Una fuga nata per errore. Dentro, tra gli altri, Thomas De Gendt.

Perché si va in fuga? Per tentare la fortuna, perché è l’unica strada che tanti corridori possono percorrere per raggiungere la vittoria, oppure per riscattare un periodo di magra; poi c’è la scappatella del paesano che deve salutare i parenti, la punizione che tocca a chi ha perso una scommessa, magari una ricorrenza da festeggiare. E poi ci sono gli sponsor da sfoggiare, il capitano da appoggiare, i compagni di squadra da far riposare. La sesta tappa della Parigi-Nizza 2018 ha ampliato ulteriormente la casistica.

È successo che chi guidava il gruppo era talmente distratto da far mancare una svolta ai colleghi dopo quindici chilometri dalla partenza. Non a tutti, però. Tredici di loro, leggermente attardati per i motivi più disparati, hanno colto al volo l’occasione che la corsa li stava offrendo. Alcuni hanno imboccato la strada giusta con fermezza, altri invece lo hanno fatto dopo aver seguito con diffidenza il resto del plotone per qualche centinaio di metri.

A raccogliere le parole dei protagonisti ci sono gli inviati di Velonews e Het Nieuwsblad. Bert Van Lerberghe e Thomas De Gendt sono i primi a fiutare l’aria. “Che facciamo adesso?, mi ha chiesto. Ci siamo guardati, abbiamo sorriso e prima che me ne rendessi conto stavamo già prendendo il largo”, racconta De Gendt.

A Carlos Barbero della Movistar, invece, è andata diversamente. Fermatosi per un problema meccanico, si è ritrovato più solo d’un cane. “Non capivo se il gruppo aveva davvero sbagliato strada o se, al contrario, aveva accelerato e rischiavo di concludere fuori tempo massimo”. Una volta chiarito l’arcano, nelle ammiraglie spagnole è risuonato un dubbio magnifico: “Credo d’essere in fuga”, come se questo non cambiasse i piani di una giornata.

Tra i tredici che si ritrovano loro malgrado davanti, Teuns è quello messo meglio in classifica generale: quattordicesimo con un minuto di ritardo da Luis León Sánchez. “Ero nelle ultime posizioni quando ho visto quasi tutto il gruppo che andava dalla parte sbagliata. Ho invertito il senso di marcia e ho continuato a pedalare nella direzione giusta. Ero tranquillo finché non ho visto De Gendt, Démare e Kristoff passarmi accanto e darci dentro sul serio”. La presenza di Teuns, però, risulterà sgradita a tutti gli altri. De Gendt, pressato perché belga come il più giovane connazionale, è costretto a chiedergli di mollare la presa altrimenti il plotone, che si è reso conto dell’errore, strozzerà il tentativo prima del dovuto. Dopo qualche tentativo, Teuns capisce l’antifona e si stacca con la scusa più antica del mondo: la pipì.

La boutade non ha fatto ridere quasi nessuno: il gruppo, serio, riporta la situazione alla normalità quando mancano ventidue chilometri all’arrivo. Con una stupenda azione da finisseur, Molard anticipa i favoriti e coglie la seconda vittoria della carriera. “Avevo cerchiato in rosso questa tappa”, spiega ai giornalisti. “Vivo qui vicino e mi alleno spesso da queste parti”.

Thomas De Gendt, invece, non era interessato a ben figurare. Ci si è trovato nel mezzo, come se la fuga per lui fosse una maledizione. “È la prima volta che mi trovo tra gli attacanti per sbaglio”, riassume. La maglia di miglior scalatore non era un suo obiettivo ma si sa com’è, l’occasione fa l’uomo ladro e il corridore ambizioso. Non stupitevi, dunque, se sfogliando le classifiche della Parigi-Nizza 2018 risulta che Thomas De Gendt abbia primeggiato in quella speciale classifica che tanto gli piace. Per un ciclista è impossibile resistere a una strada vuota che si srotola davanti ai suoi occhi.

Foto in evidenza: ©Paris-Nice, Twitter

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.