Charly Gaul è stato uno dei più grandi scalatori di sempre.
Nato a Pfaffenthal, quartiere centrale del Lussemburgo, Charly Gaul è stato uno dei migliori scalatori puri mai saliti su una bicicletta. In un’ipotetica classifica dei più grandi grimpeur di tutti i tempi, probabilmente si gioca il primo posto con Marco Pantani e Gino Bartali. Brevilineo di un metro e settantaquattro per sessantaquattro chili, Gaul ha scritto alcune delle pagine più belle nella storia di Giro d’Italia e Tour de France. Oltretutto, Charly, nel corso della sua carriera, non si è limitato a primeggiare in montagna, ma è stato capace di duellare con Jacques Anquetil a cronometro e si è anche cimentato, con ottimi risultati, nel ciclocross.
L’incontro tra Gaul e il ciclismo avvenne quando questi era già abbastanza grande. Il lussemburghese, infatti, partecipa alla sua prima gara ufficiale nel 1949. Ha sedici anni e milita nel Velo Club di Huncherange, sodalizio nel quale è entrato grazie al suo scopritore Pierre Clemens. Clemens, professionista negli anni ’30 capace di cogliere anche un quarto posto al Tour de France, aveva visto Gaul pedalare ed era rimasto estasiato. Lo incantava il modo in cui quel ragazzo dal viso angelico danzava sulla bicicletta.
Il telento di Gaul è subito evidente a tutti e la vittoria non tarda ad arrivare. Tre mesi dopo il suo esordio nella categoria junior, infatti, conquista il Grand Prix de Schuttrange. Una gara che si svolgeva nelle Ardenne, tra le ripide colline tipiche di quella terra. Nel 1950 passa tra le file del V.C. Bettembourg. In quell’annata arrivano i primi risultati veramente importanti. Nel campionato nazionale Elite di ciclocross, ad esempio, è quarto. Oltretutto, quel piazzamento è il risultato di uno sprint con altri tre atleti: nessuno lo aveva staccato.
A giugno, inoltre, coglie anche il primo dei suoi due successi al GP General Patton. Essa è una brevissima corsa a tappe di due giorni. Si svolge ancora oggi e attualmente è esclusiva della categoria junior, mentre ai tempi di Gaul era aperta a tutti i non professionisti. Infatti, Charly la rivincerà anche l’anno successivo. Peraltro, in quell’occasione batté un azzurro, Renzo Accordi, di due anni più vecchio di lui.
Il 1951, che rappresenta la stagione del passaggio di Gaul tra i dilettanti, vede il lussemburghese esplodere definitivamente. Oltre al General Patton, infatti, vince anche la Flèche du Sud e il Tour des Douze Cantons, ambedue gare molto prestigiose del Granducato. Nella seconda, oltretutto, conquista anche una prova a cronometro, dimostrandosi molto forte contro le lancette nonostante il fisico esile. Questi risultati gli valgono la convocazione in nazionale per il prestigioso Giro d’Austria. La corsa austriaca, nata da appena due anni, è già uno degli appuntamenti più sentiti del calendario dilettantistico.
Al Giro d’Austria Gaul trova, per la prima volta, quello che sarà il suo terreno d’elezione: la montagna. Sul Grossglockner, erta simbolo della gara austriaca affrontata anche al Giro d’Italia 2011, Gaul lascia tutti a bocca aperta. Dà il via alle danze all’inizio di quell’interminabile erta di venticinque chilometri e in un attimo fa il vuoto. Il lussemburghese sale con il suo stile unico, fatto di lunghissime progressioni col rapporto corto, e rifila cinque minuti ai primi inseguitori. Non sazio, abbassa anche di cinque primi il record di scalata.
È l’impresa che rivela a tutto il mondo il talento di Charly Gaul. Nonostante ciò, alla fine dovrà accontentarsi del terzo posto in classifica generale. Lo batte l’idolo locale Franz Deutsch, uno di quei corridori fortissimi ma completamente dimenticati poiché hanno sempre corso alla periferia del ciclismo che conta. E dire che una volta fece un numero unico nella storia delle due ruote: vinse una gara facendosi centonovantacinque chilometri di fuga solitaria scolandosi, nel mentre, la bellezza di sei birre. L’austriaco ha quattro anni in più di Gaul e la differenza si fa sentire tutta. Anche l’anno successivo, infatti, il futuro Angelo della Montagna dovrà accontentarsi di arrivare sul podio, alle spalle di Deutsch, al Giro d’Austria.
