelli si è ritirato mentre alla Tre Valli Varesine non ha avuto la prontezza – o forse la freschezza – necessaria per seguire l’azione decisiva di Roglič, nonostante lo sloveno gli sia scattato in faccia. Sui due arrivi più impervi, tuttavia, il danese ha lanciato qualche timido segnale, ottenendo l’ottava piazza tanto al Giro dell’Emilia quanto alla Milano-Torino. Anche al campionato del mondo non si è mai visto e forse l’exploit di Pedersen – che, ricordiamolo, si era mosso per fungere da appoggio per un’azione di Valgren o Fuglsang – ha mascherato una prova appena sufficiente: dodicesimo ma insipido, con la scusa mica da poco di non aver potuto compicciare niente perché a diventare campione del mondo è stato un suo compagno. Il corridore ammirato in primavera tra Italia, Spagna, Olanda e Belgio sarebbe stato il favorito principale insieme a Roglič, ma la realtà è che Fuglsang fa parte della seconda fascia: come Nibali ha tutte le carte in regola per vincere, però gli atleti di riferimento sono altri. L’Astana non ha altri uomini per puntare alla vittoria: i fratelli Izagirre sono una certezza, è vero, ma in quanto a piazzamenti. Un’intera stagione corsa ad altissimi livelli – di gran lunga la più ricca e la più solida della sua carriera – potrebbe comunque presentargli il conto.

Philippe Gilbert

©La Vuelta, Twitter

Unico corridore ancora in attività ad aver vinto due edizioni consecutive del Giro di Lombardia – il solo insieme a Vincenzo Nibali ad averne vinte due; unico corridore tuttora in gruppo ad aver vinto Amstel Gold Race, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi nella stessa stagione – il secondo in assoluto, il primo fu Rebellin nel 2004; infine, l’unico corridore ancora in attività ad aver conquistato almeno un’edizione di quattro classiche monumento diverse – l’ultimo a riuscirci fu Kelly: se c’è un ciclista che s’intende di classiche, quello è Philippe Gilbert; e purtroppo per gli altri, se c’è una squadra che ha nelle classiche il terreno di caccia preferito, quella è la Quick Step, la formazione per la quale Gilbert correrà domani – e per l’ultima volta, dato che dal 2020 vestirà la maglia della Lotto Soudal. Il forfait di Alaphilippe ha sgombrato il campo da ogni dubbio: il terminale della corazzata belga sarà proprio Gilbert, che potrà affidarsi all’ottimo stato di forma di Cavagna e al talento di Mas, Knox e Jungels. Chi, invece, non sembra attraversare un periodo felice è lo stesso Gilbert, splendido vincitore di due frazioni alla Vuelta e triste ritirato nella prova in linea dei campionati del mondo dello Yorkshire. Da allora ha corso solo in un’altra occasione, alla Milano-Torino, chiudendo trentaquattresimo a due minuti esatti da Woods. Alla delusione per l’esclusione dal Tour de France ne è seguita una seconda, dunque: non poter recitare da prim’attore in un finale di stagione estremamente adatto alle sue caratteristiche e che in passato gli ha già regalato diverse soddisfazioni. La sua reale condizione non la sa nessuno ed è proprio questo che potrebbe giocare a suo favore. Negli ultimi anni Gilbert ha dato prova di saper interpretare la corsa in mille modi, anche attaccando da lontano; l’esplosività ha fatto posto al passo, l’esuberanza si è appassita e sono fiorite l’esperienza, la lungimiranza, la consapevolezza d’aver già vinto tutto e di non aver più nulla da dimostrare. Nonostante tutto, Gilbert ha parlato chiaro: il Giro di Lombardia è un obiettivo concreto e prestigioso. Per questo va trattato come un osservato speciale: di tutti gli obiettivi che si è posto in carriera, Gilbert non ne ha mancato nemmeno uno.

