Accoppiata Giro e Tour: Nibali e Dumoulin lanciano il guanto di sfida
Sembrano lontani – non solo dal punto di vista temporale, ma anche concettuale – i tempi in cui il Giro d’Italia era ridotto a una sfida tra italiani, giovani emergenti; tra ottimi corridori stranieri o involucri in decadenza del ciclismo internazionale e non di certo il gotha del ciclismo Mondiale nell’esercizio delle tre settimane, senza nulla togliere alle sfide tra Gotti, Tonkov e Pantani, Garzelli e Casagrande, Cunego e Simoni, o alle vittorie di Savoldelli, Basso, Menchov e Hesjedal (il 2012 forse il punto più basso in anni recenti) che scrivendo il loro nome nel Trofeo senza fine hanno dato lustro all’albo d’oro, ma soprattutto alle loro carriere.
O come seppellire nella memoria i tempi in cui il Giro serviva ai corridori per riprendere la forma dopo bagordi invernali (ricordate Jan Ullrich in sovrappeso?) e il tourcentrismo finiva per attrarre a sé interessi, sponsor e tutti i migliori corridori per le corse a tappe in una volta sola?
Se con le modifiche del calendario la Vuelta ha via via surclassato il Giro almeno per quanto riguarda la lista dei partecipanti, diventando appuntamento clou di fine stagione – vuoi per rivincite sul campo, vuoi per preparazione al Mondiale e al Lombardia – il Giro d’Italia si è dimostrato impareggiabile per emozioni, paesaggi, percorsi, dando una forte risposta a chi vorrebbe in seno all’UCI l’accorciamento della corsa Rosa a due settimane, togliendo a RCS sponsor e visibilità e proiettando il Tour de France ulteriormente al centro dell’interesse della stagione ciclistica.
Negli ultimi anni però l’inversione di tendenza è arrivata: dal 2013 al 2018 c’è stata una crescente qualità tra gli uomini che si sono dati appuntamento al Giro, lasciando nel libro dei record i nomi di alcuni tra i migliori corridori da corse a tappe fino ad arrivare alle ultime stagioni con le vittorie nell’ordine di Nibali (due volte), Quintana, Contador, Dumoulin e Froome e tra i battuti corridori del calibro di Pinot, Aru, Urán, Chaves e Landa.
La lista di partenza per il Giro d’Italia assume sempre di più la forma di una corsa di primissimo livello, andando a far combaciare le meraviglie e varietà del percorso italiano con la competitività dei migliori corridori del circuito. Nibali e Dumoulin confermano il desiderio dell’accoppiata Giro-Tour; a ruota arrivano le scelte di Astana, con Miguel Ángel López (sul podio lo scorso anno), e Katusha, con Zakarin. E la lista continua: Simon Yates, grande protagonista al Giro 2018 e vincitore pochi mesi fa della Vuelta, desideroso magari di ripetere l’exploit di Froome (Vuelta 2017-Giro 2018) tornerà sul luogo del delitto dopo aver dominato in lungo e largo l’ultima edizione salvo saltare sul Colle delle Finestre per mano proprio del connazionale. E poi il duo Movistar formato da Landa–Valverde, con il primo che lotterà per l’alta per la classifica e il secondo per i traguardi parziali.
Se Pinot e Bardet punteranno nel 2019 al Tour – per il corridore del sodalizio savoiardo ennesima occasione persa di misurarsi con percorso e imprevedibilità della corsa di casa nostra – sulle strade italiane vedremo all’opera anche Roglič, Mollema, Aru, Jungels, Formolo, Majka: nomi che allungano la lista dei papabili per la vittoria finale o per un piazzamento prestigioso. L’ultimo aggiornamento in ordine cronologico è datato 16 febbraio. Dal Cosmobike di Verona, Fausto Pinarello ha rivelato che anche Geraint Thomas dovrebbe partecipare al Giro d’Italia: una Sky già fortissima con Bernal e Moscon potrà contare sull’ultima maglia gialla. L’elenco dei nomi in vista del Giro 2019 è in divenire e non è mai stato così simile a una grande abbuffata. La distanza con il Tour de France, almeno per quanto riguarda la partecipazione dei più importanti uomini di classifica, è praticamente azzerata.
Immagine copertina: ©Aivlis Photography