Gaul era probabilmente pronto per il passaggio al professionismo nel 1952, ma il servizio militare lo costringe ad aspettare il 1953. Pronti, via, e ottiene subito ottimi risultati. Spiccano il terzo posto al Giro del Lussemburgo e il secondo al Giro del Delfinato. È il 1954, però, la stagione che mette definitivamente il grimpeur del Granducato sulla mappa. Charly inizia l’annata alla grande vincendo il titolo nazionale nel ciclocross. Dopodiché, domina il Circuito della Sei Province e coglie anche una bella vittoria di tappa al solito Delfinato. Saranno i Mondiali di Solingen, tuttavia, a renderlo un nome noto a tutti gli appassionati.
Il percorso proposto nella città tedesca, maggiormente nota per le sue acciaierie, è veramente durissimo. Gaul, quel giorno, è scatenato. Attacca e porta via un drappello comprendente anche Coppi, Bobet, Anquetil e Schaer. Strada facendo, inoltre, questi cinque assorbono anche i due fuggitivi di giornata: il francese Robert Varnajo e l’azzurro Michele Gismondi. A quattro giri dalla fine, l’Airone porta il suo attacco e solo Gaul riesce a rispondergli. In testa si forma una coppia da sogno. Coppi, tuttavia, non ha voglia di affrontare il lussemburghese in quello che sarebbe stato un epico scontro generazionale e si rifiuta di collaborare.
Bobet, così, raggiunge i due insieme a Schaer e li trafigge in contropiede. Ironia della sorte, inoltre, Gaul e Coppi si agganciano e il lussemburghese cade. Tornato in bici, Gaul riparte e stacca l’Airone. Tuttavia, ormai i primi due sono troppo lontani e il futuro Angelo della Montagna deve accontentarsi del bronzo. Ad ogni modo, Charly quel giorno si dimostrò il più forte in salita e, in un certo senso, possiamo dire che fu la gara che segnò il passaggio di testimone tra un ormai declinante Coppi e il neanche ventiduenne Gaul.
Il 1955 è l’anno in cui Gaul inizia a primeggiare anche nelle grandi corse a tappe. A luglio partecipa al Tour de France e vive una prima settimana molto complicata, in cui lascia per strada diverse decine di minuti. Quando, però, arrivano le Alpi, la musica cambia decisamente. Nella nona frazione, duecentocinquantatré chilometri da Thonon-les-Bains a Briançon, Gaul attacca sul Col du Télégraphe. Nessuno riesce a rispondergli e in cima alla salita l’Angelo della Montagna ha già cinque minuti sui primi inseguitori. Nell’ascesa successiva, il Galibier, Charly insiste nella sua azione e il vantaggio aumenta sempre più. Il lussemburghese, quel giorno, vince la sua prima tappa alla Grande Boucle. Alle sue spalle giunge un drappello composto da Bobet, Fornara, Kübler, Coletto, Gelabert, Vitetta e Brankart. Il distacco finale tra quel plotoncino e il grimpeur del Granducato è di 13’47”.
In un colpo solo, con quel numero, Gaul passa dal trentasettesimo al terzo posto. Il giorno seguente, nella Briançon-Monaco, l’Angelo della Montagna ci riprova. Attacca e stacca nuovamente tutti, ma, successivamente, cade in discesa e arriva al traguardo malconcio a 3’36” dal vincitore, Raphaël Géminiani. Si rifarà sui Pirenei, ove conquista la diciassettesima frazione, la Toulouse-Saint-Gaudens, arrivando, ovviamente, in solitaria. Bobet è secondo a 1’24”, mentre terzo giunge Giancarlo Astrua a 3’18”. L’Angelo della Montagna concluderà la Grande Boucle del 1955 in terza posizione, a 11’30” dal vincitore Louison Bobet. Al suo primo podio sulle strade francesi, oltretutto, aggiunge anche la classifica dei gran premi della montagna.
