Il talento di Giovan Battista Baronchelli non è mai emerso del tutto.

 

Domenica 25 luglio 1971 la squadra ciclistica del Velo Club Cinisello Balsamo scende nella bassa pavese per una corsa tra le tante del panorama dilettantistico nazionale dell’epoca. In programma la Pavia – Oliva Gessi, 95 chilometri riservati ai terza categoria. Pavia, cittadina universitaria, capoluogo di provincia, la conosciamo tutti. Oliva Gessi è un paesino dell’Oltrepò che conta oggi 170 abitanti. Si presta molto per una corsa ciclistica in quelle zone, in quanto è in collina a 245 metri di quota: arrivandoci dalla piana, obbliga i corridori a un bello strappo. Attorno, ancora oggi, tutta campagna.

Ci riferisce della corsa Il Popolo di Tortona, vicina cittadina piemontese in provincia di Alessandria. Qui però, nella bassa pianura, Lombardia e Piemonte si fondono e non è raro trovare nelle cronache locali dei giornali di una parte le vicende dell’altra: “Svolgimento agonistico lodevole ed esaltante, perfetta e accurata l’organizzazione a cura della Pavia Erma in collaborazione con gli appassionati sportivi di Oliva Gessi, folto pubblico e numerosi premi a coronamento di una fatica certo notevole“, riferisce Giulio Talignani sul Popolo, per poi lasciarsi andare a qualche considerazione che potremmo tranquillamente leggere ancora oggi nella cronaca di una corsa. “Solo lo stato delle strade lasciava un po’ a desiderare, ma qui ci sono di mezzo gli enti pubblici…”.

Da Pavia si parte a razzo e il gruppo si fraziona in tre parti. Al passaggio di Casteggio il gruppo al comando, composto da sette uomini, transita con 1’10” di vantaggio su Gaetano Baronchelli e 1’20 su suo fratello Giambattista e altri sei corridori. Eccolo Gibi, il protagonista della nostra storia. Nato a Ceresara in provincia di Mantova il 6 settembre del 1953, non ha ancora diciott’anni, mentre il fratello Gaetano ne ha compiuti diciannove il 21 aprile. Il giovanissimo portacolori del Velo Club Cinisello ha modo di mettersi subito in luce: “A questo punto un episodio agonistico bellissimo: Giovan Battista Baronchelli lascia il suo gruppetto, raggiunge il fratello e lo lancia sui primi, che son raggiunti da Gaetano alle porte di Voghera, mentre G.Battista si fa riassorbire dal suo gruppetto, il quale a Voghera ha circa 1′ di ritardo sui primi”.

(Foto © https://www.giornalidelpiemonte.it/)

Dunque sembrerebbe che Gibi sia impegnato in compiti da gregario per il fratello più grande, ma non è così. Al bivio di Codevilla i due gruppi si uniscono e si attacca la salita di Oliva Gessi. Si avvantaggiano in sei con gli altri che restano a ridosso, fino a che Gianbattista Baronchelli e Barbieri staccano tutti: “De Salve non ce la fa per pochi metri a rientrare sui primi due per merito di Barbieri che tira per tutta la salita verso Oliva Gessi, poi Baronchelli lo salta nella volata e vince”.

È uno dei primi successi del Tista che gli annali tramandino. Due settimane più tardi, domenica 8 agosto, Baronchelli è ancora in Piemonte. Stavolta sulle strade del biellese, in quel di Sostegno. Ci informa il giornale locale, Il Biellese: “Settantaquattro dilettanti di terza serie hanno dato vita al Trofeo San Lorenzo, svoltosi su un percorso misto molto impegnativo di 122 chilometri. Ha vinto allo sprint, sul compagno di fuga Barbieri – lo stesso avversario che gli aveva conteso la vittoria a Oliva Gessi – il lombardo Giovan Battista Baronchelli, che ha portato a dieci i successi stagionali”.