Gianni Moscon

©Emanuela Sartorio – Caffè&Biciclette

Se in stagione si corresse solo il Mondiale su strada, Gianni Moscon sarebbe uno dei quattro, massimo cinque corridori più forti in circolazione. Da Under 23 arrivò quarto nel 2015 dopo aver contribuito all’amaro argento di Consonni; nel 2017 nel suo primo Mondiale élite rischiò il colpo grosso in coppia con Alaphilippe, nel 2018 è arrivato quinto, nel 2019 quarto al termine di una stagione tutt’altro che soddisfacente passata ad inseguire una condizione mai arrivata – si vocifera a causa di un sempre più scarso feeling con l’ex Team Sky. Ma visto che si parla di Giro di Lombardia – o Il Lombardia nella sua recente denominazione -, se andiamo ad analizzare il suo storico su queste strade, il senso non è poi così diverso: Moscon è un corridore con un feeling particolare anche con questa corsa. Nel suo anno migliore tra i professionisti – il 2017 – fu terzo, ma vinse nel 2014 la versione per Under 23 davanti a due corridori che saranno protagonisti con lui domani pomeriggio: Teuns e Latour. Dopo una lunga parte di 2019 sotto i suoi standard, il corridore trentino ha decisamente cambiato marcia; Cassani, che quando guida la Nazionale sembra possedere una luccicanza di kubrickiana memoria – per i fanatici della lingua originale parliamo dello shining – lo ha chiamato in nazionale vedendo lungo e captando in lui l’uomo giusto per il percorso di Harrogate. Così è stato e da quel giorno Moscon sembra ripercorrere, come un ballerino di comprovata fama, i suoi passi migliori; dopo aver lavorato in funzione di Bernal al Giro dell’Emilia, alla Tre Valli Varesine ha mostrato un livello di forma invidiabile; una sua sparata ha permesso al gruppo di riportarsi su Sanchez fuggitivo e solo la mancanza di lucidità nel finale gli ha precluso la possibilità di chiudere almeno sul podio. Tra Bergamo e Como potrà sfruttare questo momento di crescita; non saranno tantissimi i corridori al massimo delle energie e delle motivazioni al termine di una stagione lunga e dispendiosa e su un percorso molto esigente. Qui si vedrà primeggiare un uomo di qualità e di fondo, che non sarà per forza il più forte, quanto magari il più lucido e fresco. E Moscon ha tutto per giocarsela fino alla fine.

Pierre Latour

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La Francia si affida al corridore di Romans-sur-Isère per riportare Il Lombardia, dodici mesi dopo, di nuovo al di là delle Alpi. Pinot, campione uscente, è fuori causa per un infortunio, Alaphilippe ha chiuso in anticipo la sua stagione e a una sorte simile è andato incontro il capitano dell’AG2R Bardet, uscito col morale sotto terra dal Tour de France: tre nomi che avrebbero fatto la fortuna dei cugini francesi nell’edizione numero 113 della classica d’autunno che chiude il calendario italiano. Pierre Latour , che compirà ventisei anni proprio sabato 12 ottobre, arriva da buon periodo, dopo una stagione complicata anche per via di un infortunio; uscito bene dalla Vuelta, nelle classiche italiane di avvicinamento alla quinta Monumento della stagione ha chiuso settimo al Giro dell’Emilia e undicesimo alla Tre Valli Varesine, restando in entrambe le corse sempre nel vivo dell’azione. Nelle tre precedenti partecipazioni a Il Lombardia, Latour ha come miglior risultato un decimo posto ottenuto nel 2016, su un percorso però diverso da quello che i corridori affronteranno sabato. Viste le sue caratteristiche e la forma espressa, tuttavia non dovrebbe avere difficoltà a restare a galla anche su un disegno che prevede quattro salite mitiche e impegnative negli ultimi settanta chilometri. Da giovane, il dinoccolato Pierre Latour chiuse sul podio la gara nella versione per Under 23 vinta da Moscon e sabato si presenta come accanito outsider. Attaccante nato, parla con le sue gambe che chiama Brigitte e Bernardette, l’ingegnere dell’AG2R potrebbe sfruttare la sua indole per anticipare i migliori e potrà contare su una squadra parsa in buona forma, con lo svizzero Frank – sesto al Gran Piemonte – e il giovanissimo Hanninen al suo fianco nei momenti salienti di gara. In carriera, tra i professionisti, è vero, non ha mai brillato in modo particolare nelle corse di un giorno – delle quattro vittorie all’attivo, due sono di tappa alla Vuelta España e al Tour de l’Ain, due sono nel campionato francese a cronometro – se non con azioni da lontano o piazzamenti, ma in una stagione ricca di sorprese, potrebbe essere anche arrivato il suo momento.