Il 1956 è l’anno che vede Gaul sbarcare in Italia, tra le file della Faema. Nel belpaese, che vive la fase di transizione tra il dopoguerra e il boom economico, il grimpeur lussemburghese diventa molto presto un’icona pop. In gruppo è un taciturno e ha ben pochi amici, tra cui Nencini e l’altro grande scalatore di quell’epoca, Federico Bahamontes. Tra i fan, però, spopola. Lo ama il pubblico femminile, incantato dalla sua faccia d’angelo. E lo ama quello maschile, che nelle sue imprese rivede quelle di Coppi e Bartali. È nello stivale che nasce veramente il mito dell’Angelo della Montagna.
Il Giro d’Italia del 1956 è la gara della consacrazione per Gaul. Quella corsa rosa, tuttavia, è per larghi tratti avara di soddisfazioni per il grimpeur del Granducato. A lungo, infatti, il Giro vede dominare il novarese Pasquale Fornara. Fornara, passista-scalatore di grande classe che nel palmarès vanta ben quattro Giri di Svizzera (è un record), prende la maglia rosa dominando la cronometro di Lucca. Nessuno, quel giorno, riesce a contenere il distacco dal piemontese sotto il minuto e Charly non arriva nemmeno tra i primi dieci.
Il lussemburghese, nel mentre, coglie un paio di successi parziali. Il primo nella settima frazione, la Pescara-Campobasso, quando va all’attacco da lontano con Bruno Monti, lo stacca e trionfa anticipando il ritorno del neerlandese Wout Wagtmans. La seconda, invece, nella cronoscalata del San Luca, ove vince il braccio di ferro con l’amico-rivale Bahamontes. Il nativo del Granducato, tuttavia, non incide laddove era più atteso. Nella tappa che da Sondrio porta a Merano, l’Angelo della Montagna si muove sullo Stelvio con Bahamontes, ma i due non guadagnano abbastanza in salita e nella lunga discesa vengono inghiottiti dal gruppo. All’indomani, alla partenza della Merano-Monte Bondone, siede solamente al ventiquattresimo posto in classifica generale. Il suo distacco da Fornara è di ben 16’50”. Per lui sembrano non esserci chance.
Tuttavia, l’8 giugno 1956, Gaul regala una di quelle imprese che lo hanno consacrato come uno dei più grandi artisti nella storia del pedale. La tappa, con arrivo, appunto, sul Monte Bondone, misura ben duecentoquarantadue chilometri. Lungo il percorso sono disseminate anche Costalunga, Rolle e Broccon. Il Giro vive una giornata da tregenda. Una tormenta di neve si abbatte sui corridori. Fornara sarà addirittura costretto al ritiro in stato di semi assiderazione. Gaul, invece, in quell’inferno si esalta. L’Angelo della Montagna attacca già sul Costalunga; poi, nelle erte successive, continua imperterrito nella sua azione.
La giornata che vive il gruppo è surreale. La selezione è nettissima. In tanti si ritirano, alcuni cercano riparo nelle baite e anche in qualche casa di montagna. Gaul, invece, spicca il volo. Arriva per primo in cima al Bondone, viene avvolto in delle coperte portate da alcuni militari e portato via. Non ha più nemmeno la forza di sorridere, ma il Giro è suo. Il secondo, Alessandro Fantini, giunge a 7’44”. Il grande Fiorenzo Magni è terzo a 12’15”. Solo otto atleti arrivano entro i venti minuti dal grimpeur del Granducato. E solo in venti concludono la tappa.
Learco Guerra definirà quell’impresa «il capolavoro di un autentico fuoriclasse». L’immagine degli occhi azzurri di Gaul che sbucano tra un mare di neve diventa ben presto un’icona dell’Italia di fine anni ’50. Charly ha definitivamente conquistato il cuore dei tifosi. Le ultime due frazioni sono una mera passerella e Gaul conquista la sua prima corsa rosa con 3’27” su Fiorenzo Magni e 6’53” su Agostino Coletto.
