Cosa aspettarsi dal 2020 di Remco Evenepoel

Nella sua testa c’è un solo obiettivo: i Giochi Olimpici di Tokyo.

 

Quanto può essere difficile parlare di un corridore come Remco Evenepoel? A 19 anni è entrato nel mondo del ciclismo con una prepotenza che, per chi scrive, non ha eguali. E non si parla di precocità di talento, quanto della maturità fisica e tattica vista già dopo poche settimane tra i professionisti. Un corridore che, paradossalmente, potrebbe avere ancora margini importanti, considerando che corre in bicicletta da poco più di due stagioni. Chi ha vissuto sulla sua pelle e seguito con i propri occhi il ciclismo del passato fatica a trovare paragoni pur cercandone, ma a noi, diciamolo francamente, non interessa. Risulta invece molto più stimolante cercare di capire cosa potrà fare il giovane belga della Deceuninck già dal 2020.

Non possiamo valutare il futuro di Evenepoel come se parlassimo di un corridore qualsiasi, come se fosse la “solita” promessa ventenne di talento. Altrimenti dovremmo stare qui a scrivere che per la prossima stagione ci aspettiamo di vederlo crescere ancora per gradi, con qualche corsa e qualche buon risultato; magari fare esperienza nelle brevi corse a tappe prima di pensare di correre un Grande Giro, oppure di fare le sue prime scorribande nelle classiche lunghe e impegnative, come accade a tutti gli sbarbati che muovono i primi passi nel professionismo.

No, Remco Evenepoel non appartiene alla categoria descritta sopra. È diverso in tutto e per tutto rispetto a qualsiasi corridore già visto: non ha niente di normale. Lefevere a inizio stagione cercava di mettere una briglia alla sua verve: “Va forte, ma è ancora troppo grasso“. Lo diceva mentre il classe 2000 belga nelle sue primissime apparizioni correva in testa al gruppo in pianura e in salita al Tour de San Juan, per poi chiudere terzo nella cronometro – atipica è vero, ma pur sempre davanti a navigati professionisti – e nei dieci la classifica generale.

Lo bacchetta spesso, magari subito dopo avergli fatto i complimenti, ad esempio quando resta seriamente impressionato da quanto fatto nella cronometro a squadre all’UAE Tour: “Di solito chiediamo ai corridori di stare davanti per quindici secondi al massimo della velocità, Remco stava davanti trenta secondi, senza rallentare“. E smorza i toni quando gli dicono se è vero che in allenamento è l’unico a tenere la ruota di Alaphilippe. Certo, è successo, ma sai quanto vale questo per me? Zero virgola zero“.

Parlando di Evenepoel ci si scontra, però, con la realtà dei fatti. Lefevere, come un genitore severo, prova a tenere a bada i propri sentimenti recitando il ruolo della madre di Tonya Harding, ma quando un corridore neo-diciannovenne passa dalla categoria Junior al World Tour, vince a San Sebastián resistendo al ritorno del gruppo dei migliori, vince l’oro nella cronometro del campionato europeo – che a detta dello stesso Evenepoel non era nemmeno in programma fino a poche settimane prima – e l’argento in quella del mondiale, c’è poco da smorzare i toni. E su questo possiamo scommettere che Lefevere converrà con noi, smettendo i panni autoritari del capo famiglia.

Remco Evenepoel non è più un talento da nascondere o da preservare chissà come: è uno che deve correre più o meno sempre, senza timore di vederlo bruciarsi, perché il suo futuro è, banalmente, già il presente e domani non sai mai come possa andare a finire la sua carriera. Nel giro di qualche anno la fama, il logorio fisico, la tenuta mentale, possano affievolire questa fiamma. O magari, in contrapposizione con la nostra tesi, Evenepoel è già vicino al suo massimo. Staremo a vedere.

La testa di Remco Evenepoel corre già in prospettiva 2020; si annoia quando non va in bicicletta e una volta finita la stagione a casa non sa proprio che fare. Figlio unico, cerca un po’ di svago con gli amici e tra un tiro al bowling e uno al biliardo programma già la sua prossima stagione. “Il mio obiettivo saranno i Giochi Olimpici” – racconta durante una comparsata in una televisione belga. Remco Evenepoel ha le carte in regola per vincere una medaglia a Tokyo 2020, persino d’oro: intanto nella prova a cronometro, poi per la corsa in linea ci si penserà.

Di lui un certo Chris Froome si dice impressionato soprattutto per la qualità della posizione in bici quando corre contro il tempo, mentre Campenaerts ammette: “Quando ho provato a stargli dietro al Giro del Belgio, vedevo tutto nero dalla fatica. Non ho mai visto qualcuno andare così forte come lui“, mentre per Eddy Merckx: “È giovane, ma non fatevi trarre in inganno, lui è già pronto a correre un Grande Giro nel 2020”.

E gli organizzatori dell Giro d’Italia, in questo caso, si sfregano le mani alla possibilità di avere un nome così al via. I tifosi farebbero follie per vederlo sulle strade nostrane, come già accade in Belgio, per non parlare degli sponsor: uno così è manna per il ciclismo. Pensate al richiamo di van der Poel al recente Europeo di Ciclocross. La sua squadra potrebbe presentargli un programma adatto per vederlo al via della Corsa Rosa e poi dritto in Giappone a fine luglio. Restano ancora incerte, invece, le possibilità di vederlo in una grande classica. E, in caso di partecipazione al Giro, oltre a gustarselo in gruppo, sarà interessante vedere la sua tenuta, il recupero e il rendimento su salite lunghe e in tappe dure e ravvicinate. Noi diciamo la verità: non vediamo l’ora.

 

Foto in evidenza: ©Granada, Wikimedia Commons

Alessandro Autieri

Alessandro Autieri

Webmaster, Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. Doppia di due lustri in vecchiaia i suoi compagni di viaggio e vorrebbe avere tempo per scrivere di più. Pensa che Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert siano la cosa migliore successa al ciclismo da tanti anni a questa parte.