Egan Bernal

©Tour de France – DE

E visto che si parla spesso di cambio generazionale, come non citare il recente vincitore del Tour de France? Classe ’97, Egan Bernal dopo la corsa francese ha messo un cerchietto rosso proprio su questa corsa che già lo ha visto protagonista nelle ultime due stagioni con un tredicesimo posto alla sua prima partecipazione nel 2017, quando correva in maglia Androni, e un dodicesimo lo scorso anno. Al Giro dell’Emilia di pochi giorni fa la squadra era tutta per lui, ma Bernal non è riuscito a trovare la forza necessaria per resistere al forcing di Roglič, soccombendo ai colpi letali dell’agile sloveno: chiuderà nono, ma soddisfatto dalla marcia di avvicinamento alla classica lombarda. Anche alla Milano-Torino, su una salita che conosce benissimo come quella che porta al Santuario di Superga, Bernal ha messo i suoi davanti, ma nel finale ha pagato dazio a una condizione non ancora al cento percento. Al terzo tentativo, però, colpisce il bersaglio: è suo infatti il Gran Piemonte conquistato poche ore fa grazie a un assolo lunga la strada che portava i corridori al santuario di Oropa. E a proposito di salite: quelle che costellano il finale de Il Lombardia sembrano bocconcini perfetti per essere addentati dal ventiduenne di Zipaquirá che potrebbe portare via l’azione decisiva sin dalla Madonna del Ghisallo e poi magari sferrare l’attacco decisivo sul San Fermo della Battaglia. Ha una squadra forte e vogliosa di rivincite dato che in stagione nelle corse di un giorno ha raccolto poco e niente e potrà contare su un’alternativa di peso come Gianni Moscon, sul fedelissimo Sosa e su gregari in grande spolvero come Salvatore Puccio, Tao Geoghegan Hart, oltre a un ritrovato Diego Rosa, che qui ha sfiorato un successo che gli avrebbe cambiato la carriera. Quella di Bernal, invece, ha subito una brusca impennata dopo il successo al Tour e il ragazzo colombiano la vorrebbe rimpolpare diventando il primo corridore dal 1979 – Bernard Hinault l’ultimo a riuscire nell’impresa – a vincere nello stesso anno Tour de France e Lombardia.

Bauke Mollema

©Bauke Mollema, Twitter 

Se qualcuno volesse fare soldi facili – anche se pochi – inserendo un nome quasi certo nei primi dieci al termine de Il Lombardia, Bauke Mollema sarebbe una puntata sicura. Il suo storico nel 2019 è un elogio alla regolarità: nelle ultime undici corse in linea a cui ha preso parte è arrivato dodicesimo all’Amstel Gold Race, sesto alla Freccia Vallone, quinto a San Sebastián, quattordicesimo al Gp de Québec, decimo al Grand Prix de Montreal, quarto al Giro dell’Emilia, quinto al Gran Premio Bruno Beghelli e settimo alla Milano-Torino, mancando il risultato solo al Mondiale, ritirato, e alla Tre Valli Varesine dove finisce cinquantatreesimo a causa dell’ormai noto sbaglio di percorso causato da una moto dell’organizzazione, mentre era nel gruppo inseguitore di Luis Leon Sanchez: con molte probabilità sarebbe finito nelle parti nobili di classifica anche sul traguardo di Varese. Mollema è un duro, anche se ha il viso da ragazzo docile, non molla mai; ha fondo e dalla sua, oltre alla costanza, una squadra in forma e ricca di mezze punte: da Ciccone e Brambilla fino a Skujiņš e potrà sfruttare anche un discreto ventaglio di opzioni per poter provare persino a centrare il bersaglio grosso: l’idea sua e della sua squadra potrebbe essere quella di anticipare i migliori dalla media distanza o magari, dopo aver resistito al forcing dei favoriti nel tratto decisivo del Muro di Sormano, andare via fiutando il marcamento tra i tre, quattro più forti, con un colpo di mano nel finale. Resistenza e colpo d’occhio non gli mancano, il grande successo prima o poi busserà dalle parti del quasi trentatreenne di Groningen. Chissà che non sia proprio sul Lago di Como, che grandi storie in passato, ha già narrato.