Partecipa, successivamente, anche al Tour de France. L’inizio di Grande Boucle, tuttavia, è tragico per il lussemburghese. Vince la prima semitappa del quarto giorno, una cronometro di quindici chilometri, ma nel resto della settimana inagurale perde ben trenta minuti dai migliori. Si rifarà, ad ogni modo, trionfando nella diciottesima frazione, duecentocinquanta chilometri da Torino a Grenoble. Stacca tutti in salita e rifila 3’22” a Ockers, secondo, e oltre sette al gruppo di Nencini e Bahamontes. A fine gara, inoltre, riconquista anche la classifica dei gran premi della montagna.
Il 1957 è l’anno nero di Gaul. Si presenta al Giro da grande favorito e mette subito tutti in fila in una cronometro di trenta chilometri che da Verona porta a Bosco Chiesanuova. Solo Géminiani, giunto a 57″, continene il distacco sotto il minuto. Nella sedicesima tappa conquista la maglia rosa e per lui sembra fatta. In salita è inattaccabile. Tuttavia, nella diciottesima frazione che arrivava sul Monte Bondone, si ferma a fare un bisogno quando al traguardo mancano ancora molti chilometri. Bobet non si lascia sfuggire l’occasione e lo attacca, seguito da Nencini. Quel tiro mancino risulterà decisivo, poiché Charly vive una giornata storta e perde maglia, Giro e financo il podio. Ad ogni modo, il giorno seguente, a Levico Terme, conquista la tappa e aiuta l’amico Nencini, che aveva preso la maglia rosa, a difendersi dagli attacchi di Bobet.
Il Tour de France, oltretutto, va ancora peggio, dato che il lussemburghese è costretto a ritirarsi nel corso della seconda tappa. Archiviato un 1957 da dimenticare, Gaul inizia il 1958 voglioso di rifarsi. Al Giro d’Italia torna nuovamente a battersi per la rosa. L’assoluto protagonista, però, stavolta è un altro: Ercole Baldini. L’Elettrotreno di Forlì, già terzo l’anno prima, sta vivendo la sua stagione d’oro. Conquisterà la corsa rosa, dominando le cronometro, e, in seguito, anche il Mondiale.
Gaul, nel primo arrivo in salita, a Superga, perde il duello con Bahamontes. D’altronde i due lo hanno sempre detto che il lussemburghese era superiore nelle frazioni con più ascese, ma lo spagnolo primeggiava in quelle in cui si affrontava una sola erta. Il grimpeur del Granducato conquista il primo e unico successo parziale, in quell’edizione della corsa rosa, in una cronometro di dodici chilometri che portava a San Marino (stesso arrivo del Giro 2019). In classifica generale coglie il terzo posto a 6’07” da Baldini.
La versione un po’ opaca dell’Angelo della Montagna vista al Giro del 1958, verrà, tuttavia, sostituita da una decisamente più in palla alla Grande Boucle. Il Gaul che si vedrà al Tour de France di quella stagione, infatti, è probabilmente il migliore della carriera. Nei primi giorni il lussemburghese soffre a causa del caldo che mai ha realmente digerito. Tuttavia, all’ottava tappa, una cronometro di quarantasei chilometri tra le strade di Châteaulin, piazza il colpaccio. Il nativo del Granducato, infatti, conquista la prova precedendo di appena 7″ il grande specialista e vincitore uscente del grande giro francese, Jacques Anquetil.
Anquetil, uno che ha buone ragioni per essere considerato il più grande cronoman di tutti i tempi, è esterrefatto. Dichiarerà ai giornali francesi che mai avrebbe pensato che Gaul potesse batterlo. Il lussemburghese, ad ogni modo, preferisce tenere coperte le altre carte ancora per un po’. Sui Pirenei, mentre Bahamontes vince a Bagnères-de-Luchon e Vito Favero conquista la gialla, Charly si limita a studiare gli avversari. La situazione non cambia fino alla diciottesima tappa. Si tratta di una cronoscalata e l’arrivo è posto in cima al Mont Ventoux.
