Il ritorno di Chaves nelle agitate vigilie

Chaves prova a dimenticare il passato trionfando a San Martino di Castrozza.

 

 

Il mostro del Manghen incombe. Giorno di vigilia, di studio, giorno di salite ma senza sfinirsi; chi brama il trionfo deve provare un’avanguardia d’assalto o attendere la battaglia campale? Il Trentino, teatro di mille battaglie, attende la carovana in queste fasi finali di lotta e pedale, interrogandoci su chi domerà il corpo piovoso, da strizzare, di un Giro da spettacolo. Quiete prima della tempesta o tappa di vere schermaglie?

Il gruppo è un puledro nevrile sin dai chilometri di trasferimento, si abbassa lo stendardo del via e subito due, tre, dieci corridori votati all’attacco mentre il plotone si allarga sul manto stradale, gruppo blindato sin dalle prime battute dagli uomini dell’ecuadoregno.

Valdobbiadene e i vitigni sulle colline venete, intanto, luoghi un tempo votati all’industria serica col plotone-bruco tessitore di un’andatura blanda; controllo Movistar pensando a come e quanti corridori portare a Verona.

Un saliscendi continuo sospinge i corridori fino a imboccare il San Boldo, spiraleggiante e scenografica ascesa, siepi di folla sulle salite che furono terra d’allenamento di Marzio Bruseghin. Tornanti scavati nella roccia in un solito spettacolo rosa che non stanca mai gli occhi.

La fuga ha preso terreno e le stesse rampe dilatano i minuti. Al comando una sporca (e affaticata) dozzina ben conscia che è l’ultima occasione per gli arrembanti di un giorno: una tappa, il sogno di una tappa da strappare prima della battaglia finale prima di domani, prima della corsa contro il tempo, di fine tempo a Verona.

Gruppo e profili di montagne cristallizzati in un giorno di sole, dieci squadre rappresentate davanti, molte non hanno ancora vinto e ci credono fino in fondo; anche se tra gli ottimi barricaderos all’attacco spicca su tutti il piccolo grande Chaves, mite cuore colombiano due giorni addietro apparso rinato e preceduto nel palcoscenico di Anterselva dal giovane e talentuoso Peters.

Doppia corsa. Lotta immediata dei fuggitivi, passerella ancora quiescente del plotone fra le valli bellunesi. Sullo strappo di Lamon è un coraggioso Boaro che attacca per scremare il drappello, poi giù a capofitto in discesa. Ai meno venti è ancora in testa con una manciata di secondi, che piano piano scemano come l’acqua del Cismon che sfila di fianco alla carreggiata. Gli undici compagni in doppia fila lo inghiottono in fretta. È la volta di Canola, allora, che gioca d’anticipo prima del bivio del Passo Cereda. Il plotoncino è un elastico e aleggia un discreto nervosismo. Tutti sulle ruote di Chaves come da copione, che fra scatti e controscatti sbriciola la dozzina. Vendrame, Serry, Bidard appaiono i più attivi, Antunes e Carboni subito dietro attaccati coi denti al continuo forcing del “colibrì”.

Ai meno tre lo scatto che piega gli altri e fa involare Esteban. San Martino di Castrozza abbraccia il suo eroe dieci anni dopo il trionfo di Garzelli.

Tutti sconfitti? Sì, ma con una nota di dolore, poiché un doppio problema meccanico fa pagare dazio a un eccellente Andrea Vendrame, giunto secondo con grande gamba e altrettanto rammarico.

Dietro è il solito López che sgambetta e si avvantaggia sui migliori, con qualche progressione di Roglič ad avvertire che il suo Giro non è ancora finito. E un Landa che per oggi è fido scudiero di Carapaz. Nibali sotto controllo. Mollema e gli altri cercano ancora un posto nei cinque.

Cala la sera sotto gli occhi bianchi delle Dolomiti. La resurrezione di Chaves e la sfortuna di Vendrame, il coraggio e la fatica sui volti dei corridori che intravedono la fine di un Giro ancora da scrivere.

Domani è il tempo sacro della Cima Coppi, ovvero il Passo Manghen; parafrasando Lucio Battisti: “resta lo stile delle agitate vigilie.”

 

Foto in evidenza: ©Giro d’Italia, Twitter