Brandon McNulty: The Next Big Thing

La vittoria finale al Giro di Sicilia è stata rivelatrice.

 

Barney King è un coach di lunga data di USA Cycling. A febbraio 2015 si trova al via della crono di una gara nazionale dell’Arizona, la Valley of the Sun Race. Deve seguire le prestazioni di un giovane che gli hanno riferito avere del potenziale, tale Brandon McNulty. Il ragazzo, non ancora 17enne, partecipa alla prova junior. Userà una bici da strada con il 52×14 come rapporto massimo. Il regolamento vieta agli juniores di usare rapporti più lunghi.

La prestazione di McNulty è semplicemente mostruosa. Vince la gara con un tempo che gli sarebbe valso un posto in top-10 tra i professionisti. I quali, ovviamente, usano bici da cronometro e non da strada. La cosa ancor più incredibile, tuttavia, sono i dati del power meter del ragazzo: 380 watt in 30 minuti di sforzo. Alla sua età, illustri connazionali come TJ Van Garderen, Taylor Phinney e Lawson Craddock non andavano oltre i 340 watt su 30 minuti di sforzo.

McNulty è un ragazzo di Phoenix, longilineo e magro. Pesa all’incirca 68 kg ed è alto 183 cm. In bici riesce a fare fino a 12o pedalate al minuto. Comincia a correre a 9 anni, in mtb. A 11 le prime esperienze su strada. Da junior viene arruolato dalla californiana Lux-Specialized di Roy Knickman. Quest’ultimo, dopo averlo visto disintegrare i compagni in una crono di 8 miglia in California, lo mette in contatto con King.

In seguito alla prestazione alla Valley of the Sun Race, Brandon entra nel giro della nazionale statunitense juniores. Con essa può partecipare alle gare europee del calendario. Il primo appuntamento è la Corsa della Pace, in Repubblica Ceca, una delle corse più dure e prestigiose di categoria. Tra le file della nazionale a stelle e strisce, oltre a Brandon, ci sarà anche la stella indiscussa del movimento nordamericano: Adrien Costa. “The Next Big Thing”, lo chiamano.

A Doha, nel 2016, si laurea campione del mondo nelle prove contro il tempo tra gli juniores. ©Sean Rowe, Flickr

La prima tappa si conclude con una volata di 26 corridori. Primo il pistard Sergei Rostovcec, secondo l’oggi alfiere dell’Arkea Bram Welten e terzo il nostro Brandon. Il giorno seguente è prevista la cronometro. 11,2 km tra le strade di Trebenice. La prestazione che sforna McNulty è difficilmente tratteggiabile, tempi e distacchi sono autoevidenti. Conclude la crono in 13’55”, record all-time del percorso; il secondo, Adrien Costa, giunge a 29″, tutti gli altri prendono dai 44″ in su. Tappa e maglia. Restano tre tappe, ma solo una si frappone tra McNulty e la vittoria nella classifica generale: la frazione che prevede l’arrivo in salita a Zinnwald.

100 km di tappa con due passaggi sulla salita finale. Poche altre corse, a livello juniores, propongono qualcosa di simile. Adrien Costa fa il forcing già sul primo passaggio e alla sua ruota resistono solo il russo Nikolay Ilichev e il compagno McNulty. In vista dello scollinamento lo statunitense accelera di nuovo e Ilichev molla. Al contrario, McNulty tiene la ruota del compagno e si lancia in discesa insieme a lui. Sul secondo passaggio Brandon non molla e i due nordamericani arrivano in parata. A Costa la tappa, a McNulty la corsa.

La stagione di Brandon continua alla grande. A maggio vince la cronomentro della SPIE Internationale Driedaagse van Axel, mentre a luglio conquista due tappe al Tour de l’Abitibi. Piccola delusione, invece, ai Mondiali a Cronometro di Richmond, dove deve accontentarsi del terzo posto alle spalle del tedesco Leo Appelt e dell’amico-rivale Adrien Costa.

2016

Poco male, perché Brandon – ormai diventato a sua volta “The Next Big Thing” – si rifarà l’anno seguente. Il 2016 è un anno ricco di successi lui. Vince la classifica generale del Trofeo der Gemeinde Gersheim Juniors e del Tour de l’Abitibi. In quest’ultima, dopo aver perso la leadership nella penultima tappa, si inventa un attacco da lontano insieme al danese Mikkel Bjerg e al connazionale Kevin Goguen. Rifilano oltre due minuti a tutti, Bjerg si prende la tappa e McNulty la maglia. Poi, a settembre, in quel di Doha, nella prova a cronometro, rifila 35″ allo stesso Mikkel Bjerg e chiude la sua esperienza da junior vestendo l’iride.

