Strada o ciclocross con le pietre e il fango nel suo destino.
Quando Zdeněk Štybar posò la prima pietra per costruire il castello della sua carriera su strada, credeva – o forse sperava – di poterla da subito sostituire con quella del vincitore della Parigi-Roubaix. Provò spavaldo a entrare nell’Inferno del Nord senza curarsi di farlo in punta di piedi. Cercò di conquistarla al primo appuntamento, consapevole che la Roubaix andasse maltrattata, aggredita, sconquassata senza riguardo alcuno. Il volto portava i segni di chi in carriera fu capace di vincere più volte il mondiale nel ciclocross e lui ingenuamente pensava bastasse mostrare i suoi galloni per entrare nel velodromo e possedere la Regina delle Classiche.
Nel 2013 era poco più che uno sbarbato della bicicletta su strada; sentiva quel formicolio giusto corrergli dentro i polpacci e una forza quasi brutale invaderne le braccia. Le perfette condizioni per comandare il proprio ronzino tra l’asfalto e i settori ricoperti di sassi e polvere: colse l’attimo giusto e si ritrovò davanti con i favoriti della vigilia.
La collisione con un tifoso ribaltò i piani; i desideri si infransero contro la realtà del ciclismo su strada dove gli spettatori ti danno la forza per andare avanti, ma sanno anche essere giudici crudeli e involontari di ogni sortita. “Ero davanti con Cancellara e Vanmarcke, avevo le mie chance, sono veloce: ho pensato di farcela.” Eppure vincere all’esordio su queste strade non è uno scherzo. “Ho urtato uno spettatore, forse un fotografo, ho perso l’attimo, 5/10 secondi e addio treno giusto.” Finirà sesto, ma con in testa un ritornello: “Tornerò qui per vincere“.
Nel 2014, fresco di terzo titolo mondiale nel ciclocross, si ripromise di percorrere le orme del gitano De Vlaeminck, ma ancora una volta la realtà superò i confini dei suoi desideri: davanti scattò Terpstra, suo compagno, Štybar conosce il sacrificio ed è uno di quelli che prima di tradire si farebbe fare a pezzi; lasciò andare l’olandese, ne difese la posizione come un fedele scudiero. Terpstra trionfò: lui restò a guardare con un saporaccio in bocca, con una maschera di sabbia a nascondere quelle sensazioni che lo ridussero a un triste mimo.
Nel 2015 con una gamba stratosferica grazie alla quale rientrò sugli uomini di testa a pochi chilometri dal velodromo, fece i conti con Degenkolb, uno che in vita sua ha fatto tantissimi mestieri, persino il velocista. Secondo posto finale.
Nel 2016 corse ammalato, durante la gara gli sembrò di essere uno di quei marinai imbarcati senza una data di ritorno: sconfortato e pieno di nostalgia di casa. Roubaix non fu mai così lontana, così dura, travolgente come un destino infame che ancora una volta gli volse le spalle.
E nel 2017 non esiste un lieto fine: entrò nel velodromo con Van Avermaet e Langeveld, i tre rallentarono prima di fare fuoco, su di loro come nemici dietro una trincea piombarono pure Moscon e Stuyven. L’Italiano lanciò lo sprint, Van Avermaet li castigò, Štybar colse l’attimo sbagliato e fu ancora 2°.
Nel 2018 ci si imbatte in Peter Sagan. Con quella maglia che è l’essenza del ciclismo, Sagan rispose alle critiche che da anni provano a scalfirne la corazza, partì lontano dall’arrivo e lo rividero sul podio con una pietra in mano. Štybar fu 9° in mezzo al gruppo dei pedalatori terrestri.
Nel mentre, la sua vittoria più splendente (siamo nel 2015) porta il nome di quella più sporca e fangosa, la più vicina al ciclocross: la Strade Bianche. Passato professionista si sentiva adatto al Fiandre affascinato dall’atmosfera (“è una festa incredibile“) rispetto alla grigia corsa francese, ma nella Monumento belga non ha mai fatto meglio di un 8° posto. Ora i piani sono cambiati: “Nel 2019 il mio obiettivo principale è la Roubaix“.
Fra pochi giorni Štybar tornerà dopo due anni nel fango del ciclocross: “Lo faccio perché mi diverte e perché ci sono un sacco di ragazzi cechi a cui mi piacerebbe insegnargli qualcosa“. Sporcarsi di fango per poi ripassare a raccogliere quello che ha seminato sulle pietre nord, con un solo pensiero: “Alla prossima Roubaix voglio andare forte nel momento giusto“.