Uno sguardo nel dettaglio a tutti i neoprofessionisti italiani del 2020.
Dopo aver parlato di squadre World Tour e Professional e di corridori perlopiù stranieri, è giunta l’ora di spostare l’attenzione verso i corridori italiani chiamati a fare il loro esordio tra i professionisti in questo 2020. Alcuni di loro hanno già assaggiato il dolceamaro del mestiere – uno ha già vinto sul finire della passata stagione e si è ripetuto subito quest’anno; per altri, invece, sarà il primo approccio assoluto con la massima categoria.
World Tour
Sono otto i ragazzi promossi nel World Tour, tutti con credenziali che stuzzicano l’interesse di tifosi e addetti ai lavori. Un numero importante e in controtendenza con l’assenza per il quarto anno di fila di una squadra italiana, a dimostrazione che, nonostante i problemi strutturali del nostro ciclismo – corse, strade, squadre, politica – nelle categorie giovanili si lavora ancora bene e soprattutto con una materia prima che non ha nulla da invidiare a quella delle altre nazioni. Di Battistella ne abbiamo già parlato: ora è il tempo di scoprire chi sono gli altri sette.
Attilio Viviani

Pensiamo che il più giovane dei Viviani voglia scrollarsi di dosso l’etichetta “fratello di”. Non che ci sia nulla di offensivo nell’esserlo, sia chiaro, ma quando in famiglia hai un corridore capace di vincere l’oro olimpico, tappe al Giro e al Tour, di essere per un periodo anche l’uomo in bicicletta più veloce del pianeta, e tu fai il suo stesso mestiere, allora qualche tarlo potrebbe pure insinuarsi. Senza dimenticare quelle dannate aspettative che tutti ti riversano addosso. Certo che se nel sangue hai talento, allora ti basta poco per diventare Attilio Viviani, un po’ come gli Yates che sono Adam Yates e Simon Yates, due corridori ben distinti e non di certo solamente uno fratello – gemello, nel loro caso – dell’altro. Attilio, al suo esordio lo scorso anno in maglia Cofidis come stagista, di talento ne ha già mostrato battendo un colpo importante alla Schaal Sels. Quest’anno si è ripetuto subito alla sua prima corsa da professionista a tutti gli effetti: sembra uno di quegli attaccanti in stato di grazia a cui riesce qualsiasi cosa in zona gol. Perciò Elia si sbilancia: «Io sono più veloce, ma lui è più resistente sugli strappi: mi ricorda Bettini». Ok, è normale volersi bene tra fratelli, ma quello che dice Viviani fa un certo effetto: se il giovane Attilio dovesse ripercorrere anche solo una minima parte di quello che fece il “Grillo”, allora altro che tarli.
Andrea Bagioli

È un corridore che attrae per l’età – classe ’99, è il più giovane tra i colleghi italiani nel World Tour -, per le caratteristiche – va forte sia in salita che nelle volate a ranghi ristretti – e per il fatto che diventa neoprofessionista con la squadra più vincente degli ultimi anni. Andrea Bagioli ha vissuto una stagione dove ha raggiunto risultati importanti: vittoria alla Ronde de l’Isard, a tratti dominando e gestendo come un veterano; una tappa di montagna al Giro Ciclistico Valle d’Aosta; un finale con il botto grazie al successo al Piccolo Lombardia, corsa di rilevanza nel calendario giovanile, mettendo in fila alcuni tra i corridori più forti del panorama Under 23. Bagioli, perciò, vincente lo è sin da giovane e ha scelto la squadra giusta per continuare a farlo – alzi la mano chi pensa che la Quick Step possa essere una scelta azzardata. Di lui si dice sia un grande lavoratore e che si alleni come un professionista da anni. Se pedalando con i biancoblu di Lefevere dovesse rubare un po’ di mestiere ad Alaphilippe – corridore al quale si può accostare come caratteristiche – i francesi se ne faranno una ragione, mentre i tifosi italiani avranno di che godere.
Stefano Oldani

