Antonin Magne, il taciturno pugile delle due ruote

Antonin Magne è stato un campione, un leader, un grand’uomo.

 

 

Antonin Magne, nativo di Ytrac, nell’Alvernia-Rodano-Alpi, è stato uno degli esponenti di spicco della generazione più brillante nella storia del ciclismo francese, quella composta da corridori nati nei primi anni del ventesimo secolo. Era soprannominato Tonin le Sage, per via del suo essere riflessivo e meticoloso. Oltretutto, si distingueva anche come atleta straordinariamente all’avanguardia per la sua epoca.

Magne, infatti, divenne famoso per un’attenzione ai dettagli sconosciuta agli altri protagonisti del suo tempo. Fu un pioniere per quanto concerne allenamenti e dieta. Aveva caratteristiche di passista-scalatore ed è stato uno dei più forti cronoman della storia. Non a caso, conquistò tre Gran Premi delle Nazioni consecutivi tra il 1934 e il 1936.

Nato da una coppia di pastori e appassionato di treni, Magne fu, inoltre, un atleta dotato di coraggio straordinario. D’altronde chi, come lui, ha mosso i primi passi nello sport praticando il pugilato, ha paura di ben poche cose. Il primo incontro con la bicicletta avviene per motivi lavorativi. Nel 1918, infatti, fa domanda per entrare nella compagnia ferroviaria orientale, ma lo scartano. Trova, così, un posto come apprendista in un negozio di bici a Pavillons-sous-Bois.

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Due anni più tardi, tuttavia, metterà da parte i guantoni per dedicarsi anche agonisticamente alle due ruote. Il padre, però, non approva la passione per lo sport del figlio. Così, il giovane transalpino è costretto a gareggiare di nascosto. Nel 1921 diventa meccanico per la compagnia Daunay, sul Boulevard Voltaire a Parigi. Contemporaneamente, continua a dedicarsi al ciclismo insieme al fratello Pierre. I genitori, ovviamente, sono all’oscuro di tutto.

Sul lavoro, ad ogni modo, è sovente distratto. Il sogno di diventare corridore si fa sempre più forte. Nel 1923 perde addirittura il posto. Ma al giovane Tonin poco importa, poiché, nel mentre, ha iniziato a gareggiare nelle corse più importanti del calendario dilettantistico francese. Alphonse Baugé, gran campione del mezzo fondo di inizio secolo, ne nota il talento e gli procura un posto nella Suresnes Sports Society, un grosso sodalizio che corre con bici Alleluia.

Nel 1924 Magne inizia il servizio militare. L’anno seguente, invece, ottiene il diploma come istruttore di educazione fisica. Al contempo, è ormai diventato uno dei prospetti più quotati di Francia. Dopo il congedo, nel 1926, passa finalmente professionista tra le file della Alleluia-Wolber. Sarà l’inizio di una carriera memorabile per quell’allora giovane taciturno dal talento straordinario.

Il primo successo da professionista lo ottiene alla Paris-Saint-Quentin, poco dopo il passaggio nella massima categoria. Sarà durante la seconda stagione tra i grandi, tuttavia, che il misterioso Tonin si guadagnerà le luci della ribalta. A ventitré anni Magne, nel 1927, fa il suo esordio al Tour de France. La Grande Boucle in questione è quella che inagura il triennio di trionfi della Alcyon-Dunlop, un Team INEOS cent’anni prima del Team INEOS.

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Il successo finale va al lussemburghese Nicolas Frantz, il quale bisserà nella stagione successiva. Magne, però, si distingue conquistando in solitaria la quattordicesima tappa, la Marsiglia-Tolone di centoventi chilometri. In classifica generale, inoltre, si piazza al sesto posto.

Nel 1928 riconfermerà quel piazzamento, ma vincerà una frazione in più. Infatti, nella sua seconda Grande Boucle, Tonin si impone prima nella Nizza-Grenoble, un tappone di montagna di trecentotrentatré chilometri in cui supera la maglia gialla Frantz e il connazionale Victor Fontan in una volata a tre. In seguito, oltretutto, arriva a braccia alzate, stavolta in solitaria e con quasi 10′ sul secondo, nella Malo-les-Bains-Dieppe di duecentotrentaquattro chilometri.