Ovviamente è chiaro a tutti che sarà teatro di un duello tra l’Angelo della Montagna e l’Aquila di Toledo. Per via del caldo torrido che pervade il Monte Calvo, in molti vedono favorito Bahamontes. Gaul, però, abbina alle doti in salita delle qualità di cronoman decisamente superiori. E questo fa la differenza. Il grimpeur del Granducato vince con 31″ di vantaggio sul castigliano. Il terzo, Jean Dotto, giunge a 2’53” da Charly. I primi due hanno fatto un altro sport.
A fine tappa Gaul si trova al terzo posto in classifica generale, con un distacco di 3’46” dal leader Géminiani. In mezzo tra i due c’è ancora Favero. Il dì seguente, nella Carpentras-Gap, tuttavia, il lussemburghese subisce un’autentica batosta. Il clima è rovente, in tutti i sensi. Géminiani attacca seguito da Anquetil e Nencini, che vince la tappa. Charly soffre il caldo asfissiante e crolla. Arriva al traguardo a 11′ dai primi. Il suo Tour sembra finito là.
Nemmeno nella prima tappa alpina, la Gap-Briançon di centosessantacinque chilometri, Gaul sembra in grado di rovesciare le sorti della sua Grande Boucle. Bahamontes attacca sull’Izoard e fa il vuoto. Arriverà al traguardo a braccia alzate. Charly, invece, soffre ancora ed è solo ottavo a 4’17” dall’Aquila di Toledo. In classifica generale il suo distacco da Géminiani supera i 16′: oggettivamente, per lui sembra finita.
Il giorno successivo, tuttavia, qualcosa cambia. Va in onda la frazione più dura di quella Grande Boucle, la Briancon-Aix-les-Bain di duecentodiciannove chilometri. Si affrontano il Lautaret in partenza e, in seguito, il Luitel, il massiccio delle Chartreuse, il Porte, il Cucheron e il Granier. Il caldo afoso, inoltre, lascia spazio a tutt’altre condizioni. Il cielo la mattina è terso e sulle Alpi francesi fa decisamente freddo. L’ideale per Charly Gaul. L’Angelo della Montagna lo sa bene e si esalta già sul Luitel, quando parte all’arrembaggio.
Gli avversari pensano a un attacco per conquistare il GPM. Ma Gaul sale come una moto. Vuole ribaltare il Tour. Bahamontes lo segue, mentre il vento diventa man mano più gelido. Dietro, Géminiani litiga con Bobet e l’inseguimento ai primi si fa sempre più complesso. Sul Porte una tempesta si abbatte sulla gara. Gaul si scatena; al contrario, invece, a Bahamontes si spegne totalmente la luce. Va in crisi nera anche Anquetil, mentre il distacco tra il battistrada e gli inseguitori si dilata a dismisura.
Gaul vince la tappa con 7’50” sul belga Jan Adriaensens. Vito Favero è terzo a 10’09”. Géminiani giunge al traguardo a 14’35”, mentre Nencini e Bobet subiscono un passivo di oltre 19′. In classifica generale, Gaul risale fino al terzo posto. La maglia gialla passa sulle spalle di Favero, che guida con 39″ su Géminiani e 1’07” sull’Angelo della Montagna.
Si arriva con questa situazione al penultimo giorno, quando va in onda una cronometro che da Besançon va a Digione. Sono ben settantaquattro chilometri, una distanza totalmente sconosciuta ai corridori odierni. Charly plana lungo quelle strade e conquista addirittura la vittoria di tappa. Il lussemburghese rifila 48″ a Nencini, secondo. Soprattutto, però, dà ben 3’03” a Géminiani e 3’17” a Vito Favero. La Grande Boucle è sua. Ancora una volta, l’Angelo della Montagna ha vinto un grande giro grazie a una portentosa rimonta.
Nel 1959 Charly Gaul mette la ciliegina sulla torta di una carriera magnifica. Sono gli anni in cui il Giro non ha veramente nulla da invidiare al Tour de France. Tra le due corse vi è un equilibrio perfetto, dovuto anche al fatto che il Tour è ancora gara per nazionali. Ciò, sostanzialmente, vuol dire che la corsa rosa è l’obiettivo più importante della stagione per i club, i quali vi portano tutti i loro corridori migliori. Nel 1959, al via del grande giro che si svolge nel belpaese, ci sono Anquetil, Van Looy, Nencini, Baldini e, ovviamente, Gaul.
