Un nuovo tricolore: il ciclismo ungherese

Anni fa László Bodrogi, ora il ciclismo ungherese è a una svolta

 

Per anni il movimento ungherese ha vissuto nella periferia del ciclismo. Poche gare e pochi atleti di qualità. Il Tour de Hongrie, nato nel 1925, nel primo dopoguerra riesce a guadagnarsi una discreta popolarità, tanto da attirare anche nomi internazionali. Spicca, tra tutti, Vasco Bergamaschi, vincitore del Giro 1935, il quale conquista la gara a tappe magiara nel 1930. Verso la metà degli anni ’30 iniziano le difficoltà, salta l’edizione del 1936 e, dopo quella del 1937, la manifestazione non verrà organizzata fino al 1941. Da quel momento in poi, la corsa andrà avanti a singhiozzo. Nel 2015 l’ennesimo tentativo di rilancio, dopo oltre un lustro dall’ultima edizione svolta. Questa volta, tuttavia, le cose sembrano diverse. La gara magiara riscuote subito successo in patria, tanto che nel 2018 sale di categoria, da 2.2 a 2.1, e viene trasmessa sia sulla TV nazionale che su Eurosport.

Il terreno, oggi, risulta molto più fertile rispetto al passato. Ci sono più appassionati e, soprattutto, più praticanti. László Bodrogi vincitore in carriera di 21 corse e più volte a podio al Mondiale a cronometro, tra qualche anno potrebbe non essere più il solo grande corridore nella storia del ciclismo magiaro. La bicicletta, infatti, sta vivendo un vero e proprio boom tra i giovani ungheresi. Venendo al concreto e citando qualche dato: al Tour de Hongrie 2018 prendono parte 16 corridori ungheresi, la metà sono under 25. Su 51 partenti al campionato nazionale ben 21 sono nati dopo il 1996, tra cui i primi tre classificati. Tra il 1995 e il 2017 nessun ungherese si è piazzato nei 10 nella prova in linea dei campionati europei U23. A Zlín 2018 due magiari, Attila Valter e Márton Dina, hanno chiuso la gara in top-10.

Il faro del movimento si chiama Barnabás Peák. Nato a Budapest il 29 novembre 1998, Peák è un corridore completo, veloce, forte sul passo e capace di difendersi anche in salita. Inizia a correre a 17 anni, nel 2015, ispirato dal suo idolo Chris Froome. Dopo una prima stagione di apprendistato, si rivela al grande pubblico nel 2016, durante il suo secondo anno da juniores. Tante buone prestazioni nelle corse internazionali e poi la definitiva esplosione agli Europei di Plumelec. Nella prova a cronometro è 7°, in quella in linea 8°. Risultati incredibili per un ragazzo che viene da un paese non certo famoso per la sua tradizione ciclistica.

Nel 2017 inizia a correre tra le file del Centre Mondial du Cyclisme e i risultati non tardano ad arrivare. Conquista la Banja Luka Belgrade I, battendo allo sprint ben 43 atleti, e il campionato nazionale U23.  Considerando anche le gare non UCI, il bottino stagionale del giovane Peák sale a 5 vittorie. Alle quali, inoltre, si aggiunge un secondo posto dal sapore agrodolce, quello al Tour de Hongrie. Nella corsa di casa, Peák si toglie lo sfizio di mettersi dietro il futuro vincitore del Tour de l’Avenir Tadej Pogačar, ma deve arrendersi, per appena 2″, al colombiano Jaramillo.

Il 2018 è l’anno che proietta Peák in una nuova dimensione. Non solo l’ungherese continua ad ottenere grandi risultati su tutti i terreni, dal 9° posto allo sprint al Gran Piemonte, al 12° sulla Planche des Belles Filles al Tour Alsace, ma ha anche l’occasione di fare uno stage alla Quick-Step. Il team belga ha adocchiato il giovane magiaro già da un po’ di tempo e, pur avendo deciso di lasciarlo un altro anno tra gli U23, verosimilmente farà di tutto per non farselo scappare in un prossimo futuro.

