Romain Gijssels, uno scintillante bolide nel firmamento fiammingo

Romain Gijssels, pur ritirandosi ancora giovane, ha segnato la storia delle classiche.

 

 

Ci sono stati campioni, nella storia del ciclismo, la cui epopea è durata per oltre una decade. Altri, invece, sono stati come i bolidi nella notte di San Lorenzo. Romain Gijssels, splendido interprete delle classiche del nord nei primi anni ’30 del ‘900, fu un esponente della seconda categoria. Passato professionista a ventitré anni, a ventinove aveva già appeso la bici al chiodo. Gli bastò un lustro, tuttavia, per lasciare un segno indelebile nel mondo delle due ruote.

Romain era il classico velocista fiammingo, capace di esaltarsi sul pavé e di fulminare tutti allo sprint. Possedeva un talento sfavillante. Il suo impatto con l’universo del pedale fu a dir poco devastante. Spiccò il volo dopo appena un anno di apprendistato tra i grandi. Passato professionista tra le file della Dilecta-Wolber nel 1930, infatti, nella stagione seguente avrà già il mondo ai suoi piedi.

A ventiquattro anni appena compiuti, Gijssels prende parte per la prima volta in carriera al Giro delle Fiandre. Dopo Tiegemberg, Kwaremont, Kruisberg ed Edelareberg, in testa restano sei corridori. Romain è tra essi. Con lui ci sono anche il neerlandese Cesar Bogaert e i connazionali Jean Aerts, Hector Martin, Gustave Van Slembroeck e Julien Vervaecke.

Vervaecke è il corridore più famoso del plotoncino. Fratello di Félicien, nel palmarès vanta un terzo posto al Tour de France. Un mese più tardi, inoltre, conquisterà la Parigi-Roubaix. Van Slembrouck e Martin sono dei veterani, entrambi già sul podio del Fiandre in precedenza. Nessuno dei due, però, l’ha ancora vinto. Aerts, invece, è uno dei giovani più quotati del panorama internazionale. Iridato tra i dilettanti nel 1927, trionferà nel Mondiale dei professionisti nel 1935.

Gijssels e Bogaert sono i due nomi meno quotati. Romain, però, non prova alcun timore reverenziale verso i rivali più esperti. A poche centinaia di metri dal traguardo scatta e si esibisce in uno sprint sontuoso. Con quella progressione letale disarciona facilmente i rivali. La Ronde è sua. La sua classe unica, quel dì, abbaglia le Fiandre.

Il prosieguo di stagione, inoltre, è eccellente. Gijssels, innanzitutto, vince il GP Wolber: la gara francese, in principio, era una versione ancestrale del Mondiale; tuttavia, con la nascita della rassegna iridata, iniziò un rapido declino e nel 1931 già non ha più il prestigio di un tempo. Ad ogni modo, Romain coglie il podio anche in due manifestazioni all’epoca ambitissime: la Bordeaux-Parigi e la Parigi-Bruxelles.

Quei due risultati, probabilmente, sono financo da considerarsi superiori al trionfo nella Ronde. Negli anni ’30, infatti, il Fiandre è ancora una gara “provinciale”. Ambitissima tra i confini nazionali, meno considerata di altre, però, al di fuori del Belgio. L’orribile termine “Classiche Monumento” verrà coniato solo molti decenni più in là. La gerarchia delle grandi corse in linea, novant’anni or sono, era ben diversa da quella attuale.

Nella stagione seguente, Gijssels si ripete al Giro delle Fiandre. Stavolta, però, vince in maniera ancor più convincente, realizzando un numero che resterà negli annali. In un’edizione che prevede solo Kwaremont, Kruisberg ed Edelareberg, Romain dà un saggio del suo infinito talento. Si leva tutti di ruota sui muri e rifila distacchi enormi. Vince con 3’15” di margine su Alfons Deloor, secondo; Alfred Hamerlinck, terzo, chiude a 4’30” dal fuoriclasse fiammingo.