Il grimpeur lussemburghese, peraltro, partecipa al Giro con una nuova squadra: la Emi. Il sodalizio nasce proprio attorno al fenomeno lussemburghese e rappresenta un autentico momento di svolta nella storia del pedale. Emi è un produttore di materiale elettrico ed editore musicale. Fa parte di quella nouvelle vague di sponsor che entrarono nel ciclismo a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. È il momento del boom economico e, per la prima volta nella storia, non sono solo i produttori di biciclette a investire nel ciclismo professionistico. La maglia a righe blu con i diamanti bianchi contenenti la scritta EMI piazzati su torace e spalle è tutt’oggi una delle più iconiche mai apparse.
Il Giro, ad ogni modo, inizia nel segno di Jacques Anquetil. Il francese, infatti, domina la cronometro del secondo giorno, ventidue chilometri tra le strade di Salsomaggiore Terme. Gaul è ottavo a 1’30”. È un Sultano decisamente più in forma rispetto a quello visto al Tour del 1958. Il grimpeur lussemburghese, tuttavia, incassa il colpo e lo rispedisce al mittente appena un giorno dopo.
La terza tappa del Giro 1959 prevede la scalata dell’Abetone. Gaul è incontenibile e stacca tutti. Jos Hoevenaars è secondo a 21″, mentre terzo giunge Rik Van Looy, il quale cede 41″. L’Imperatore di Herentals si è preparato benissimo per quest’edizione della corsa rosa. Vuole smentire tutti quelli che dicono che non possa vincere un grande giro. Anquetil, invece, perde oltre due minuti. L’Angelo della Montagna è la nuova maglia rosa.
È un Giro ricco di colpi di scena. Van Looy e Anquetil attaccano Gaul già nella Arezzo-Roma, tappa vallonata di duecentoquarantatré chilometri. Il sole quel giorno è cocente. La Emi si squaglia, ma Charly riesce a difendersi lo stesso. Alla fine Rik II vince la tappa regolando allo sprint un drappello di cinque atleti. L’Angelo della Montagna, ad ogni modo, dà una nuova mazzata ai rivali appena due giorni più tardi. Teatro della prova di forza del grimpeur del Granducato è una cronoscalata del Vesuvio di otto chilometri. Il lussemburghese vince con 37″ su Guido Boni, secondo. Anquetil è quinto a 52″, mentre Van Looy subisce un passivo abbondantemente superiore al minuto.
Sul Vesuvio, oltretutto, farà un record di scalata che durerà fino agli anni ’90. Il tutto con anche qualche noia a una gamba. Anquetil subisce il contraccolpo psicologico e il giorno seguente, nella cronometro di trenta chilometri di Ischia, fa una prestazione al di sotto dei suoi standard. Il Sultano giunge solamente secondo, a 52″ dal vincitore Nino Catalano. Gaul perde dal transalpino appena 22″. Ma il Giro è ancora lungo e pieno di insidie. Inoltre, Anquetil è un fenomeno dalla classe infinita. Per il lussemburghese la vittoria è ancora lontana.
Nella Napoli-Vasto, vinta da un arrembante Gastone Nencini, Gaul è vittima di una brutta caduta. Tuttavia, grazie a un grande gesto tecnico, riesce a rientrare sul gruppo di Anquetil. Il Sultano, però, non si scoraggia e approfitta di ogni momento per mettere in difficoltà l’avversario. Jacques guadagna sul rivale sia a San Marino che a Bolzano, ove gli strappa la maglia rosa. Successivamente, vince la cronometro di cinquantuno chilometri da Torino a Susa. Gaul si difende bene ed è quarto, ma perde comunque 2’01”. Qualcuno parla di colpo del kappaò, ma la storia di Gaul ci insegna che è capace di rimontare anche in situazioni ben peggiori.
Nella penultima frazione, la Aosta-Courmayeur di ben duecentonovantasei chilometri, Gaul fa l’ennesima grande impresa. All’interno del tracciato sono presenti Grande San Bernardo, Forclaz e Piccolo San Bernardo. Probabilmente parlare della tappa più dura nella storia del Giro d’Italia non è sbagliato. Stavolta, tuttavia, l’Angelo della Montagna resta sulla difensiva a inizio frazione. Si muove solo sul Piccolo San Bernardo, ove, però, il suo attacco riduce in poltiglia il gruppo dei big in un attimo.
