L’Europeo Ciclocross di Silvelle ha qualcosa da dire

L’Italia deve assolutamente investire nel ciclocross: ce lo chiede il ciclismo.

 

 

Circa diecimila le persone giunte domenica 10 novembre 2019 a Silvelle di Trebaseleghe, piccola cittadina nella campagna tra le province di Treviso e Padova, per vedere dal vivo il Campionato Europeo di Ciclocross. Numeri incredibili e ben superiori a quelli che fanno, per rimanere in zona, Treviso Basket e Benetton Treviso Rugby. Ma d’altronde il ciclocross, in Italia, ha sempre avuto un grande seguito. Ai Mondiali di Varese del 1965, ad esempio, c’erano ventimila persone ad assistere al duello tra il nostro Renato Longo e il tedesco Rolf Wolfshohl.

Silvelle ha anche una grande tradizione. Negli anni ’90 il Superprestige faceva tappa anche qui e per la Rai non la commentava la terza/quarta voce, ma nientemeno che il grande Adriano De Zan. Il quale, peraltro, ogni anno se ne usciva con la stessa, fantastica, gag per chiedere notizie su Pantani a qualche suo ospite: “Da Pontoni a Pantani il passo è breve e, allora, chiediamo: come sta il Pirata?” (scusate, mi ero ripromesso che prima o poi lo avrei scritto per omaggiare il Maestro). Ma, qua, si va oltre alla sola tradizione.

Domenica il Veneto e l’Italia hanno urlato a gran voce che il ciclocross, qua, si ama. Ma lo si ama proprio tanto.

Silvelle è stato un evento fantastico e spero che molti tra coloro che ci leggono abbiano avuto la fortuna di viverlo proprio come l’ha avuta chi vi scrive. L’organizzazione è stata perfetta come lo sono stati i tifosi e gli spettatori: e, ovviamente, loro, gli atleti, i grandi protagonisti di tutto ciò, non sono stati da meno. L’aggettivo che viene in mente è strepitosi. In sella e giù dalla sella. Perché ti rendi conto di star facendo parte di qualcosa di speciale quando di fianco a te, a vedere la gara, c’è Sven Nys. Un po’ come assistere a una partita di basket a lato di Michael Jordan. Oppure quando Yara Kastelijn, bardata con la sua sfolgorante maglia di campionessa d’Europa, va in mezzo alla gente per seguire la gara degli uomini Elite sul maxi schermo.

E, allora, viene da chiedersi se il cross e i crossisti italiani non meritino maggiore considerazione; le grandi prestazioni di Lechner, Arzuffi  – okay, da lei ci si aspettava anche qualcosa in più, ma non è certo stata autrice di una brutta prova –  De Pretto, Masciarelli, Realini e Baroni, non dovrebbero passare sottotraccia. Non possiamo certo organizzare un Europeo all’anno in Italia, ma una tappa di Coppa del Mondo o Superprestige assolutamente sì. Negli anni ’90 eravamo presenti in entrambe le competizioni, perché non riprovarci anche nel decennio che sta per iniziare?

Questi fan oggi hanno incitato tutti gli atleti, dal primo all’ultimo, con grandissima sportività: poi, va da sé, per Van der Poel sono partiti – addirittura – boati di Pantaniana memoria; e con loro questi ragazzi e ragazze con la bici in spalla hanno dato tutto quello che avevano in mezzo a un lago di fango. Ecco: tutti questi, insieme, meritano che Silvelle non resti un caso isolato. Silvelle deve essere un punto di partenza: anzi, di ripartenza. Un nuovo inizio per il cross italiano.

Perché, alla fine, Silvelle ci e vi dice questo: il ciclocross, in Italia, ha un futuro. Un futuro che poggia le sue fondamenta su una grande tradizione nata con Longo e Severini, proseguita con Pontoni e Bramati e, ora, portata avanti da Lechner e Arzuffi. E, allora, chi di dovere non giri la testa dall’altra parte e faccia in modo che il cross italiano torni definitivamente nel posto che gli compete, perché la passione della nostra gente, per questa disciplina, divampa più che mai.

“The atmosphere and the fans were really great. It was nice to have a Euro Champ in Italy. It’s a country we have to involve a bit more in cyclo-cross again”.

Firmato Mathieu van der Poel.

 

 

Foto in evidenza  ©Silvelle Ciclocross, Facebook