Se un giorno Stefano Oldani dovesse ricercare uno stimolo per dare una svolta alla propria carriera, gli basterebbe guardare in casa – intesa come squadra d’appartenenza. Approda alla Lotto Soudal, dove trova due dei corridori in assoluto più stimati e imitati dal gruppo: Philippe Gilbert e Thomas De Gendt. Oldani è cresciuto in maniera quasi esponenziale negli ultimi dodici mesi e ha dimostrato le medesime caratteristiche da corridore a tutto tondo dei sopracitati: veloce, resistente in salita, forte a cronometro. Nel 2018 e 2019 tra gli Under 23 non ha vinto, è vero, ma ha messo in chiaro come su di lui si possa fare affidamento su ogni tipo di terreno. In questo ricorda un suo predecessore alla Lotto Soudal e di cui ora il brioso Oldani andrà a prendere il posto ricalcandone le qualità da all rounder: Tiesj Benoot. Il belga ha impiegato cinque stagioni per vincere la sua prima corsa, e che corsa: la Strade Bianche 2018. A Oldani, vista la punta di velocità in caso di sprint, gliene potrebbero bastare di meno, siamo sicuri.
Alexander Konychev

Fratelli e figli d’arte, quante storie ci racconta il ciclismo. D’altronde, come ci disse Moreno Moser in un’intervista:«Oggi avvicinare un ragazzo a questo sport è diventato complicato, se non arrivi da una famiglia con un background sulle due ruote come il mio». Alexander Konychev, figlio di Dmitrij, prima di fare il ciclista era calciatore. Poi un infortunio, qualche pedalata per riprendere la forma e per accorgersi che suo papà aveva ragione: non è mica tanto male andare in bicicletta. Il 2019 è stata la miglior stagione della sua carriera; ha rischiato persino di portarsi a casa un titolo europeo con un colpo di mano che potrebbe diventare il marchio di fabbrica anche tra i professionisti. Ha scelto una squadra australiana, la Mitchelton-Scott, che negli ultimi anni ha dato buone soddisfazioni al ciclismo italiano; troverà un suo compagno di nazionale, Affini, ragazzo svelto di pedale come di cervello, con il quale potrà condividere trenate da paura. Discretamente veloce se te lo porti dietro in uno sprint e forte sul passo, Alexander Konychev a questo 2020 chiede esperienza e, se dovesse capitare, anche una bella vittoria. D’altra parte il sangue non mente e un Konychev, prima di lui, di affari importanti ne ha portati a termine parecchi. A lui il compito di reggere il buon nome di famiglia.
Matteo Sobrero

È tempo di riempire il granaio con l’esperienza; con il chilometraggio e il fondo che solo le corse tra i professionisti ti possono dare; attraverso le loro delusioni, i loro tatticismi, i loro cambi di ritmo impensabili per qualsiasi ragazzo che ha pedalato fino a ieri nella categoria. Matteo Sobrero pensa che sia questo il miglior approccio da avere con la sua prima avventura nel World Tour. Appassionato di vini per questioni legate ad attività di famiglia, Sobrero non sa che sapore ha il futuro e nemmeno quali corse potranno stuzzicare maggiormente il suo palato: «Non so che tipo di corridore posso diventare: per darmi un obiettivo importante dico una classica, ma nemmeno io so quale». Vuole crearsi un profilo prestigioso dopo le soddisfazioni ottenute con gli Under 23, scegliere con cura quale vino degustare della cantina del World Tour; sa che un conto è andare forte tra i dilettanti e che per primeggiare tra i professionisti servirà spostare l’asticella più in alto. Se con la maglia blu della NTT Pro Cycling Team si farà trovare attento, noi lo aspetteremo con il calice di vino alzato, pronti a festeggiare. Il periodo è vantaggioso: questa è epoca di giovani spigliati e cambiamenti repentini e poi, francamente, un brindisi non lo si nega mai.
Alberto Dainese

