Durante un viaggio, a piedi come in bici, può capitare di doversi trovare ad affrontare ostacoli di vario genere. In quelle situazioni, ciò che chiunque istintivamente è portato a fare è cercare la via alternativa più facile da percorrere, quella che consenta di proseguire la propria marcia e di aggirare lo scoglio incontrato. Di fatto quello che si cerca è un varco, un passaggio che permetta di superare nella maniera più agevole possibile impedimenti difficilmente sormontabili e semplificare quindi il prosieguo del proprio cammino.

Si tratta in pratica di un vero alleato nei tragitti di fatica e non solo, una sorta di passepartout verso la luce, di fondamentale via di fuga per continuare liberamente a inseguire la propria meta o il proprio traguardo, che sia la vetta di una montagna, la valle adiacente o, perché no, anche la vittoria in una tappa del Tour de France. Un varco, a seconda delle circostanze, può dunque aprire la strada verso la salvezza o la gloria, spalancare porte, dischiudere fantastici scenari e regalare in pochi secondi soddisfazione, appagamento e gratitudine, quella provata nei confronti di chi (l’uomo e più spesso la natura) con mani diverse ma pur sempre ingegnose li ha plasmati garantendo così un incedere spedito e confortevole.

Oltre al lato funzionale, tuttavia, questo spontaneo moto di riconoscenza di frequente può essere innescato anche dai tratti spettacolari e sorprendenti di questi pertugi, in grado come molte altre opere naturali e non di produrre sbalordimento e senso di meraviglia in chi li ammira, gli stessi provati ieri in due occasioni dagli spettatori della tappa della Grande Boucle.

Prima, infatti, è stato difficile anche per i più apatici non trasalire neanche un secondo quando il gruppo, lanciato ad alta velocità lungo la tortuosa Route National 85 (conosciuta anche come Route Napoleon) nella parte orientale del Parco Naturale Regionale del Verdon, ha attraversato la Clue de la Roche Percée sfruttando lo scenografico arco di roccia presente nella bianca colata calcarea su cui scorre questa panoramica lingua d’asfalto. Per il gruppo, come per gli appassionati a casa, non si è trattato che di un attimo, giusto il tempo (quello che fa sempre la differenza) di capire dove si era passati che la scia colorata dei corridori era già dall’altra parte di questa incredibile fenditura, inghiottita nell’ampio canalone che conduce a La Tuiliere e da lì poi a Senez e Digne Les Bains.

Fonte Wikimedia

Di fronte a una breccia così unica e particolare è complicato rimanere impassibili e non farsi pervadere, anche se solo per un brevissimo istante, da un briciolo stupore. Molti (se non tutti) tra i concorrenti nel plotone, oscurata la loro visione per un attimo, l’avranno notato, saranno stati istintivamente attirati dal motivo per cui senza batter ciglio sono transitati da una parte all’altra della colata rocciosa. Lì probabilmente avranno capito la ragione per cui la loro marcia non ha conosciuto interruzione e qualcuno tra loro avrà apprezzato l’opportunità di percorrere quel tratto di strada e trovarsi ad alzare al volo gli occhi su quella magnifica formazione.

Chissà che sotto quella volta non abbia preso ispirazione Caleb Ewan, lui che settanta chilometri più tardi, grazie alla dinamite contenuta nelle sue gambe, si è aperto una serie di varchi in mezzo a un tenace manipolo di velocisti e ha trovato la sua strada per il successo, il quarto in carriera al Tour de France. Con incredibile rapidità, nelle ultime centinaia di metri prima della linea bianca di Sisteron, lo sprinter tascabile in maglia Lotto-Soudal non ha fatto altro che adocchiare i piccoli squarci di luce (quella radiosa della vittoria) davanti a sé e, a suon di potenti e svelti colpi di pedale, trasformarli in vere e proprie voragini in cui infilarsi e oltrepassare l’arco d’arrivo prima dei rivali.

L’incredulità davanti al lavoro compiuto dall’australiano in questo caso è stata ben maggiore e decisamente prolungata, niente a che vedere col fugace scenario di qualche ora prima. Però, a ben pensare, se non avessimo scorto e riconosciuto il valore del primo, verosimilmente il capolavoro e le abilità escavatrici dell’australiano non avrebbero avuto modo di risplendere e, di conseguenza, incantare ancora per un’altra volta i sempre più stupefatti amanti delle due ruote.

Foto immagine di copertina: Twitter @LottoSoudal