Dopo quarantadue anni torna in calendario il Giro di Sicilia
Aprile ovvero corse del nord. Aprile ovvero pavé e polvere, ventagli, corse folli, nomi taglienti, scenari dimenticabili in mezzo a fabbriche, mulini e capannoni. La geografia del ciclismo di questo periodo non sbaglia, si naviga tra le latitudini di paesi dove il ciclismo è religione, dove le ruote che sbattono sulle pietre e le catene che sibilano sono il mantra degli appassionati.
Oggi però, si scende migliaia di chilometri a sud. Si prende un aereo per comodità, ma chi vuole anche autostrada e traghetto, per i più coraggiosi c’è la bicicletta. Si tasta con ruote una terra aspra, “nuvola di rosa sorta dal mare” come la definì Pascoli, viva, innamorata, ricca di profumi, colori e contraddizioni, di sapori e piatti prelibati. È la Sicilia: è il ritorno del Giro di Sicilia quarantadue anni dopo l’ultima volta, quando a vincere fu un giovanissimo Giuseppe Saronni in maglia Scic.
E allora non importa chi sarà il suo erede, anche se in Italia da sempre lo si cerca e lo si ritrova in uno scatto, in una sparata e in un successo, in un dato dualismo o nell’inseguimento di una maglia rosa oppure iridata. Non importa che la lista di partenza non porti scritti i nomi di Froome, Nibali ( assenza che stride, ma la sua squadra non è al via) o Dumoulin, ma Velasco, McNulty e Visconti, lui sì siciliano che risponde presente.
Tre nomi non casuali: Velasco tra le professional italiane è il corridore più in forma, qui può continuare la sua ascesa, McNulty, non un semplice feticcio da malati di ciclismo, è un classe ’98 che buttato nella mischia cresce anno dopo anno, e con un parterre non esagerato – per usare un eufemismo – potrebbe essere protagonista, potrebbe essere la nascita di una stella come quella volta a fine anni settanta, Visconti, infine, sarà uno dei quattro enfant du pays, ci perdonerà Adriano De Zan se facciamo nostro di nuovo uno dei suoi motti preferiti, lui avrebbe raccontato questa corsa meglio di noi. Gli altri regionali sono Pierpaolo Ficara, corridore che guarda tutti dall’alto delle sue zero vittorie, Francesco Romano, uno che sembrava particolarmente portato per le corse di un giorno più dure, e per concludere Paolo Baccio. Il Team Colpack quest’anno ha deciso di fare ancora più sul serio e far correre i suoi ragazzi con i grandi e il siciliano, trapiantato al nord come tanti prima di lui, è la speranza del futuro, formato corridore, di quest’isola.
Già, l’isola, che accoglie il ciclismo come se fossimo tra Belgio e Olanda, tra Fiandre, Vallonia, Limburgo, Brabante e confine con la Francia. Ai mulini preferiamo gli aranceti, mentre le pale dei fichi d’india fanno da margine all’asfalto crescendo nei punti più impensabili. Quest’isola che quando viene toccata dal Giro d’Italia esplode, si riversa sulla corsa trasformando la strada in un’itinerante Bombonera. Il Giro d’Italia è passato da qui nel 2017, dalla Sicilia è ripartito dopo l’incipit all’estero nel 2018 e ci tornerà nei prossimi anni. E intanto RCS e Regione Sicilia hanno l’intuizione giusta e portano il ciclismo anche di aprile su queste terre, sanno che il ritorno d’immagine che ti può dare questo sport è enorme.
L’idea è buona, si fanno salti mortali per inserire la corsa in calendario, è già un piccolo miracolo per il ciclismo italiano che fino a poco tempo fa chiudeva corse – e in realtà lo fa ancora oggi vuoi per mancanza di fondi, vuoi per ottusità nel cogliere i benefici di questo movimento – e ora ne presenta una nuova, con la speranza di un salto nel World Tour già dal prossimo anno. Una netta contrapposizione all’immobilismo che vede dismettere squadre, non asfaltare più le strade, vede diminuire il numero di praticanti a livello giovanile e aumentare il dibattito sulla questione sicurezza finendo anche qui per scontrarsi con mentalità intorpidite.
Oggi Il Giro di Sicilia è penalizzato più che da altre corse, dall’apparire all’ultimo momento in mezzo ai programmi della varie squadre: ed è così che al via solo una World Tour (L’UAE capitanata qui da Petilli e Polanc, lo sloveno vuole vincere di nuovo sull’Etna), con le quattro Professional italiane e le altre straniere a rendere interessante il comparto tecnico e poi i team Continental con i tanti giovani pronti all’arrembaggio. Catania-Milazzo, Capo d’Orlando-Palermo, Caltanisetta-Ragusa ad animare le gambe dei corridori, partenza da Giardini Naxos e arrivo finale sull’Etna a decidere la corsa.
Hanno scritto: “Hai visto le generose montagne siciliane coperte da vigneti. Hai bevuto a Messina, a Palermo e sull’Etna; Catania ti ha riempito il calice“. Ora tocca ai corridori coprire quelle montagne, arrampicarsi sulle colline, riempire i calici degli appassionati che da oggi su queste strade faranno invidia a suiveur delle classiche del Nord per far vedere che alla vigilia della settimana santa del ciclismo, non c’è solo pavé.
Foto in evidenza: BenAveling [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]