Molla Nencini, molla Van Looy, Anquetil va in crisi nera. Solo il veneto Imerio Massignan, uno dei grimpeur più sottovalutati di tutti i tempi, riesce a tenergli testa. Gaul vince con 36″ su Massignan, 3’46” su Graziano Battistini, 3’57” su Gastone Nencini, 5’18” su Rik Van Looy e molti di più su uno spento Anquetil. L’Angelo della Montagna conquista così il suo secondo Giro d’Italia davanti proprio a Jacques Anquetil, il quale deve accontentarsi della piazza d’onore.
Gaul, dopo quel trionfo, raggiunge l’apice della sua popolarità in Italia. Il belpaese lo ha adottato. Ormai nello Stivale lo amano più che in Lussemburgo. Nemmeno i corridori locali possono vantare un seguito paragonabile al suo. Successivamente, si presenta anche al Tour de France, ma non riesce a ripetere quanto fatto l’anno prima.
Il caldo asfissiante di quel torrido luglio esalta il rivale Bahamontes e trafigge Gaul. L’Angelo della Montagna crolla in una frazione sulla carta non troppo impegnativa, la Albi-Aurillac, nella quale perde oltre 20′ dai più forti. In montagna si dimostra comunque al livello dell’Aquila di Toledo, ma quello svantaggio è troppo pesante anche per lui. Si dovrà accontentare di un successo nella diciasettesima tappa, la Saint-Étienne-Grenoble, al termine di un arrivo a due proprio con Bahamontes. Conclude la Grande Boucle in dodicesima posizione.
L’inizio degli anni ’60 coincide con l’inizio del declino di Charly Gaul. Al Giro d’Italia, Anquetil si prende la rivincità. Il francese è straripante nella cronometro di Lecco di sessantaquattro chilometri. Vince rifilando 1’27” a Baldini, secondo, e 3’25” a Ronchini, terzo. Gaul è decimo a 6’50”. In montagna Gaul fatica a fare la differenza e il rivale principale di Anquetil diventa Nencini.
Nella penultima tappa, la Trento-Bormio di duecentoventinove chilometri, Gaul stacca Anquetil e Nencini sul Gavia, ma, a sua volta, perde le ruote di Imerio Massignan. Tuttavia, la dea bendata quel giorno si schiera dalla sua parte. Il grimpeur veneto, il quale in cima al Gavia ha tre minuti di vantaggio su Gaul e sembra poter anche ribaltare il Giro, fora due volte in discesa. Alla fine, l’Angelo della Montagna lo riprende, lo stacca e conquista la tappa e anche il terzo posto finale alle spalle di Anquetil e Nencini.
Nel 1960 Gaul salta il Tour de France. Anche perché aveva già corso due settimane di Vuelta per preparare il Giro. Concluderà la stagione con un buon settimo posto al Mondiale. Nel 1961, l’Angelo della Montagna vive la sua ultima, vera, stagione ad alti livelli. Al Giro è quarto, preceduto, nell’ordine, dalla sorpresa Arnaldo Pambianco, da Jacques Anquetil e dallo spagnolo Antonio Suárez. Al penultimo giorno di gara, inoltre, nella Trento-Bormio di duecentosettantacinque chilometri, regala la sua ultima impresa nella corsa rosa.
Gaul attacca sullo Stelvio, alla sua maniera, e stacca tutti. Arriverà a braccia alzate al traguardo. Pambianco, che sigilla il successo finale, è secondo a 2’07”. Anquetil, Suárez e Carlesi subiscono un passivo di poco superiore ai 3′. Tutti gli altri giungono a oltre quattro primi. Con quel numero, l’Angelo della Montagna passa dalla decima alla quarta posizione.