Rispetto al 1927, ad ogni modo, nel 1928 il dominio della Alcyon-Dunlop si fa più marcato. I loro atleti, infatti, occupano tutti i gradini del podio. A Parigi, ai lati di Frantz, il quale veste la gialla dalla prima all’ultima tappa, ci sono i suoi compagni André Leducq e Maurice Dewaele.

È nel 1929, tuttavia, che quel portentoso sodalizio suggella veramente la sua superiorità sugli altri. In un Tour un po’ sottotono per il giovane Tonin, il quale è settimo senza successi parziali, Dewaele riesce a vincere nonostante una brutta influenza. Merito dei suoi gregari, i quali lo scortano fino al traguardo nelle giornate peggiori.

L’esito di quella Grande Boucle manderà su tutte le furie il patron della gara, Henri Desgrange. L’ex corridore transalpino arriverà al punto di esclamare che il Tour è stato vinto da un cadavere. Nel 1930, per via di questo episodio, Desgrange cambia completamente la formula della corsa a tappe francese. Al via non ci saranno più le squadre di club, bensì le nazionali.

Una decisione che, di riflesso, non può che favorire Magne. La Francia, infatti, si presenta al Tour de France con un’autentica corazzata. C’è Pierre Magne, il fratello di Tonin; c’è Charles Pélissier, che quell’anno vincerà otto frazioni; c’è Marcel Bidot. Soprattutto, però, ci sono Tonin Le Sage e il suo grande amico-rivale, André Leducq.

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Quella tra Magne e Leducq è forse una delle amicizie più incredibili nella storia del ciclismo. I due sono gli atleti transalpini più forti del loro tempo. Oltretutto, sono anche profondamente diversi. Tonin, taciturno e introverso atleta forgiato dall’esperienza nella boxe, è un vero antieroe. André, al contrario, è una persona vivace e gioiosa, un autentico viveur. Lo chiamano Dédé gueule d’amour et muscles d’acier, letteralmente “Dedé bocca d’amore e muscoli d’acciaio”, ed è una delle figure più popolari e amate nella Francia del suo tempo. C’erano tutti gli elementi per cui, tra due personalità così diverse, si creasse una rivalità sentitissima. Invece, i due resteranno per sempre legati da un rapporto praticamente fraterno. La lealtà verso l’altro, per ambedue, viene prima di tutto.

La dimostrazione di quanto fosse profondo il legame tra i due la si ha proprio durante il Tour del 1930. È una Grande Boucle particolare, la quale vede l’apparizione fugace di Alfredo Binda sulle strade della corsa a tappe francese. Il Trombettiere di Cittiglio vince l’ottava e la nona frazione, ma poi si ritira poiché non gli era ancora stata versata la somma di denaro che gli organizzatori del Giro d’Italia gli avevano promesso in cambio della sua assenza alla Corsa Rosa. Leducq conquista la gialla proprio nella nona tappa e, con il ritiro di Binda, il suo rivale diventa un altro italiano: Learco Guerra.

Nel complesso, Leducq è un corridore più completo di Guerra: meno forte sul passo, ma più esplosivo e superiore in salita. Sembra avere la Grande Boucle in mano già una settimana prima della fine. Però, nel tappone di trecentotrenta chilometri che da Grenoble va a Evian-les-Bains, cade due volte. La prima nella discesa del Galibier e la seconda in quella del Télégraphe.

La Locomotiva Umana, a un certo punto, ha addirittura 15′ di vantaggio e pare possa ribaltare il Tour. Tuttavia, la selezione francese in toto, Magne compreso nonostante sia terzo in classifica, si ferma ad aspettare Leducq. I transalpini, sotto l’impulso di Tonin Le Sage, riprendono uno dopo l’altro tutti i corridori in gara, incluso Guerra, e alla fine sarà proprio Leducq a conquistare il successo parziale.

Superata quella giornata, Dedé si difende senza troppi patemi fino a Parigi. Magne, dal canto suo, coglie il suo primo podio alla Grande Boucle e vince anche la dodicesima tappa. La selezione francese concluderà quell’edizione del grande giro di casa piazzando anche Bidot quinto, Pierre Magne sesto e Pélissier nono. Inoltre, i transalpini agguantano il primo posto nella classifica a squadre con un’ora e quarantotto minuti di vantaggio sul Belgio.