E tra questi tantissimi successi ce ne sono altri due piemontesi: quello del Circuito Bassignanese, che si sviluppa intorno al piccolo paese di Bassignana, nella solita bassa pianura tra le province di Alessandria e Pavia, e la Rho-Baveno-Levo. Corsa particolare, quest’ultima, organizzata dal Velo Sport Rho. Al mattino frazione il linea da Rho a Baveno, nel pomeriggio i migliori venti della prima semitappa si giocano il successo in una cronoscalata fino a Levo, frazione montana della vicina Stresa. Tra gli amatori del novarese e del VCO, che si cimentano spesso nell’ascesa, circola ancora un leggendario tempo attorno ai sedici minuti: sui secondi si discute e ognuno ha la sua verità, che sarebbe il record della salita, stabilito ovviamente dal diciottenne Gibi in occasione del suo successo del ’71.

Noi ci spostiamo al 1973. Baronchelli è un affermato prima categoria e si accinge ad affrontare il Giro d’Italia dei dilettanti: nove tappe, con partenza ad Arezzo e arrivo a Ravenna dopo circa 1400 chilometri, tra 14 e il 23 di giugno. Si tratta della quarta edizione della corsa per i non professionisti. Una prova che annovera come precedenti vincitori Giancarlo Bellini nella prima edizione del ’70, seguito nientemeno che da Francesco Moser nel 1971 e da Giovanni Battaglin nel ’72. Baronchelli vinse la settima tappa, la Marostica – Belluno di 160 chilometri, e si aggiudicò la generale davanti a Giovanni Martella e Bernard Bourreau, rispettivamente di quattro e due anni più anziani di lui.

Eddy Merckx, Ernesto Colnago e Tista Baronchelli (foto da Facebook. Willy Wauthlé)

 

Poco più di due settimane dopo, Gibi si presentò al via anche del Tour de France dei dilettanti, che allora si chiamava Grand Prix de l’Avenir. Corsa che si disputava da più anni rispetto all’omologa prova italiana: prima edizione nel 1961, più lunga, dodici tappe più un prologo, per uno sviluppo totale di 1577 chilometri. La corsa era riservata a squadre nazionali formate da sette corridori. In quel 1973 si iscrissero undici formazioni: Olanda, Francia, Svizzera, Polonia, Italia, Germania Ovest, Austria, Spagna, Colombia, Internazionale (formata da ciclisti britannici, canadesi e lussemburghesi) e una seconda selezione francese coi colori della Peugeot.

Partenza a Aubargne con una cronometro a squadre di 9.6 chilometri il 10 luglio, arrivo il 22 con la Versailles – Parigi di 89 chilometri. Il regolamento era particolare. La cronosquadre, il prologo, offriva a ciascun corridore delle prime tre formazioni classificate un abbuono di dieci, sei e quattro secondi, mentre i tempi veri e propri valevano solo per la classifica dei team. Lungo tutto il percorso dell’Avvenire si contavano diciotto GPM, tra cui due di prima categoria: il Portillon e il famigerato Tourmalet, dove Baronchelli prese la maglia togliendola al compagno di squadra Flammini al termine della terza tappa, la Perpignan – Pyrénées 2000 di 103 chilometri vinta dallo spagnolo Andiano. Consolidò il primato il giorno dopo vincendo una dura cronometro di 29 chilometri da Unac a Ax-les-Thermes in 49’39” infliggendo 35” di distacco all’austriaco Steinmayr e 1’19” allo spagnolo Barrios. Fu poi ancora secondo nella sesta tappa, la Bagnères de Bigorre – Pau di 141 chilometri, arrivando al traguardo con lo spagnolo José Nazabal che vinse la volata per il successo di tappa, con 3’42 sul migliore degli altri, il francese Duchemin.

Durante l’ottava tappa, da Mezin a Bordeaux di 164 chilometri, Baronchelli, saldo leader della generale, cadde rovinosamente a poco più di venti chilometri dal traguardo. Rimediò una forte botta al ginocchio e alla coscia destra. Per un momento si temette il peggio, poi Gibi risalì in sella e riuscì a concludere la frazione col gruppo. Nei giorni seguenti, in corsa con un vistoso bendaggio, si limitò a controllare la situazione fino all’arrivo del 22 luglio, dove, nella volata della passerella conclusiva da Versailles a Parigi, suo fratello Gaetano fu terzo. Nella generale Gianbattista inflisse 4’58” all’austriaco Steinmayr e 5’46” al terzo del Giro, il francese Bourreau.