©Granada, Wikimedia Commons

 

2017

Per il 2017 tutte le formazioni di sviluppo più importanti lo vogliono. In particolare la Axeon di Axel Merckx e la BMC Devo sono forti su di lui. Tuttavia, tra lo stupore generale, McNulty, consigliato da King e Knickman, decide di accasarsi in una continental statunitense: la Rally Cycling. Il motivo è presto detto, King vuole che McNulty cresca con calma, continuando a vivere in Arizona, con la sua famiglia, ancora per un po’. Accelerando il suo processo di crescita rischierebbe bruciarsi anzitempo. La Rally offre un ambiente famigliare, dove le pressioni sono ridotte e Brandon può migliorarsi con calma. Inoltre, vi milita un veterano come Danny Pate, il quale sarà un ottimo mentore per il giovane.

Il 2017 si apre con la vittoria nella prova riservata ai professionisti della cronomentro della Valley of the Sun Race. Tuttavia, la stagione non prosegue nel migliore dei modi. La Rally ha in programma una lunga trasferta europea tra febbraio e aprile. McNulty parte anch’egli alla volta del vecchio continente. La prima gara in programma è la Volta ao Alentejo, in Portogallo. Durante la terza tappa, due corridori proprio dinnanzi a lui si agganciano e cadono, tirandolo giù con loro. Brandon finisce la frazione, nonostante il dolore, ma poi va in in ospedale e scopre di essersi fratturato l’anca. Deve prendere il primo aereo per gli Stati Uniti.

La delusione è tanta, ma McNulty è un ragazzo dalla forza mentale già comprovata, e ne dà ancora dimostrazione. Lavora duro e per fine maggio può tornare in sella. Prima fermata Redlands Classic, una corsa a tappe statunitense. Nel prologo è quinto, nella tappa seguente, la più dura, addirittura 3°. Conclude la gara in 2° posizione, non male per uno che arrivava da tre mesi di inattività.

Nel prosieguo di stagione, Brandon McNulty vince il prologo della North Star GP, nel Minnesota, registrando il record del percorso e partecipa a varie prove dei campionati nazionali statunitensi. Nella crono elite parte per vincere, ma crolla dopo un buon inizio. Si scoprirà, più avanti, che la notte prima era stato male. In quella riservata agli U23, invece, sbaraglia la concorrenza.

La Rally UCH Cycling, la squadra di Brandon McNulty. ©Rally UHC Cycling, Twitter

La prestazione più ecletante, tuttavia, la fa nella prova criterium (per criterium si intendono circuiti che vanno dai 2 ai 5 km, nda). Solo un giorno dopo aver vinto la crono U23, peraltro. Brandon McNulty attacca poco dopo il via e viene ripreso solo a due giri dalla fine. Il giovane statunitense, oltretutto, resta a lungo da solo in testa alla gara. Un corridore della Jelly Belly a un certo punto lo raggiunge, ma dopo pochi giri deve alzare bandiera bianca, annichilito dal ritmo infernale imposto dal giovane statunitense. Se i suoi compagni nel gruppo inseguitore si fossero impegnati maggiormente a rompere i cambi, probabilmente McNulty sarebbe riuscito a compiere un’impresa incredibile.

A fine luglio 2017 Brandon torna in Europa, al Tour Alsace. Pronti via e vince la cronosquadre inaugurale insieme a Ian Garrison e Michael Hernandez. Dopodiché, arriva a ridosso dei migliori nelle due durissime tappe di montagna con arrivo a La Planche des Belles Filles e Lac Blanc. A fine gara sarà terzo, battuto solo da Lucas Hamilton e Carl Fredrik Hagen. Un risultato strepitoso considerato che non aveva mai corso una gara di tale livello, se si escludono i tre giorni in Alentejo.

Da quel momento in poi, Brandon McNulty smette di gareggiare e si allena senza sosta. Salta anche il Tour de l’Avenir. Ha un obiettivo: il mondiale a crono U23 di Bergen. La prestazione di McNulty sulle strade norvegesi sarà ottima, ma gli vale solo il secondo posto. C’è un corridore che ha fatto meglio di lui: Mikkel Bjerg. I valori tra i due, rispetto a Doha, si sono rovesciati. Questo, probabilmente, è dovuto al fatto che ora non sono più costretti a gareggiare col 52×14 e il più pesante Bjerg, potendo tirare rapporti più lunghi, riesce a far valere al meglio tutta la sua potenza.

2018

Il 2018 di McNulty inizia ad Hatta Dam, al Dubai Tour. L’alfiere della Rally (la quale, nel frattempo, è diventata professional) sta portando a compimento una lunghissima fuga, mancano 200 metri al traguardo, ha ancora una 15ina di secondi sul gruppo. All’imbocco dell’ultima curva già alza il braccio in segno di vittoria. Quando gira l’angolo, tuttavia, si ritrova dinnanzi a sé la durissima rampa che porta al traguardo. Brandon si pianta di colpo e viene superato. Il sogno della prima vittoria da pro svanisce così, nel modo più beffardo.

Ad inizio aprile torna in Europa e si mette subito in luce. 15esimo al Gp Miguel Indurain, 11esimo al GP Primavera, 5° al GP Beiras con un 2° posto nella tappa regina, ove stacca tutti, ma viene battuto dal fuggitivo Mario Gonzalez. In vista del primo vero obiettivo stagionale, il Tour of California, partecipa anche alla Vuelta a Castilla y Leon, dove conclude 17esimo in classifica generale.