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L’anno seguente sarà, finalmente, la volta di Magne. Il 1931 di Tonin le Sage, però, inizia in modo tutt’altro che esaltante. Per via dei problemi economici della sua Alleluia-Wolber, si accasa alla France Sport. Un sodalizio tutto fuorché d’elite, dato che non ha un grande budget. Magne, dunque, deve partecipare a molte grandi corse da indipendente. Una brutta caduta, inoltre, lo costringe a iniziare l’annata in ritardo. A maggio, oltretutto, si presenta al via del Giro d’Italia con la maglia di un’altra squadra modesta quale la Ganna. Un problema meccanico, nella tappa con arrivo a Napoli, gli fa perdere moltissimo tempo e per questo non riesce nemmeno a fare classifica.

Conclusa la corsa italiana, Magne torna in Francia e va ad allenarsi sui Pirenei fino alla Grand Départ. Qua, dopo un inizio tranquillo, fa divampare tutta la sua classe proprio sulle sue montagne. Nella tappa pirenaica di duecentotrentuno chilometri che da Pau va fino a Luchon, infatti, Tonin compie un autentico capolavoro. Parte tutto solo sull’Aubisque e nella discesa che precede il Tourmalet riprende il drappello degli attaccanti di giornata. Esso comprende il pericolosissimo belga Jef Demuysere, già terzo nel ’29, e l’italiano Antonio Pesenti, il quale vincerà il Giro nel ’32.

In seguito, riparte sul Peyresourde e, uno dopo l’altro, tutti i rivali devono cedergli il passo. Silenzioso ma devastante come i pugni di Ray Boom Boom Mancini, Tonin Le Sage fa il vuoto. Alle sue spalle non c’è più nulla. Tra le vette dei Pirenei spicca il volo come un’Aquila e poi si getta in picchiata verso la maglia gialla. Pesenti arriverà secondo a 4’42”, mentre Demuysere, il quale, nel frattempo, cade in discesa, è terzo a 7’44”. A fine giornata, il taciturno transalpino è saldamente in testa alla classifica generale.

Da lì in poi corre sulla difensiva. Tonin interpreta il ciclismo come se fosse un match di pugilato. Sa quando deve sferrare un jab ai rivali e quando, invece, conviene attendere l’offensiva avversaria. Nella Nizza-Gap di duecentotrentatré chilometri è vittima di diversi problemi meccanici, ma Charles Pélissier, calatosi perfettamente nei panni di eccellente scudiero, rimane sempre al suo fianco e lo aiuta a contenere il distacco da un Demuysere scatenato che ottiene il trionfo parziale. Al traguardo Magne, ad ogni modo, perde appena 2’22” dal belga.

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Demuysere, in compagnia del connazionale tre volte vincitore della Roubaix Gaston Rebry, mette in atto anche un’imboscata disperata nei vari settori di pavé presenti nella penultima frazione, la Charleville-Malo-les-Bains di duecentosettantuno chilometri. Magne, tuttavia, si inventa un’altra prestazione fenomenale, degna di un boxeur capace di resistere perfettamente ai montanti nemici anche dopo dodici riprese. Rebry vince la tappa con 11″ su Demuysere e sullo stesso Magne che, quel giorno, mette il sigillo sul suo primo Tour de France. Tonin conquista la Grande Boucle con 12’56” su Demuysere e 22’51” su Pesenti.

Nel 1932 decide di non difendere il suo titolo al Tour de France per potersi concentrare, principalmente, sul campionato nazionale francese. La rassegna transalpina, in quella stagione, si svolge nell’autodromo di Linas-Montlhéry. Tonin le Sage va all’attacco e alla sua ruota resta solo André Godinat. In cima alla Côte Lapize, durante l’ultima tornata, decide di cambiare la sua bicicletta con una da pista, più adatta allo sprint. Tuttavia, Godinat approfitta dello stop di Magne, il quale ci mette più tempo del previsto a sostituire il mezzo, e scappa via. Per una volta, la troppa meticolosità è fatale a Magne.

In carriera, inoltre, Tonin non conquisterà mai il titolo francese. La maglia di campione nazionale, per lui, sarà stregata. Dovrà accontentarsi di ben quattro secondi posti in cinque anni (1932, 1933, 1934, 1936) nella rassegna transalpina. Alla Grande Boucle, ad ogni modo, Magne è comunque presente, seppur nelle vesti di tifoso. Si farà trovare presente nelle montagne per supportare Leducq, poi vincitore, il quale sta lottando contro la corazzata di lingua tedesca (Austria e Germania gareggiavano insieme) composta da Kurt Stöpel, Ludwig Geyer, Max Bulla, Oskar Thierbach ed Herbert Sieronski.