(Foto © https://www.giornalidelpiemonte.it/)

Facile immaginare un anno dopo queste imprese quale fosse in Italia l’attesa per il debutto tra i professionisti di questa promessa appena ventenne. Per comprenderlo torniamo un momento sulle nostre strade sospese tra Lombardia e Piemonte per citare ancora una corsa del 1973, la Milano-Tortona, affrontata circa sei settimane prima della doppia avventura Giro-Tour dilettanti. Baronchelli non la vince, sarà battuto da Salvatore Liccardi, che porta i colori dell’Unione Ciclistica Alassio Piovesan. Sulle colonne del Popolo, il cronista Luigi Corollo lo cita a malapena, esaltando invece le qualità di Liccardi. Un anno dopo, però, presentando ai lettori l’edizione 1974 della Milano- Tortona, lo stesso giornale trasforma l’articolo in un peana per Giovan Battista: “Dopo aver rivelato al grande ciclismo i vari Carrea, Milano, Motta, Gimondi, lo scorso anno la corsa tortonese portò alla ribalta Giovan Battista Baronchelli. Abbiamo ancora negli occhi il superbo spettacolo di potenza e di stile dimostrato dal poulain di Ernesto Colnago sull’erta di Montemarzino brulicante di folla“,  racconta l’autore che non si firma. “Anche se sul traguardo di Viale degli Olmi la ruota di Salvatore Liccardi riuscì a sopravanzarlo, fu lui, Gibi Baronchelli, detto familiarmente Tista, il vincitore morale della Milano-Tortona. Proprio da Tortona infatti prese il via la strepitosa annata del ragazzo di Anzago d’Adda, culminata con le splendide affermazioni al Giro d’Italia e al Tour dell’Avvenire, tanto da farlo considerare oggi la più luminosa speranza del ciclismo italiano”.

Un mese dopo queste righe Baronchelli avrebbe affrontato alla pari nientemeno che Eddy Merckx sulle strade del Giro d’Italia dei grandi, e l’avrebbe messo alle corde, finendo col cedere sul traguardo finale di soli dodici secondi. Un’altra impresa che aumentò le attese. Alla fine però sappiamo che Baronchelli non vinse mai il Giro d’Italia, pur piazzandosi un’altra volta secondo nel 1978 e terzo nel 1977, mentre al Tour andò solo due volte ritirandosi in entrambi i casi. Fu comunque un grande: vinse due volte il Lombardia, cinque tappe al Giro d’Italia, una alla Vuelta, sei volte di fila il Giro dell’Appennino dal 1977 al 1982, un Giro del Piemonte, la classifica generale del Romandia e del Giro dei Paesi Baschi e molte altre corse. Fu argento mondiale a Sallanches, unico a resistere alla furia di Bernard Hinault. Secondo molti, però, non espresse tutto il suo potenziale. Il suo carattere era probabilmente troppo corretto, lui troppo buono d’indole per potersi battere ad armi pari coi grandi che contraddistinsero la sua epoca, schiacciato tra i due litiganti del ciclismo italiano dell’epoca: Francesco Moser, più vecchio di lui di due anni, e Giuseppe Saronni, più giovane di quattro. E con avversari stranieri che a inizio carriera si chiamavano Eddy Merckx, e successivamente Bernard Hinault, personalità certo non meno poderose di quelle dei due galli azzurri. Forse molto del suo personaggio sta dentro quell’immagine di lui non ancora diciottenne che a Oliva Gessi lascia il gruppo per riportare il fratello Gaetano nella fuga di giornata, per poi rialzarsi, farsi riprendere e giocarsela alla pari con gli altri favoriti.

 

Foto in evidenza: Facebook, Willy Wauthlé