Breve resoconto delle squalifiche inflitte a Gianni Moscon

Offese, bidon collé, comportamenti violenti e aggressivi: cosa sta succedendo a Moscon?

 

 

Dopo aver conquistato il quinto posto alla Parigi-Roubaix 2017, la carriera di Gianni Moscon sembrava ormai segnata. Era approdato al professionismo soltanto un anno prima, nel 2016, e in quei quindici mesi aveva già dimostrato di poter diventare un eccellente uomo da classiche e da brevi corse a tappe: terzo alla Coppi e Bartali, settimo al Tour de Yorkshire, quarto nella prova a cronometro dei campionati italiani e quinto in quella in linea; e ancora, primo nella terza tappa e nella classifica generale della Arctic Race of Norway, quinto al Tour du Poitou Charentes, sesto al Grand Prix de Montréal. E poi, a ventitré anni ancora da compiere, quinto alla Parigi-Roubaix, anticipato in volata da quattro corridori più veloci e più esperti di lui.

Il ciclismo italiano gongolava per aver trovato un ragazzo così battagliero e così solido e gli venivano pronosticati i successi più prestigiosi. Tuttavia, soltanto un paio di settimane più tardi, Moscon si sarebbe ritrovato nella prima situazione spiacevole da ciclista professionista. La prima di tante, purtroppo, a dimostrazione che il ragazzo presenta delle notevoli difficoltà nella gestione emotiva della corsa e dello stress, oltre che una scarsa propensione alla diplomazia.

©Emanuela Sartorio

Nelle fasi finali della terza tappa del Giro di Romandia, mentre stava coprendo Elia Viviani, Moscon entrò in contatto con Kévin Réza, atleta di colore che all’epoca dei fatti militava nella FDJ. All’incrocio di traiettorie e di interessi, però, si aggiunse qualche parola di troppo: in sostanza, Moscon si rivolse stizzito a Réza tirando in ballo il colore della sua pelle. In un video che riprende i momenti di gioia del Team Sky in seguito alla vittoria di Viviani, si vede Réza che affronta Moscon, puntandogli il dito contro e – almeno così si può immaginare osservando quei pochi frammenti – alzando la voce.

Un contributo importante alla causa lo dette Sébastien Reichenbach, compagno di Réza alla FDJ. «Sono scioccato per aver sentito degli stupidi usare ancora tra i professionisti delle offese razziste. Sei una vergogna per il nostro sport», scrisse Reichenbach su Twitter, tuttavia non facendo il nome di Moscon. La situazione venne a galla e si risolse nel malumore generale: Moscon si prese la colpa, ammettendo d’aver sbagliato ma rifiutando l’etichetta di razzista; Réza si limitò ad accettare le sue scuse, ingoiando il rospo; il Team Sky permise a Moscon di concludere la corsa salvo poi fermarlo per sei settimane.

Al rientro, nel mese di giugno, alla Route du Sud, Moscon affidò a La Gazzetta dello Sport parole tutt’altro che concilianti. «Non ho niente da dire. Ho accettato la punizione, ho la coscienza apposto, mi sono goduto la pausa forzata. Non ho ammazzato nessuno e le accuse nei miei confronti non erano del tutto fondate. Non penso di dover riabilitare la mia immagine. Ho ricevuto supporto e vicinanza tanto dal pubblico quanto dai colleghi: tutti hanno capito quanto ridicola sia stata la situazione».

Tre mesi più tardi, nella prova in linea dei campionati del mondo di Bergen, Gianni Moscon viene squalificato. Rimasto coinvolto in una caduta a circa trentacinque chilometri dall’arrivo, Moscon approfittò di un bidon collé esagerato per recuperare i secondi persi nell’incidente e nell’attesa dell’ammiraglia. La squalifica sarebbe arrivata a corsa terminata, quindi dopo il tentativo col quale Moscon aveva provato ad anticipare il gruppo insieme ad Alaphilippe. La colpa se la prese Cassani, ma inevitabilmente le polemiche coinvolsero anche lo stesso Moscon. Il quale, appena dieci giorni più tardi, si ritrovò nuovamente nell’occhio del ciclone.