Potente, elettrizzante, in cerca di sfide: la carriera di Dainese nelle ultime due stagioni ha preso una piega veloce come i suoi sprint. Un punto in continua accelerazione. Temibile come una palla di cannone, Alberto Dainese si lancia a testa in giù con quello stile da “Cavendish italiano”, come lo chiamavano i compagni di squadra della SEG, e a volte inarrestabile per i suoi avversari. Per rendersene conto, basterebbe rivedere tutti gli sprint vinti nelle ultime stagioni. Il fiore all’occhiello resta la vittoria ad Alkmaar, dove ha conquistato il titolo europeo tra gli Under 23 pochi mesi fa; la fatica più grande, invece, nella brutale prova della Parigi-Roubaix Espoirs, che gli ha fatto domandare se davvero un giorno potrà sentirsi adatto alle corse di un giorno sul pavé tra Francia e Belgio. Intanto, prima di pensare al freddo e selvaggio Nord, avrà modo di testarsi nelle brevi corse a tappe ed essere il velocista principale in una delle squadre più giovani del panorama World Tour, la Sunweb, che per la prima volta nella propria storia punterà su un corridore italiano. Qualcosa vorrà pur dire sul suo talento. Caro Dainese, sei forte: fattene una ragione.
Alessandro Covi

Se lo analizzi, pensi sia un corridore da gare di un giorno: tiene bene sulle brevi salite, ha cambio di ritmo e una discreta punta di velocità; se poi l’arrivo è posto in cima ad uno strappo, beh, faresti meglio a staccarlo molto prima. Oltretutto gli piace l’Amstel Gold Race – e a chi non piace? – e uno dei suoi corridori preferiti è Damiano Cunego, che da quelle parti ha fatto vedere qualcosa di buono. Poi vai a vedere cosa ha combinato Covi nelle ultime due edizioni del Giro d’Italia Under 23 e capisci che il ragazzo ha stoffa anche per le corse a tappe: guarda un po’, proprio come Damiano Cunego. Alessandro Covi è un talento di quelli veri: chiudere per due anni di fila nei primi dieci del Giro d’Italia Under 23, con tutte quelle salite e quei colombiani, non succede per caso; e non arrivi in un mondo selettivo come quello del World Tour se non c’è qualcosa dentro di te che ribolle. Crescerà con calma nelle file della UAE-Team Emirates, talmente forte è la concorrenza interna, ma si spera di vederlo da subito battagliare con il coltello tra i denti, perché non va dimenticata la sua indole guerriera: se c’è l’occasione si getta in fuga, pur potendo aspettare il finale per provare a vincere. Ma d’altro canto, non si deve sempre per forza cercare un senso nelle cose; come dice lui: «Le vere passioni sono sempre immotivate».
Professional