Dopo aver conquistato la piazza d’onore sia alla Parigi-Tours che al campionato nazionale, Magne torna al Tour de France nel 1933. Tuttavia, perde ventuno minuti nella prima tappa. Allora, decide di mettersi a completa disposizione dei compagni, dimostrandosi atleta leale come pochi altri nella storia delle due ruote. La strada, in seguito, stabilisce che il capitano della selezione d’oltralpe è Georges Speicher. Egli è un nuotatore rinato ciclista, forte in salita, ma soprattutto abilissimo in discesa.

Nel corso della dodicesima frazione, la Cannes-Marsiglia di duecentootto chilometri, Speicher va all’attacco con Léon Level e René Bernard, ambedue isolati francesi. L’ex nuotatore conquista sia il successo parziale, il suo terzo in quella Grande Boucle, che la maglia gialla. La selezione francese, che in quegli anni non brilla solo per talento ma anche per l’incredibile coesione, probabilmente un unicum nella storia del ciclismo, si unisce tutta intorno al nuovo leader. In questo modo, Georges si difende senza problemi e ottiene la vittoria finale.

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Magne prende, successivamente, parte al Mondiale casalingo che si svolge anch’esso sull’autodromo di Linas-Montlhéry. Tonin Le Sage ha una grandissima condizione, ma deve accontentarsi dell’argento. Speicher, che sta vivendo un’annata di grazia, attacca a centoventicinque chilometri dal traguardo e va via da solo. Il taciturno connazionale, ancora una volta, mette la squadra davanti a tutti e protegge il tentativo di Georges, anziché giocarsi le sue carte.

Dopo un anno da gregario di lusso, Magne torna al Tour de France del 1934 con l’intento di conquistare il successo finale. Ventiquattro frazioni, ventidue tappe e due semitappe: questo l’itinerario di quella Grande Boucle, la prima nella storia a presentare nel suo percorso una prova contro il tempo, vale a dire la La Roche sur Yon-Nantes, in programma il 27 luglio.

Al via non vi è André Leducq: il vincitore di due delle ultime quattro edizioni, sul finire del 1933, lascia l’Alcyon-Dunlop, che gli nega un aumento dello stipendio di duecento franchi, per passare alla Mercier-Hutchinson diretta dalla leggenda Henri Pélissier. Henri Desgrange, che è grande amico del proprietario della Alcyon, Edmond Gentil, per ripicca decide di lasciare a casa il campione transalpino.

Leducq, tuttavia, da grande uomo squadra qual è sempre stato, per poter incitare ogni giorno i suoi compagni segue tutto il Tour in macchina insieme ai giornalisti del Paris-Soir Albert Baker d’Isy e Géo Villetan. Al netto di una così grave defezione, la Francia si presenta al via della Grande Boucle con l’ennesima parata di stelle. Il campione in carica Georges Speicher guida la spedizione transalpina insieme a Tonin. Tra gli altri convocati, oltretutto, c’è anche un giovane scalatore dal talento debordante: René Vietto.

La Grande Boucle non può che iniziare nel segno della Francia. Nella prima frazione vanno via in sette: Speicher e Magne, l’italiano Vasco Bergamaschi, i belgi Romain Maes, Sylvère Maes e Félicien Vervaeke (gli ultimi due cicloturisti) e il tedesco Willi Kutschbach. È il campione in carica a vincere la volata e a indossare la prima maglia gialla. Il giorno seguente, tuttavia, Speicher cade e perde 15′ dai primi. La tappa la conquista René Le Gravès, mentre Magne, secondo di giornata, torna a vestirsi di giallo tre anni dopo l’ultima volta.

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Magne, nei giorni successivi, si limita a gestire, mentre i suoi compagni vincono frazione dopo frazione. Al quindicesimo dì di corsa, durante la Perpignan-Ax-les-Thermes di centocinquantotto chilometri, però, accade l’imponderabile: la maglia gialla cade sulla discesa del Col de Puymorens e rompe ruote e telaio. Una situazione che, in altri casi, sarebbe costata il Tour.