Successivamente, alla Grande Boucle, va in scena l’ennesimo duello con Jacques Anquetil. Il transalpino parte fortissimo dominando la seconda semitappa del primo giorno, una cronometro di ventotto chilometri tra le strade di Versailles. Nessuno riesce a subire un passivo inferiore ai 2’30” e Gaul è quinto a 2’55”. L’Angelo della Montagna, tuttavia, risponde a tono nella Saint-Étienne-Grenoble di duecentotrenta chilometri. Il grimpeur lussemburghese stacca tutti in salita e vince con 1’40” su un brillante Anquetil.
In seguito, però, cade a Cucheron e rimedia alcune botte che ne condizioneranno il resto della Grande Boucle. Gaul non è più brillante come prima in montagna e nel traguardo in quota di Superbagnères arriva con Jacques Anquetil a 16″ dal vincitore Massignan. Sforna, però, una grande prestazione nella cronometro di settantaquattro chilometri che da Bergerac va a Périgueux. Gaul è secondo, a 2’59” da Anquetil, e agguanta la piazza d’onore. Si fa, tuttavia, sorprendere nella tappa conclusiva di Parigi, la quale si rivela ricca di imboscate. Carlesi attacca nell’ultimo chilometro e strappa 5″ allo scalatore del Granducato, relegandolo sul gradino più basso del podio per appena 2″.
A ventotto anni il grimpeur lussemburghese è già in fase calante e nel 1962, a ventinove, diventa ormai l’ombra di sé stesso. A inizio stagione, inoltre, si pone un nuovo obiettivo: il Mondiale di ciclocross. La rassegna iridata della disciplina che si snoda tra prati, fango e sabbia, infatti, in quell’annata, si svolge in Lussemburgo. A Esch-sur-Alzette hanno preparato un percorso ricco di salite, studiato per calzare a pennello sulle caratteristiche dell’idolo di casa.
In quel tripudio di erte, tuttavia, si esalta il veneto Renato Longo. Longo stacca tutti già a inizio gara e vince il secondo dei suoi cinque Mondiali rifilando a tutti distacchi superiori ai 2’30”. Gaul alla fine coglie comunque un buon quinto posto, a 3’49” dal fuoriclasse di Vittorio Veneto. Il lussemburghese, oltretutto, aveva conquistato proprio poche settimane prima il titolo nazionale. Gaul è stato un ottimo crossista, tanto che Esch-sur-Alzette si mise dietro atleti del calibro di Firmin Van Kerrebroeck e Michel Pelchat. Tuttavia, ha provato a vincere il titolo iridato quando ormai era fuori tempo massimo. Nel 1956 e nel 1957, quando trionfò, nell’arco di due stagioni, in ben nove gare, forse avrebbe potuto contendere l’alloro al dominatore del tempo André Dufraisse.
A luglio di quella stagione coglie il suo ultimo piazzamento tra i primi dieci alla Grande Boucle. È nono senza grandi exploit. Nel 1963 lascia l’Italia per tornare a correre in Francia, alla Peugeot. I risultati non arrivano e a fine stagione si ritirà. Proverà a tornare nel 1965, ma, a parte un nono posto alla Dwars door Vlaanderen, non ottiene altri buoni risultati. Decide, così, di appendere in via definitiva la bici al chiodo, nonostante abbia solo trentadue anni.
Gaul viene fischiato dal pubblico alla sua ultima gara in Lussemburgo. Quell’episodio lo segna e dopo il ritiro inizia a vivere come eremita in una foresta delle Ardenne. Resta isolato fino al 1983, quando conosce la sua terza moglie Josée. Pian piano torna a riapparire pubblicamente e nel 1989 è alla partenza del Tour de France dal Lussemburgo insieme alla figlia Fabienne.
Negli anni ’90, poi, riscopre la passione per il ciclismo. Gaul resta folgorato da un ragazzo che porta la bandana e l’orecchino. È uno scalatore puro e in lui l’Angelo della Montagna rivede sé stesso da giovane. Si chiama Marco Pantani e proprio come Gaul scriverà alcune delle pagine più belle della storia di Giro e Tour. I funerali del Pirata saranno l’ultima occasione in cui Charly si fa vedere pubblicamente. Il grimpeur lussemburghese si spegne l’anno seguente, nel 2005, a settantatré anni. Le sue imprese, tuttavia, resteranno per sempre immortali nella storia di uno sport a cui Gaul ha dato tantissimo.
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