Tra le Professional, invece, sono ben diciassette i corridori che hanno effettuato il grande salto: alcuni potrebbero vivere la stagione come un passaggio naturale verso il World Tour; altri cercano esperienza; altri ancora si vedrà che tipo di impatto avranno con le velocità, le insidie e lo stress del mondo dei professionisti. Tutti, comunque, hanno una storia da raccontare.
Bais, Ravanelli, Venchiarutti: suona bene. È il terzetto di neoprofessionisti italiani che schiera l’Androni Giocattoli. Bais non sogna fughe: davanti a lui assumono una forma concreta. Si mette all’opera gettandosi in avanscoperta per ricalcare le orme di De Marchi, De Gendt, Calmejane o Rossetto: tutti corridori ai quali, per attitudine, il giovane trentino rassomiglia. Venchiarutti, invece, è il prototipo del corridore a cui la fuga servirebbe solo per scremare un gruppetto e poi infilarlo con quella sua punta di velocità e quella scaltrezza che lo han reso adulto nella sua ultima stagione tra gli Under 23. Ravanelli ha le idee chiare: è uno scalatore arrivato a tanto così dallo smettere di correre a causa di stagioni nefaste tra un infortunio e l’altro, ma che nelle ultime due annate si è ripreso così bene dall’essere diventato uno dei dilettanti italiani più forti: «Mi concedo due anni per capire se posso mettermi in proprio o se sono un gregario: credo che questa sia la chiave per durare tanti anni nel professionismo». Sincero.
La B&B Hotels-Vital Concept ha adottato Luca Mozzato. Troppo facile la rima baciata, troppo complesso analizzare un corridore veloce ma non abbastanza per gli sprint di gruppo. Anche lui ripete il mantra tanto caro ai suoi coetanei: «Arrivo in punta di piedi per capire cosa potrò diventare». E magari un giorno partecipare alla Parigi-Roubaix, al Giro delle Fiandre e alla Milano-Sanremo, sai mai che con quelle caratteristiche non possa inventarsi qualcosa di grande. Nel frattempo, la squadra francese ha ottenuto un paio di inviti a corse che potrebbero stuzzicarlo, anche se questa sua prima stagione sarà più incentrata a traguardi minori e a imparare, magari, da Coquard.
Per certi versi, un destino simile attende Nicolas Dalla Valle: veloce sì, ma non abbastanza, meglio una volata a ranghi ridotti che una di gruppo compatto. C’è poi da sottolineare una certa affinità con le cronometro brevi, anche se in questo esercizio la sua squadra non è che abbia ottenuto poi molto negli ultimi anni. Un anno di esperienza, intanto, e magari se si dovesse mettere in mostra anche il salto nel World Tour, già assaggiato da stagista con la maglia della UAE Team Emirates.