Ma nella nazionale francese la squadra viene prima del singolo e per Tonin le Sage, un signore che non si è mai risparmiato ogni volta che si è trovato a dover lavorare per i compagni, anche assi del calibro di Vietto e Speicher sono disposti a sacrificarsi. Il primo gli cede la ruota, il secondo la bici e così il taciturno Antonin salva la maglia gialla arrivando a soli 45″ dal gruppo di testa regolato da Roger Lapébie.

Il concetto di uno per tutti e tutti per uno, vigente nel dream team transalpino, viene sublimato al massimo nel corso della sedicesima frazione, la Ax-les-Thermes-Bagnères-de-Luchon di centosessantacinque chilometri. Vietto fa il vuoto in salita, come al solito, e si ritrova presto in testa alla corsa. Dietro, però, Magne cade in discesa e rompe la bici.

Vietto, venuto a conoscenza di quanto accaduto, si gira dall’altra parte e, percorrendo la corsa in senso contrario, va da Magne per cedergli il suo mezzo. Tonin le Sage, grazie all’estremo sacrificio del giovanissimo compagno, è salvo. Più avanti riprende uno per uno tutti gli altri concorrenti. Scortato da Lapébie, riacciuffa anche Giuseppe Martano, il suo rivale più insidioso in classifica generale. Solo il bolognese Adriano Vignoli riesce a resistere al ritorno dei due transalpini, conquistando così il successo parziale.

Magne, stanco dei vili scherzi della dea bendata, passa all’attacco nella brevissima Luchon-Tarbes di novantuno chilometri. Fa fuoco e fiamme tra Peyresourde e Aspin, stacca tutti e trionfa con 6’31” di vantaggio su Trueba, 7’04” su Sylvère Maes, 7’46” su Mariano Cañardo e René Vietto. Martano, steso dal poderoso gancio sferrato dall’ex pugile, arriva a ben tredici minuti.

Tonin, infine, chiude del tutto i giochi dominando la cronometro di novanta chilometri da La Roche-sur-Yon a Nantes. Lapébie è secondo a 1’06”, mentre Geyer è terzo a 5’56”. Martano arriverà quinto a 8’01”.

A gara finita, la ruggente truppa d’astri transalpini può vantare: la maglia gialla di Magné, il quale veste il simbolo del primato dal secondo all’ultimo giorno e vince con 27’31” di vantaggio su Martano, secondo, e 51’52” su Lapébie, terzo; il successo nella classifica dei gran premi della montagna di Vietto; e, infine, ben venti vittorie parziali (cinque di Lapébie e Speicher, quattro di Le Grèves e Vietto, due di Magne e una di Louviot).

Magne e Leducq. ©David Guénel, Twitter

Il 1935 è un’annata particolarmente sfortunata per Tonin. Prima perde la Sei Giorni di Bruxelles, nella quale gareggia in coppia con lo specialista Albert Buysse, a causa di una caduta nell’ultima prova in programma. Dopodiché, è costretto a ritirarsi dal Tour de France per via di un incidente con un automezzo sul Col du Télégraphe. Fino al giorno prima, Magne occupava la seconda posizione in classifica generale alle spalle del belga, poi vincitore, Romain Maes.

Il meticoloso ex pugile è così costretto a rimandare all’anno seguente l’assalto al tris (all’epoca riuscito solo a Philippe Thys). La nazionale francese al via della Grande Boucle del ’36, però, è nettamente inferiore alle versioni ammirate nelle edizioni precedenti. Leducq e Charles Pélissier non ci sono, mentre Vietto corre come cicloturista. Speicher, Archambaud e Le Grevès sono i luogotenenti del leader Tonin.

La corsa presenta cinque cronometro, tutte a squadre, le quali tecnicamente dovrebbero favorire la Francia. Ma Speicher si ritira presto, alla settima tappa, e nella quattordicesima frazione lo segue anche Archambaud. Privati di due corridori di questo calibro, i francesi sono notevolmente indeboliti e nelle prove contro il tempo vengono sopraffatti (quattro vittorie a una) da un Belgio che, pur avendo perso per strada il campione uscente Romain Maes, si dimostra nettamente più forte grazie alla presenza, tra le sue file, di fuoriclasse del livello di Sylvère Maes, Félicien Vervaecke e Marcel Kint.

Sylvère Maes, omonimo ma non parente di Romain, prende la maglia nell’ottava frazione, la Grenoble-Briançon, e non la molla più. Antonin Magne è l’unico che prova a insidiarlo, ma il fiammingo in salita va fortissimo e scalfirlo sembra impossibile.