©Emanuela Sartorio

Pochi minuti dopo il termine della Tre Valli Varesine, conclusa da Moscon al settimo posto, Sébastien Reichenbach scoccò il suo j’accuse. Lo svizzero cadde malamente dopo settantacinque chilometri di corsa in un tratto di discesa, fratturandosi gomito e anca. «È stato Gianni Moscon a causare volontariamente la mia caduta», affermò Reichenbach. La querelle sarebbe andata avanti a lungo. Reichenbach denunciò Moscon, il quale dovette incassare perfino la titubanza del neopresidente dell’UCI, David Lappartient. «Seguo la questione con attenzione», dichiarò Lappartient. «In casi come questo dobbiamo dimostrarci forti e uniti: se dopo le accuse di razzismo dovessero essere confermate anche quelle mosse da Reichenbach, allora per Moscon non ci sarà più posto nel ciclismo».

Marc Madiot, general manager della FDJ, disse di credere al suo corridore. «Reichenbach non è un bugiardo, se ha detto quel che ha detto c’è un motivo. Se venisse attestata la colpa di Moscon, chiederemo un risarcimento». Moscon rispose dicendo che Reichenbach, probabilmente, era caduto a causa del fondo stradale sporco e della sua disattenzione nell’impugnare il manubrio. Reichenbach controbatté con vigore, adducendo che in questa maniera Moscon gli aveva fatto scontare la presa di posizione nel caso Réza. A sostegno di Moscon arrivarono le testimonianze di Zamparella e Gaffurini, evidentemente presenti al momento della caduta dello svizzero. Entrambi furono d’accordo: l’unico a cadere fu Reichenbach e nessuno dei corridori del gruppo avvicinò Moscon per redarguirlo; dunque, poteva darsi che lo svizzero fosse effettivamente caduto per cause proprie o comunque non riconducibili a Moscon.

Dopo essere stato ascoltato per undici ore a Ginevra all’indomani della Parigi-Roubaix 2018, Gianni Moscon venne definitivamente scagionato per mancanza di prove. Ci sarebbero volute delle riprese per chiarire l’arcano, ma di quel momento di corsa non saltò fuori niente. Dopo tre situazioni quantomeno spiacevoli in appena sei mesi, Moscon pensò bene di sfogarsi ulteriormente alla stampa. «Tutti sono gelosi e invidiosi del Team Sky», sbottò su La Gazzetta dello Sport. «Perché siamo diversi, perché vinciamo, perché segniamo la strada che poi seguono tutti gli altri». Poi Moscon diede una breve ma significativa descrizione dei suoi processi emotivi in corsa. «Quando corro, m’infiammo. Sento l’adrenalina, mi pervade: forse anche per questo raccolgo bei risultati e non cedo tanto facilmente. Ci metto tantissima passione, mi lascio coinvolgere finché non entro in uno stato di trance agonistica. Quando pedalo, divento un’altra persona: ma non sono cattivo».

©Team Sky

Nella prima parte del 2018, Gianni Moscon si tirò addosso le antipatie di De Marchi e Nibali. Il primo, riferendosi alla politica del Team Sky, la definì arrogante; il secondo, dopo esser stato marcato a uomo da Moscon nella prova in linea dei campionati italiani, si sfogò spiegando che il trentino sembrava aver corso più per far perdere Nibali che non per provare a vincere in prima persona. Con De Marchi discusse e chiarì, con Nibali si conobbe meglio nei giorni che precedevano i campionati del mondo di Innsbruck. «Mi ero fatto un’idea sbagliata di Gianni Moscon», dichiarerà difatti Nibali. Ma prima di affrontare i campionati del mondo di Innsbruck, Moscon fu costretto a scontare l’ennesima squalifica.

Nelle prime fasi della quindicesima tappa del Tour de France 2018, Élie Gesbert pedalava vivace in testa al gruppo per rompere i cambi e favorire così l’attacco lanciato da Barguil. Ad un certo punto, come dimostrano le immagini, Moscon scarta verso destra e allunga una manata nei confronti di Gesbert. Non lo colpisce, probabilmente nemmeno lo sfiora, ma il gesto in sé non è dei più eleganti. E infatti la giuria del Tour de France allontana Moscon e lo inibisce per cinque settimane.

