Roglič beffa Campenaerts: Nibali resiste, Yates e Miguel Ángel López scivolano lontani.

 

In fondo è sempre una questione di battiti. Una sorta di principio elementare: in ogni situazione in grado di generare qualcosa c’è un battito. L’anatomia umana riporta all’esempio più semplice: il battito del cuore. In realtà ci sono esempi svariati: la spuma del mare, così narrata in poesia, si genera solo per il battito dell’onda sugli scogli; il seme affonda nel terreno e diviene pianta per il battito di gocce d’acqua sul terreno; ogni libro è l’insieme di battiti della mano su dei tasti. Guai a levare quei battiti. Gianni Mura spiega che senza battito le parole cambiano già in testa. Forse non è così intuitivo ma il battito è quanto di più pragmatico e insieme onirico. Perché il battito cambia la natura delle cose. Il battito è potere e redenzione. Il battito è fatica, anche. Sicuramente noia. Lento o veloce che sia è ripetitivo. Il battito delle mani, ad esempio. Solitamente le mani si battono per qualche istante e poi ci si ferma. Se gli episodi da applauso sono diversi, tendenzialmente, si applaude all’ultimo. La variante è il pubblico assiepato in Piazzale Roma a Riccione.

Quanti battiti di mani servono per colmare le decine di secondi antecedenti alla partenza di ogni singolo atleta del plotone? Tanti quante le onde del mare che si infrangono sugli scogli da mezzogiorno alle cinque del pomeriggio? Di più. Forse tanti quanti le gocce d’acqua che battono su tetti, ombrelli e capelli tra Riccione e San Marino. Il pubblico oggi ha il battito delle pioggia. E la pioggia oggi batte fitta e veloce dovunque. Si tiene anche l’ombrello con il mento, pur di applaudire. Si mette la mantellina e si chiude l’ombrello, pur di applaudire. Si sta in strada battendo i piedi per terra per scaldarsi, pur di applaudire. Nemmeno un battito saltato, nemmeno un atleta dimenticato.

I corridori, poi, di battiti se ne intendono. Per motivi anatomici e fisiologici e per motivi di gara. Il corridore contro il tempo è battito. Estenuante, perché l’orologio nel ciclismo ha un battito crudele: non batte solo per generare, batte per contare. È un battito che finisce, che genera tensione. Per questo Primož Roglič lancia un urlo dopo aver tagliato il traguardo e batte la mano sul manubrio. Quasi a stroncare quel battito di lancette nelle orecchie durato più di cinquanta minuti. Roglič si è adeguato a quel battito, lo ha seguito. Tempo e pedali assieme. E pioggia. La pazienza contro la frenesia. A San Marino non batte il mare ma la montagna. Si scuotono gli alberi e la parte alta della città sembra rovesciarsi in strada ad ogni tuono. A Victor Campenaerts, forse, quella città si è proprio rovesciata sulla testa quando Roglič ha urlato. Il battito che varia la natura delle cose, il battito che ribalta il battito. Sempre veloce ma indiavolato, non allegro. Con Vincenzo Nibali il battito si trasforma in nome al traguardo: anche chi ha la telecamera grida “Vincenzo”. Sì, perché il battito è anche simultaneità, come i pedali e il cronometro, da qui l’immedesimazione. Ogni battito che entra poi esce. Spinta e controspinta. Battere e levare.

Valerio Conti è esasperazione del battito: della pioggia torrenziale, dell’orologio che se non si è cronometristi sembra impossibile da fermare. Per questo alla partenza c’è silenzio. Per questo la sua mano che batte quella di un componente del suo staff all’arrivo, un sorriso beffardo. Un battito fine, come le “ruote fini” su cui ha imparato ad andare sin da bambino. Fine nel senso di delicato e fine nel senso di conclusivo, di finale. Chi è spaventato dal tempo vuole placarlo, chi ne è gasato vuole esasperalo. L’incontro di quelle due mani è la tranquillità. L’importante è non sbagliare i battiti confondendo battere e levare. L’importante è non entrare nel caos, nel turbinio di quando sei nel battito ma non lo senti, di quando sei nel tempo ma in quello sbagliato, e improvvisamente tutto si confonde. Succede a Simon Yates e Miguel Ángel López. Tempo finito. Basta. Dare quiete ai battiti stasera per risintonizzarsi martedì sulle giuste frequenze. È l’unica possibilità.

 

Foto in evidenza: ©Giro d’Italia, Twitter

Stefano Zago

Stefano Zago

Redattore e inviato di http://www.direttaciclismo.it/