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Due settimane più tardi, il 27 marzo 1932, Romain Gijssels ottiene il successo più prestigioso della sua carriera: la Parigi-Roubaix. Il pavé dell’inferno del nord, come sempre, è mortifero. Il tedesco Herbert Sieronski è il grande protagonista di giornata. Attacca da lontano e resta solo in testa. Nel finale di gara, però, viene riacciuffato da un quartetto di belgi. Fanno parte di questo poker d’assi Gijssels, il già citato Jean Aerts, Alphons Schepers e Georges Ronsse.

Schepers è uno specialista della Liegi-Bastogne-Liegi. Ne vincerà tre in carriera. Farà suo, inoltre, anche il Giro delle Fiandre del 1933. Ronsse, invece, è un fuoriclasse totale. Il suo palmarès è infinito: due Mondiali, la Roubaix del 1927, due Bordeaux-Parigi, una Liegi, una Parigi-Bruxelles, un GP Wolber e titoli nazionali sia nel ciclocross che nel mezzofondo.

Si va, così, verso uno sprint. Schepers alzerà bandiera bianca poco prima del traguardo. Aerts e Sieronski restano nel gruppo al comando, ma sanno che le chance di battere due frecce come Ronsse e Gijssels sono inesistenti. La volata tra i due favoriti sarà al cardiopalma. L’ex iridato scatta per primo, ma il giovane rivale, tirando un rapporto lunghissimo, lo affianca a pochi metri dalla meta. I due arrivano appaiati. Dopo cinque minuti di consultazioni, i giudici danno il loro verdetto. Anche un fuoriclasse come Georges, atleta financo capace di mettere in difficoltà Alfredo Binda, deve alzare bandiera bianca dinnanzi a quell’ariete di Romain.

Qualche mese più tardi Gijssels completa una tripletta memorabile. Si mette tutti alle spalle, infatti, anche nella Bordeaux-Parigi. Ha da poco compiuto venticinque anni ed è il più forte corridore da classiche al mondo. Il ciclismo, però, è uno sport ove non basta il mero talento per primeggiare a lungo. Bisogna avere voglia di allenarsi continuamente e di perfezionarsi.

Romain si lascia stregare dalle sirene della vita mondana. Lo spirito di sacrificio viene meno molto presto. Anche dopo il 1932 continua a ottenere ottimi risultati, ma il rapporto con la vittoria diventa decisamente più complicato. Tra il 1933 e il 1936 conquista appena quattro trionfi, nessuno del livello dei precedenti. Il più prestigioso, ad ogni modo, è la Marsiglia-Lione del ’33.

I piazzamenti nelle classiche continuano a fioccare. I picchi del 1932, tuttavia, non li toccherà più. Nel 1933 è terzo al Fiandre e alla Bordeaux-Parigi. Successivamente, nel 1934, è secondo alla Parigi-Tours, mentre l’anno seguente coglie il terzo gradino del podio al Criterium des As. Nell’ultima stagione della sua carriera, il 1936, ottiene il quarto posto alla Roubaix e alla Bordeaux-Parigi. Dopodiché, stanco delle due ruote, mette da parte la bicicletta e apre un albergo a Parigi.

La sua parabola è stata indubbiamente bizzarra. Stenti e sacrifici non facevano per lui. Alle qualità innate di cui disponeva non ha unito la meticolosità necessaria per rimanere a lungo sulla breccia. Le persone non sono macchine e la storia di Romain Gijssels, un fuoriclasse splendidamente e drammaticamente umano, ne è la dimostrazione.

Come una lucente meteora che accende una calda serata d’estate, Gijssels ha irradiato per un attimo il firmamento ciclistico. Dopodiché, si è eclissato rapidamente all’orizzonte. Genio e sregolatezza allo stato puro, aveva i mezzi per segnare un’epoca. Poteva essere la stella polare della galassia fiamminga negli anni ’30 del ‘900. Ma ha deciso che le sue priorità, nella vita, erano altre. Una scelta, la sua, magari poco condivisibile, ma sicuramente non condannabile.

 

 

Foto in evidenza: ©Nicola, Wikimedia Commons