Nella Bagnères-de-Luchon-Pau di centonovantaquattro chilometri, ultima tappa pirenaica in programma, Magne tenta il tutto per tutto attaccando sul Tourmalet. Tonin le Sage, tuttavia, non riesce a sbarazzarsi della maglia gialla e crolla, mentre Maes fugge via, conquista il successo parziale e chiude definitivamente il Tour. Il leader della nazionale d’oltralpe giunge a oltre 16′ dall’indemoniato fiammingo, suonato come Mike Tyson nel suo match contro Lennox Lewis. Alla fine, grazie a una penalità di 10′ subita dall’altro belga, Félicien Vervaecke, che occupava la piazza d’onore, Magne riesce ad agguntare almeno il secondo posto. Sarà il suo ultimo podio al Tour.

Con Charles Pélissier. ©David Guénel, Twitter

L’epoea di Tonin Le Sage, però, non è finita. Anzi, sta per arricchirsi di uno dei capitoli più belli. Il 6 settembre 1936, sul circuito di Bremgarten (vicino a Berna), in una giornata da tregenda, si svolge la decima edizione dei Campionati del Mondo. Dopo cinquanta chilometri dalla partenza, è proprio l’ex pugile ad attaccare e a portare via un drappello di dodici uomini. A settanta chilometri dalla fine, davanti restano in tre: Magne, il belga Gustaf Deloor e il danese Werner Grundahl. Il plotone all’inseguimento, tuttavia, pian piano torna sotto e così, a tre giri dalla fine, il due volte vincitore della Grande Boucle si vede costretto ad andare via da solo.

Magne, da quel momento in poi, mette in piedi uno dei più grandi spettacoli della storia di questo sport. Mentre pioggia e vento demoliscono uno dopo l’altro tutti i partecipanti, lui continua imperterrito nella sua azione, guadagnando metro dopo metro sugli inseguitori. Tonin la Sage, dando sfoggio di una strapotenza degna di quella del miglior Smokin’ Joe Frazier, conquista la maglia iridata giungendo al traguardo con ben 9’27” di vantaggio sul secondo classificato, Aldo Bini. Di trentanove partenti, solo nove concluderanno la corsa.

Sarà il canto del cigno, anche perché il 1937 è un anno particolarmente tormentato per Tonin. Prima è vittima di un incidente stradale, nel quale la moglie si ferisce gravemente. In seguito, oltretutto, vive il dramma della morte, durante una gara su pista, dell’amico André Raynaud. Al Tour de France del 1938, successivamente, sferra i suoi ultimi jab. Conquista, innanzitutto, in solitaria la terza semitappa del decimo giorno, settantatré chilometri da Narbonne a Montpellier.

Due settimane più tardi, nella frazione conclusiva, la Lille-Parigi di duecentosettantanove chilometri, attacca a cinquantacinque chilometri dalla meta con l’amico fraterno André Leducq. Il gruppo della maglia gialla, ovvero Gino Bartali, lascia la giusta passerella ai due vecchi leoni, i quali taglieranno insieme il traguardo per primi. Trionfo ex aequo, dirà la giuria, e non potrebbe essere altrimenti.

Insieme a Poulidor. ©David Guénel, Twitter

È l’ultima Grande Boucle di Tonin, il quale la conclude anche in ottava posizione (mai fuori dai dieci in carriera). Magne si ritira nel 1939. Durante la guerra, mentre il fratello Pierre viene fatto prigioniero e il padre muore, si occupa della fattoria di famiglia. Finito il conflitto mondiale, diventerà direttore sportivo e guiderà campioni del calibro di Rik Van Steenbergen, Louison Bobet e Raymond Poulidor. Si ritira a vita privata nel 1969. Morirà quattordici anni più tardi, l’8 settembre 1983.

Magne, prima ancora che fenomenale corridore, è stato un uomo riservato ma dall’elevatissima statura morale. Ha sempre dato tutto quello che aveva per i suoi compagni. E per questo motivo, loro sono sempre stati disposti a sacrificarsi per lui. Il clima di incredibile coesione in seno alla nazionale francese dei primi anni ’30, uno dei più forti dream team della storia delle due ruote, lo si deve soprattutto a lui. Ha guidato con l’esempio una truppa di grandi campioni, unendoli nel tentativo di raggiungere un obiettivo comune.

 

 

Foto in evidenza: ©GearJunkie