Michael Woods

©Aivlis Photography

In questo momento, sugli arrivi in pendenza e al termine di una corsa dura, sono pochi al mondo più forti dell’ex mezzofondista canadese: forse solo Roglič. Peccato per Woods che tra il San Fermo della Battaglia e il traguardo ci saranno sei chilometri di discesa molto tecnica che porteranno sul suggestivo arrivo di Como. Attaccare eventualmente nel finale di quella salita basterà per vincere? Per farlo dovrà per forza arrivare da solo, ma siamo convinti che anche che un podio finale soddisferebbe il nativo di Ottawa che compirà trentatré anni proprio sulle strade che uniscono la provincia di Bergamo con quella di Como. Lo scorso anno arrivò a questa corsa forte dello storico bronzo Mondiale e con due quarti posti ottenuti tra Giro dell’Emilia e Tre Valli Varesine: sul traguardo de Il Lombardia chiuderà tredicesimo, piazzato in mezzo al secondo gruppo. Quest’anno la medaglia mondiale non l’ha conquistata, ma l’impressione è che il portacolori della Education first arriverà dopo aver fatto un altro passo avanti: secondo al Giro dell’Emilia, per gentile concessione del compagno di squadra e più veloce Higuita che lo scorta negli ultimi metri, Woods ha impressionato lungo le rampe che portano sul Colle di Superga, attaccando a ripetizione e rispondendo sempre in prima persona a uno scatenato Gaudu, mentre da dietro un gattopardesco Valverde scattava per controllare, Bernal inseguiva la condizione in funzione de Il Lombardia, Yates aspettava di fare l’affondo finale e Mollema caracollava curvo sulla sua bicicletta. Per vincere, lo ribadiamo, ha bisogno di arrivare da solo, ma vista la forma smagliante esibita nelle ultime ore non è detto che non ce la faccia e che non sia proprio la bandiera canadese a sventolare più in alto di tutte sul podio.

Altri

©Aivlis Photography

La formula, chi ci segue, ormai la conosce a memoria e sa che trovare dieci nomi resta un gioco, forse un esercizio di stile, un modo per far conoscere con accenni biografici e statistici determinati corridori. Trovare dieci nomi e lasciarne fuori altri è complicato, a maggiore ragione in una corsa dura come questo Lombardia, a metà ottobre e con un parterre da far strabuzzare gli occhi. Oltretutto, fatto ormai noto, spesso il vincitore della corsa è uscito proprio da questo lungo paragrafo.