A fine stagione, inoltre, arriva l’ingaggio con la SEG Racing Academy, uno dei team Continental migliori su piazza. Peák è un diamante dal motore strepitoso, un 20enne capace di dare più di due minuti a tutti nella prova a cronometro del campionato nazionale ungherese, ma ha bisogno di un ulteriore step prima del passaggio al professionismo e non poteva capitare in un contesto migliore (citofonare a qualche ex SEG come Fabio Jakobsen o Edoardo Affini). Nel 2019, per lui, si prospetta un’annata da protagonista. Intanto, su Twitter, ci fa sapere che ha alzato al sella di 5 millimetri e che ora riesce a produrre 20/30 watt in più rispetto all’anno scorso.

Pioniere del ciclismo magiaro, László Bodrogi è a tutti gli effetti padre della nidiata che si sta affacciando al ciclismo in questi ultimi anni (foto @Jack Thurston [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)])
Ma Peák non è l’unico magiaro ad essere emerso sui palcoscenici internazionali, negli ultimi tempi, infatti, oltre a lui, anche il neoacquisto della CCC Development Team, Attila Valter, sta ottenendo grandi risultati. Coetaneo di Peák, Valter viene da Csömör, cittadina non troppo lontana dal confine con la Slovacchia. Inizia con la MTB, ma appena ha l’occasione di correre su strada dimostra subito di che pasta è fatto. Nel 2016, al secondo anno da junior, giunge quindicesimo al GP General Patton, gara a tappe internazionale ungherese. Durante la stagione seguente, la prima da U23, è 9° al Tour of Szeklerland, impegnativa 2.2 romena.

Nel 2018 l’esplosione definitiva. Valter vince entrambi i campionati nazionali U23, arriva tra i primi 10 ai campionati europei in linea e, soprattutto, giunge 3° nella tappa regina del Tour de Slovaquie. In un aspro arrivo che tira all’insù, solo due come Julian Alaphilippe e Ben Hermans riescono a metterselo dietro. La CCC fiuta l’occasione e lo mette sotto contratto poche ore dopo quel risultato strabiliante. Nel 2019 sarà uno dei nomi da tenere d’occhio nelle gare tappe e nelle classiche dure riservate agli U23.

I due sopraccitati, però, sono solo le punte di un movimento con un sostrato in continua crescita. Il classe ’96 Marton Dina, biker e compaesano di Attila Valter, ha iniziato il 2019 alla grande con un 3° posto al GP Gazipasa, 1.2 turca. L’anno scorso fu 8° agli Europei di Zlin e, prima o poi, troverà anche lui un ingaggio in qualche squadra professional o World Tour, dato che le qualità, specialmente quando la strada sale, non gli mancano.

Il boom del ciclismo magiaro, oltretutto, non è sfuggito all’occhio attento del duo Ivan Basso-Alberto Contador. La Kometa, infatti, ha dato vita a una partnership con la federazione ciclistica ungherese e, quest’anno, annovera tra le sue file tre giovanissimi magiari: Hunor Mate Kiss, classe ’99, Abel Meszaros, classe 2000 e Ferenc Szöllősi, classe ’98.  Nessuno dei tre sembra avere le doti di Peák o Valter, ma sono tre corridori che a livello continental non sfigurano per nulla. Il più talentuoso, ad ogni modo, sembrerebbe essere il più giovane, ovvero Meszaros. Nella sua ultima stagione da junior, Abel, è stato capace di conquistare podio finale e una tappa al Belgrade Trophy, gara serba internazionale.

L’ultimo nome che vale la pena citare è quello di Adam Kristof Karl. Classe 1999, con quel nome non poteva che essere uno sprinter. Karl nel 2018 correrà, per il secondo anno consecutivo, tra le file dell’U.C Monaco, la squadra monegasca che, spesso e volentieri, riceve gli inviti per le gare più importanti della categoria U23. L’anno scorso il magiaro ha preso parte al Giro U23 e si è piazzato due volte nei 10 al Tour de Hongrie. Il 2019, per lui, è iniziato nel migliore dei modi, con un 5° e un 6° posto di tappa al Tour de l’Espoir Blue, gara camerunense valevole per la Coppa delle Nazioni U23.

Con alfieri del calibro di Peák, Valter e Karl, l’obiettivo per il ciclismo ungherese, nel 2019, è ottenere un invito al Tour de l’Avenir. Tuttavia, se il movimento continua a crescere così velocemente e le giovani stelle mantengono quanto promettono, in futuro si potrà puntare ancora più in alto. Molto più in alto.

Immagine in evidenza: Par Granada — Travail personnel, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=73039600