Ancora al campionato del mondo di Doha 2016. ©Sean Rowe, Flickr

Il Tour of California è la prima corsa World Tour della carriera di Brandon McNulty. Nella seconda tappa, con arrivo in salita a Gibraltar Road, è 13° a poco più di un minuto dal vincitore Bernal. Nella cronometro, dopo essere partito forte tanto da superare l’italiano Nicola Conci, fora e deve accontentarsi un un 24esimo posto a 1’43” da TJ Van Garderen che giunge primo. Nonostante la sfortuna, Brandon scala posizioni in classifica generale e si porta al 7° posto.

Si giunge, così, alla tappa regina: quasi 200 km da Folsom a South Lake Tahoe. E 7 GPM, tra cui il più insidioso, il penultimo, il Daggett Summit: quasi 13 km al 6%. Qua McNulty si stacca presto insieme al compagno Britton e sale del suo passo. Davanti la Sky lancia Bernal che annichilisce tutti gli altri big al via, inclusi Adam Yates, Majka e Van Garderen. Quando i primi inseguitori del colombiano stanno scollinando, una freccia arancione balza su di loro a velocità tripla. Si tratta di Brandon McNulty.

Al traguardo, posto sull’ultimo GPM di giornata, McNulty è 4° a 1’33” da Bernal. Lo precendono di una manciata di secondi Adam Yates e Tao Geoghegan Hart. Dietro di lui, staccati, giungono corridori come TJ Van Garderen, Rafal Majka e Dani Martinez. Successivamente, conclude il California al 7° posto, primo di una non World Tour.

In seguito al secondo podio consecutivo al Tour Alsace, McNulty partecipa al Tour de l’Avenir come leader della selezione americana. Nel primo arrivo in salita in programma, a Méribel, risponde agli attacchi di Ivan Sosa e arriva a giocarsi lo sprint con il colombiano e Tadej Pogacar. Brandon lancia la volata e a pochi metri dal traguardo, sicuro del successo, alza le braccia. Errore fatale. Sosa lo passa e gli sfila il successo.

Due giorni dopo, nella tappa di montagna con arrivo a Val d’Isére, Brandon fora sulla salita di Cotes des Chapelles. Nonostante sia solo, non si dà per vinto e si lancia in un lungo inseguimento solitario. Riesce a rientrare, ma ha speso troppo e sulla salita finale, mentre Pogacar si invola a sigillare il successo finale, crolla e il suo Avenir finisce là. Senza sfortuna avrebbe potuto contendere il successo allo sloveno. La gara a tappe francese lo prosciuga e ai Mondiali non riesce a essere della partita né a cronometro né in linea. Sono le prime grosse delusioni per un corridore abituato a vincere da sempre.

©Ray Rogers, Flickr

2019

E il 2019 non inizia meglio. McNulty giunge solo 9° in un Tour de l’Oman con una startlist decisamente debole. Da un corridore che ha fatto 7° al California ci si aspetta di più.

Tuttavia, come scritto in precedenza, Brandon non è uno che si arrende facilmente. Anzi. Lo statunitense si rimbocca le maniche e dopo essere stato fermo per oltre un mese si presenta al via del neonato Giro di Sicilia con un solo obiettivo: vincere.

McNulty non fallisce nel suo intento e conquista quel successo che lo presenta, finalmente, al grande pubblico. Nella tappa di Ragusa, in una giornata da tregenda, si inventa un numero da fenomeno vero, quale egli è. Sotto la pioggia battente, dopo aver dimostrato di avere una gran gamba in salita, attacca in un falsopiano, a circa 10 km dall’arrivo. Ci prova una, due, tre volte, alla fine riesca ad andare. Raggiunge Juanpe Lopez che si era mosso in precedenza lo svernicia letteralmente. Lo spagnolo non riesce a seguirlo. Dopo aver pennellato alla perfezione tutte le curve in discesa ed essersi destreggiato nell’insidioso centro cittadino, si presenta all’imbocco dello strappo finale. Stavolta non si pianta e prosegue il suo volo fino al traguardo. Game, set, match. Tappe e maglia. I primi inseguitori arrivano a 56″.

Nella tappa conclusiva, sull’Etna, è normale amministrazione. La Rally (in particolare un gigantesco Colin Joyce) lo spalleggia alla grande e quando Guillaume Martin attacca, Brandon, con molta calma, va a riprenderlo salendo del suo passo, senza strafare. Poi si mette in testa al gruppo e prosegue del suo, fino al traguardo. Martin, che ha capito che non può detronizzarlo, si limita a fare uno scatto a 1,5 km dalla fine per prendere la vittoria parziale. La generale è di Brandon McNulty. Il Giro di Sicilia è la prima corsa a tappe vinta dallo statunitense tra i professionisti. E se tutto va come deve andare, sarà la prima di tante.

 

Foto in evidenza: ©Rally UHC Cycling, Twitter