Come d’abitudine, Moscon si lascerà andare sulle pagine de La Gazzetta dello Sport. «Non l’ho nemmeno sfiorato, si vede benissimo dalle immagini. E poi, sono cose che succedono. Io stesso, alla Tirreno-Adriatico, ho preso un cazzotto sulla schiena da Küng, eppure non mi sono lamentato. Cos’avrei guadagnato? Sono cose che possono succedere, sto zitto e basta». Non risparmierà nemmeno la sua squadra, il Team Sky. «Non mi è piaciuto il modo in cui mi hanno trattato: mi sono sentito sacrificato in nome di qualcosa più grande. Poi ho capito», disse Moscon riferendosi alla presunta positività di Froome al salbutamolo, vicenda risolta soltanto poche settimane prima non senza polemiche. «Hanno voluto dimostrare che anche i corridori di Sky possono essere puniti».

Dopo una stagione di calma assoluta, Moscon è tornato alla ribalta alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne di ieri. Rimasto coinvolto in una caduta insieme ad altri corridori, ha preso una delle biciclette accatastate sopra alla sua e l’ha gettata addosso a Jens Debusschere, che proprio in quel momento stava provando a risalire dal fosso in cui era finito. Squalificato praticamente subito, Moscon ha strappato i dorsali sulla sua divisa e a pro’ di telecamera, per enfatizzare il suo disappunto, li ha stracciati.

All’arrivo, nessuno gli ha manifestato vicinanza. Debusschere ha detto che lo avrebbe preso a pugni, in quel momento, essendo stato ferito dall’impatto con la bicicletta lanciatagli addosso da Moscon. «Non è la prima volta che succede, no? Il 90% del gruppo ha pessimi rapporti con lui e ormai lui è fatto così, non cambierà mai più. Sanzionarlo non ha nessun senso». Gabriel Rasch, direttore sportivo del Team INEOS, ha reputato inaccettabile il gesto di Moscon e sacrosanta la conseguente squalifica. «Dobbiamo supportarlo, parlare con lui e cercare di capire per fare in modo che non risucceda. Non deve succedere di nuovo, assolutamente». Ben Swift, che ha concluso la prova all’ottavo posto, avrebbe avuto bisogno di Moscon per sperare in un risultato migliore: magari la presenza di Moscon avrebbe permesso di riacciuffare Asgreen. Interpellato a riguardo, Swift è stato categorico. «Una situazione pessima, direi. Ormai è andata così, ma è stato un peccato».

Cosa dobbiamo pensare di Gianni Moscon? Difficile dirlo, probabilmente non tocca nemmeno a noi. Chi ha scritto questo pezzo ha avuto l’opportunità di intervistare Gianni Moscon dal vivo in due occasioni diverse: prima nell’estate del 2017 e poi nella primavera del 2018. Ha conosciuto un ragazzo serio e introverso, timido e di poche parole, essenziale eppure mai brusco né burbero.

L’impressione è che abbia dei seri problemi nella gestione emotiva degli eventi e dello stress che deriva dalle varie evoluzioni di gara: un affare non da poco, per un ciclista professionista che milita nella squadra più ricca, metodica e professionale del gruppo. Che, per quanto ne sappiamo, potrebbe persino decidere di interrompere il rapporto col trentino: se non adesso, a fine stagione. D’altronde, Brailsford era stato chiaro fin dai giorni della discussione con Réza. «Se risuccederà, prenderemo provvedimenti seri». È risuccesso molte altre volte, purtroppo per Gianni Moscon, un ragazzo che ha sbagliato, che ha bisogno di essere aiutato nella gestione di certe situazioni e che si ritroverà vittima di un’ondata di insulti che nessuno meriterebbe, nemmeno lui.

 

 

Foto in evidenza: ©naszosie.pl, Twitter

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.