Xandro Meurisse è un outsider del quale sentiremo parlare nei prossimi anni.

 

 

Una volta tagliato il traguardo di Val Thorens, Xandro Meurisse non ha bisogno di nessun rilevamento cronometrico per capire che il ventesimo posto della classifica generale non è più roba sua: Herrada ha fatto una buona corsa, è arrivato sette minuti prima di lui, dunque i due di vantaggio della vigilia sono diventati cinque di ritardo. “Peccato”, rivelerà a Le Soir, “ci avevo creduto. Se nei giorni passati non avessi sbattuto la schiena in albergo, sarei stato meglio e avrei potuto spingere di più. Ma non voglio farne un dramma: penso a Pinot, che per un malessere altrettanto stupido ha perso invece un Tour de France”.

È difficile spiegare a chi non segue assiduamente il ciclismo cosa possa significare, per un corridore come Meurisse, concludere un Tour de France tra i primi quindici o venti della classifica generale; ad essere sinceri, è complicato spiegare anche che tipo di corridore sia Meurisse.

Ha ventisette anni, è approdato ad una Professional quando ne aveva già venticinque e per il momento non sembra avere particolari attitudini; è sufficiente scorrere alcuni dei suoi risultati più importanti per capire meglio; o per aumentare la confusione, se volete: sesto nella prova in linea dei Campionati Europei di Glasgow 2018, quelli che premiarono Trentin in mezzo alla pioggia e per di più su un percorso nervoso e veloce; quattordicesimo al Delfinato poche settimane fa; e poi un bel Tour de France, concluso al ventunesimo posto ma con tre piazzamenti tra i primi dieci. È stato ottavo tra i saliscendi di Épernay, terzo a La Planche des Belles Filles e settimo a Saint-Étienne, quando riuscì a rientrare su Sagan e Van Avermaet, gli inseguitori più accaniti di Alaphilippe e Pinot – De Gendt era irrimediabilmente distante. Intervistato pochi minuti più tardi, Van Avermaet fu chiaro: “Meurisse è chiaramente il corridore belga più sottovalutato del gruppo”.

A prendere quello che viene, Meurisse ci si è abituato tra il 2014 e il 2016, quando la sua carriera avrebbe necessitato di certezze e invece accumulava soltanto dubbi. Da uno stage con la Lotto Belisol alla An Post, dalla An Post alla Crelan-Vastgoedservice – nella quale fa in tempo ad incrociare Van Aert e Merlier; nel mezzo, una frattura ad un polso, un’infezione polmonare e una carenza di ferro che si portava dietro – dentro – chissà da quanto.

Tuttavia, si registra un primo salto di qualità, quello che gli permetterebbe di entrare a far parte in pianta stabile del microcosmo delle Professional. Eppure, almeno in un primo momento, nessuna squadra si fa avanti. “Significa che devo conquistare altri risultati per facilitare il lavoro di ricerca del mio procuratore”, spiegava Meurisse a DirectVelo. “Comunque, se non dovesse arrivare una buona offerta potrei anche smettere. È vero che il licenziamento esiste in ogni lavoro, ma io ho un mutuo a cui far fronte e sto dando fondo a tutte le mie energie: è difficile fare più di quello che sto già facendo”. L’offerta della Wanty-Gobert era dietro l’angolo, quello che è successo nelle ultime stagioni lo abbiamo già detto.

Se Meurisse è diventato il corridore attuale – meglio: se Meurisse potrebbe diventare il corridore che ancora non sa di poter diventare -, gran parte del merito è di Kevin Hulsmans, il suo allenatore, incontrato ai tempi della Crelan-Vastgoedservice. “No, non sono un istruttore certificato, ma studio tutti i giorni e mi tengo aggiornato”, ha raccontato a WielerFlits. Hulsmans, tuttavia, omette un particolare fondamentale: aver fatto parte del gruppo per quindici anni, buona parte dei quali passati al servizio di Tom Boonen, vuol dire aver fatto un corso più che accelerato di ciclismo su strada. Il suo giudizio su Meurisse è semplice: “Vive al 100% per la sua carriera, è schietto e ha la testa sulle spalle, tant’è che litigarci è praticamente impossibile”.

Hulsmans lo sente spesso, è successo anche durante il Tour de France, specialmente dopo la tappa di Valloire, quella che prevedeva Vars, Izoard e Galibier, “l’unica giornata veramente storta che Xandro ha avuto in tre settimane”. Quando gli hanno chiesto del futuro di Meurisse, ha chiarito che la cosa riguarda soltanto lui e la squadra: un allenatore non deve avere voce in capitolo. “Anche se tutti sanno che spera di entrare al più presto nel World Tour. Magari dal 2021, dato che nel 2020 correrà ancora per la Wanty-Gobert”. Quando invece gli hanno domandato quanto sia motivato il ragazzo, Hulsmans ha adoperato una metafora efficace: “Può attraversare un muro, se necessario”.

Il primo Tour de France di Xandro Meurisse – avrebbe potuto essere il secondo, ma lo scorso anno preferì rinunciarvi per godersi i primi giorni di vita del suo primo figlio – è stato archiviato con semplicità: i suoi compagni lo volevano con loro nelle vie di Parigi per festeggiare, ma lui ha preferito cenare con la compagna e il figlio e riflettere con calma sulle ultime tre settimane. Ha rammentato a se stesso di non avere molti anni a disposizione; e poi il ciclismo non è nemmeno la sua passione più grande, che rimane la musica: sembra che Meurisse suoni il basso e la tastiera e che muoia dalla voglia di insegnare quel che sa al primogenito.

Avrà sicuramente ripercorso la prima settimana del Tour de France, per lui la più bella, quella che lo ha visto entrare nei primi dieci di giornata in ben tre occasioni diverse. “Non vedo l’ora arrivino le prossime due settimane”, dichiarava baldanzoso. “Ma non mi faccio illusioni: vivrò alla giornata, non ho nessun sogno perché non so cosa aspettarmi né da me stesso né da quello che troveremo”. Dopodiché, ha trascorso un po’ di tempo con la sua famiglia ed è andato a letto molto presto, d’altronde in questi giorni ci sono parecchi criterium che lo vedono impegnato. Un sonno che non preveda il sogno, bensì il ristoro per rincorrere il futuro con una feroce determinazione.

 

Foto in evidenza: ©Prix Antargaz, Twitter

Davide Bernardini

Davide Bernardini

Fondatore e direttore editoriale di Suiveur. È nato nel 1994 e momentaneamente tenta di far andare d'accordo studi universitari e giornalismo. Collabora con la Compagnia Editoriale di Sergio Neri e reputa "Dal pavé allo Stelvio", sua creatura, una realtà interessante ma incompleta.