Per esempio: con che coraggio, si chiederanno i nostri lettori, abbiamo lasciato fuori Ulissi? Il portacolori dell’UAE-Emirates, ventunesimo nel 2017, è in forma e cerca il miglior risultato in carriera su queste strade che per la verità non gli hanno mai sorriso. Con lui il lunatico Dan Martin, vincitore nel 2014, l’inossidabile Rui Costa e il sempre presente Polanc: un quartetto che potrebbe animare la corsa anche lontano dal traguardo. Il tricolore di Formolo lo vedremo spesso davanti nelle fasi importanti, ma basterà per un piazzamento di spessore? La Bora porterà anche Majka e Buchmann: attenzione a loro due che si esaltano su percorsi impegnativi. In casa Astana da seguire i fratelli Izagirre, capaci, se in giornata. di portare a casa un risultato di qualità, oltre a Villella che qui ha raccolto il miglior risultato in una Monumento: quinto nel 2016.  Nella Education First scalpitano il giovane cavallo Higuita e il più attempato Clarke due alternative di grande valore al già citato Woods, oltre a Vanmarcke, Kangert e Carthy, tre uomini con caratteristiche differenti, ma utili alla causa, mentre la Groupama mette in strada una delle squadre in assoluto più solide: Gaudu è il futuro – occhio a lui anche per il presente – nelle corse impegnative come Il Lombardia e ha dimostrato di recente un gran colpo di pedale, Madouas è un altro dei giovani emergenti più interessanti del ciclismo transalpino e ha già fatto vedere un certo feeling con le corse dure, Morabito e Molard sono l’usato sicuro. Coppia di elevato spessore quella che presenta la Lotto: Wellens e Benoot sono dinamitardi che potrebbero anche ambire alla vittoria e con loro Hagen, protagonista alla Vuelta; discorso simile per la Mitchelton con Chaves – primo qui nel 2016 – e soprattutto Adam Yates corridore sempre capace di tutto, ma da seguire nella squadra australiana anche Haig, mai così in forma come in questo finale di stagione: tre corridori che potrebbero dire la loro anche in ottica podio finale. Nelle file della squadra australiana ci sarà anche occasione per vedere una delle ultime gare con questa maglia del vice campione del mondo Trentin, difficile vederlo protagonista nel finale, ma chissà che non si inventi qualcosa. La Movistar a fianco di Valverde presenta un corridore destinato a dare l’addio alla squadra spagnola nelle prossime settimane, ovvero Landa, scalatore che ben si sposa con questo percorso, ma che potrebbe non avere le giuste motivazioni per essere pericoloso fino all’ultimo; al loro fianco c’è anche BetancurBananito è uno dei corridori più indecifrabili del gruppo, e allo stesso tempo, per questo motivo, amato dai tifosi e un po’ temuto dagli avversari: otto anni fa a soli ventidue anni arrivò nono in questa corsa. La Dimension Data punta tutto su Valgren in forma, ma il percorso potrebbe essere troppo ostico per lui, e su una vecchia volpe come Kreuziger il quale invece è tagliato perfettamente per un disegno così duro. Una menzione la merita anche la Katusha: sarà l’ultima gara nel World Tour per il team così come lo conosciamo, ma Zakarin, Fabbro, Cras e Guerreiro potrebbero trovare proprio in questo, le motivazioni per fare bene. Infine il Team Sunweb dove i gradi da capitano saranno equamente divisi tra Hirschi, che in futuro potrebbe essere uno dei favoriti di queste corse e nel frattempo prende le misure ai più grandi e un Keldermann apparso in buona condizione nelle ultime uscite.

©Neri-Selle Italia-KTM, Twitter

Chiudiamo col paragrafo dedicato alle professional invitate alla corsa: l’Androni punta forte su Rivera, voglioso, anche se con meno talento assoluto, di ripercorrere le orme di Bernal e Sosa, e se Masnadaè forse arrivato un po’ stanco a questo finale di stagione, per Vendrame il percorso sembra un po’ troppo esigente; tuttavia al trevigiano il talento per spiccare non manca. Difficile immaginare che un uomo Bardiani possa mettersi in luce in maniera differente se non con una lunga fuga, e quindi segnaliamo Carboni, Covili, Savini e Rota, tra i più in forma nelle file dei biancoverdi, mentre la Cofidis, sul punto di rientrare nel massimo circuito dal 2020, punta su Rossetto in fuga e su Herrada ed Edet per un possibile piazzamento a ridosso dei primi dieci, quindici. Occhio a Cherkasov e Vlasov in casa Gazprom: entrambi potrebbero anche rappresentare la sorpresa di giornata nelle parti alte della classifica, mentre la Israel Cycling Caademy si affida soprattutto a Earle  per le fughe e apparso in forma in queste ultime corse e Sbaragli: lui sta andando forte, ma Il Lombardia ha un percorso che non gli si addice troppo . La Neri-Sottoli ha in Visconti un corridore che fino all’ultimo è stato in ballottaggio per entrare persino nei dieci nomi principali da seguire, ha vinto la Ciclismo Cup e dunque potremmo anche vederlo davanti nel finale a caccia di un colpo importante, mente la Vital Concept guidata da Rolland e Müller – il giovane svizzero sarà al canto del cigno di una carriera che terminerà troppo presto – cerca di dare un senso a una stagione sin qui con più bassi che alti.

 

 

Foto in evidenza: ©CiclismoInternacional, Twitter