La Vuelta a España 2019 inizia con tanti colpi di scena.

 

 

  • Oggi parte la Vuelta a España numero settantaquattro. Dei tre grandi giri, quello spagnolo è il più giovane: la prima edizione si tenne nel 1935, ma le vicissitudini che sconquassarono l’Europa in quel periodo impedirono di dare cadenza annuale all’evento fino al 1955: da allora sono trascorsi sessantaquattro anni e la corsa a tappe spagnola non ha perso un colpo;
  • I corridori al via sono centosettantasei, provenienti da trenta nazioni e cinque continenti. Il più giovane – compirà ventuno anni sei giorno dopo la fine della Vuelta – è Tadej Pogačar, il più anziano è Alejandro Valverde: il filo comune della classe lega persino i due estremi più distanti;
  • I tredici chilometri e mezzo da Salinas de Torrevieja a Torrevieja sono comunque tortuosi. La Vuelta a España 2019 comincia oggi e chi pensa che quella odierna sia una specie di kermesse commette un errore madornale;
  • Salinas, ovviamente, si riferisce alle saline della città; senza dubbio una partenza caratteristica, anche se l’occhio vorrebbe la sua parte ma rimane a bocca asciutta: è tutto bianco – le saline ma anche le case all’orizzonte, persino il mare a seconda del riflesso del sole -, bianco come le maglie della Dimension Data, la prima squadra a prendere il via;
  • Che esercizio ineguagliabile rimane la cronosquadre, in quanto a intensità: l’AG2R, ad esempio, consuma quattro corridori in quattordici minuti;
  • Hugh Carty sarà uno dei gregari più preziosi per Urán; intanto la cronosquadre di apertura ci permette di soffermarci su uno dei tratti più marcati dell’inglese: l’altezza. È alto un metro e novantatré e le sue gambe sono filiformi e infinite – sembrano potersi spezzare da un momento all’altro;
  • Mentre si riscalda sui rulli, Nairo Quintana viene chiamato a gran voce da diversi tifosi, ma probabilmente non ne sente nemmeno uno: ha i tamponi nel naso, le cuffie agli orecchi e il volto della sfinge che lo contraddistingueva fino a qualche anno fa sembra aver lasciato definitivamente il posto ad una maschera impacciata, mai a suo agio, attraversata da una punta di difficoltà che non lo abbandona mai;
  • Uno degli speaker fa cadere costantemente l’accento di Troìa sulla vocale sbagliata, causando un certo imbarazzo tra gli spettatori italiani;
  • Rimanendo nell’ambito dei cognomi bizzari, c’è anche Großschartner, che inizia la Vuelta avendo già fatto segnare un primato: le tre esse nel cognome – un primato che porta sempre con sé, peraltro;
  • Sepp Kuss della Jumbo-Visma parte in testa e si stacca dopo cinquanta secondi: seguiranno aggiornamenti – ci sembrano doverosi;
  • Perlomeno, così facendo, Kuss si risparmia la caduta generale che coinvolge la sua squadra;
  • Regola numero uno: mai fidarsi dei rilevamenti cronometrici del Tour de France e della Vuelta a España;
  • La Jumbo-Visma è la mattatrice della prova: quelli della Quick-Step si ritrovano un’ammiraglia giallonera ferma all’uscita di una curva per caricare una bicicletta incidentata, il fatto che non sia successo nulla rientra nella casistica dei miracoli;
  • La Quick-Step ha perso la prova per la disorganizzazione scoppiata improvvisamente a poche centinaia di metri dall’arrivo, quando Knox si è voltato e i tre che avrebbero dovuto pedalargli a ruota erano leggermente staccati;
  • Il primo corridore della Movistar che ha tagliato il traguardo è stato Valverde – non vuol dire niente, ci mancherebbe, ma durante una cronosquadre ci si riscopre a osservare tutto;
  • È sempre la stessa storia: un capitano rischia di compromettere la classifica generale a causa dell’inadeguatezza di alcuni compagni di squadra nelle prove contro il tempo; il destino di una cronosquadre sarà sempre questo, un equilibrio tra le due parti che non si troverà mai;
  • Dunque, ricapitolando: Urán perde sette secondi, Majka tredici, Valverde e Quintana sedici; e ancora, Chaves ne prende diciotto, Poels venticinque, Roglič e Kruijswijk addirittura quaranta – che peccato, erano i favoriti. Già, ma su chi sono calcolati i distacchi? Sull’Astana di Miguel Ángel López, la prima maglia rossa della Vuelta a España 2019;
  • Alla vigilia aveva detto di voler migliorare il terzo posto di un anno fa, oggi rimarca i suoi intenti; non si dannerà per mantenere la maglia di leader, ma intanto i secondi di vantaggio guadagnati non glieli leva nessuno;
  • Per chiudere, vi rimandiamo al punto numero cinque: chi pensava che quella odierna sarebbe stata una specie di kermesse ha commesso un errore madornale.

 

 

Foto in evidenza: ©La Flamme Rouge, Twitter

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.