La squadra dei Reverberi lancia tra i professionisti anche Fabio Mazzucco e Filippo Zana. Forte l’allitterazione, ma anche le affinità tra i due. Fabio Mazzucco ha tutto per sfondare nel ciclismo che conta: elegante in bici, un palmarès importante tra i giovani; lo scorso anno ha vestito la maglia rosa al Giro dei giovani dopo aver vinto la tappa degli sterrati con arrivo a Gaiole in Chianti. È un corridore che, se fosse belga, d’inverno farebbe ciclocross e poi in primavera sarebbe davanti a prendere le infide stradine che portano sui muri in pietra. Un futuro per le classiche? Intanto guardiamo al presente, perché il talento c’è.
Come c’è per Filippo Zana. Stessa età, simili ambizioni; un fisico meno longilineo, ma più compatto. Una stagione che lo ha messo in mostra anche nelle corse a tappe e che poi gli ha regalato un prestigioso successo al Gran Premio Capodarco, una corsa che non si vince quasi mai per caso, basta leggere l’albo d’oro. Più che un corridore sembra un crogiolo: va forte in salita, ma ha un passato da ciclocrossista e sogna il velodromo di Roubaix.
Spesso, il gruppo di Reverberi viene criticato, ma forse ci si dimentica quanto danno al ciclismo italiano. Tengono duro nonostante tutto e poi da lì negli ultimi anni sono passati Modolo, Colbrelli, Battaglin e Ciccone, quindi non ci stupiremmo se il nome nuovo del futuro del nostro ciclismo fosse uno dei sopracitati.
Oppure, perché no, Filippo Fiorelli. Siciliano, classe ’94, non ha fretta esagerata di sfondare, ma non vuole nemmeno starsene troppo a giochicchiare o a girarsi i pollici in attesa che arrivi una svolta. Ha preso al volo “un treno che non passa troppo spesso”, almeno così si dice; prima giocava a pallone, poi si è messo in bicicletta che aveva già vent’anni, un’età in cui c’è gente che è già emersa nel professionismo. Il rosso Fiorelli sembra comunque un bel diamante, resta solo da capire a quanti carati. «Se sto bene vado forte ovunque»: mica male per uno che ha iniziato a fare sul serio solo quattro anni fa.
L’ultimo dei neoprofessionisti targati Bardiani-CSF-Faizanè è Alessandro Monaco. Pugliese di Grottaglie, la città delle gravine e delle ceramiche, di mestiere fa lo scalatore ed è uno di quelli che si sente fortunato per aver trasformato in lavoro la sua passione. Scalatore, la salita per lui ha un importanza particolare: «Lì si vede il corridore, quello vero, quello che vale. La salita è traditrice, ma se riesci a domarla diventa amica, e tu aspetti di scalare e quindi di soffrire per essere felice: è contraddittorio ed è bellissimo», ha raccontato tempo fa in un’intervista apparsa su la Repubblica.
In Francia, alla Total Direct Energie, sbarca Bonifazio. Che dite? C’era già? Parliamo del fratello Leonardo, in questo caso! L’abbiamo ripetuto più volte che il ciclismo è pieno di storie di sangue e di stirpi, di padri, figli e fratelli; e perciò c’è anche la storia di Leonardo Bonifazio, il più vecchio del gruppo dei neoprofessionisti, e forse pure il più estroverso, così a naso, uno che non le manda a dire e che tiene alto il morale della truppa. Da junior andava davvero forte, ma ha smesso dopo che un suo compagno di squadra è morto in un incidente in allenamento. Ha ripreso l’attività dopo tanti anni, nel 2015, spinto dal quinto posto ottenuto alla Sanremo dal fratello Niccolò: «Se c’è riuscito lui, ce la posso fare anche io». Ora che è in corsa gli toccherà andare forte per davvero, se pensa di ripetere le gesta del fratello, e dovrà delegare qualcun altro ad accendere i fumogeni sul Capo Berta durante la Classicissima.
Prima in Francia ora in Russia, Christian Scaroni non ha paura di girare il mondo. Conosce nuove lingue e nuove culture, si approccia a modi di vivere differenti, anche se come ci ha detto tempo fa la sua scelta può essere anche stata dettata, più semplicemente, dal fatto che nessuna squadra italiana si è fatta viva per lui. Da una parte può essere vero, perché no, d’altronde con sole tre squadre i posti sono contati; dall’altra stentiamo a crederci: le qualità di questo ragazzo sono troppo evidenti per farlo restare a piedi. La Gazprom-RusVelo ha un progetto ambizioso, un po’ russo e un po’ italiano, e ha creduto in lui che ama la fuga e la montagna, va forte se si arriva su uno strappo e un giorno potrebbe spostare i propri limiti, puntando magari alle classiche del Belgio o al Giro di Lombardia. Globetrotter, potrebbe adattarsi ovunque.
Sono sei i neoprofessionisti che vestiranno la maglia multicolore della Vini Zabù KTM. Mattia Bevilacqua è quello con il passato più importante: vinse un titolo italiano junior nel 2016 e per molti è un talento sopraffino. Lo scopriremo. Così come scopriremo le storia di Gianmarco Begnoni, uno molto veloce: lo scorso anno una stagione da élite piena di successi. Matteo De Bonis, Andrea Bartolozzi e Alessandro Iacchi avranno invece tempo e modo di farsi conoscere: l’età è dalla loro e dovranno adattarsi a chilometraggi e velocità che non hanno mai visto in carriera. Infine Andrea Di Renzo, di professione scalatore. Ha faticato per anni a trovare la sua dimensione, vincendo la prima volta solo quando è diventato élite; è stato capace di finire non troppo lontano da un corridore come Pogačar al Giro del Friuli un paio di stagioni fa e ora si vuole giocare le sue chance, magari proseguendo questo suo lento migliorare di anno in anno, e chissà, sognare qualcosa di grosso in una tappa di montagna al Giro.
Foto in evidenza: ©Team Colpack, Facebook