10 nomi da seguire per la Strade Bianche

Il ciclismo riparte ed è il momento di fare qualche pronostico.

 

Finalmente possiamo tornare a parlare di favoriti, di pronostici e di tattiche di corsa con un motivo valido: la Strade Bianche, in questo caso, ma più in generale la ripartenza del ciclismo professionistico – non ce ne voglia la Vuelta a Burgos. Non facciamoci la bocca, la situazione potrebbe nuovamente precipitare in una manciata di giorni e il ciclismo si troverebbe costretto a bloccarsi un’altra volta; ma intanto prendiamo quel che c’è finché c’è.

La Strade Bianche, dunque, una delle classiche più giovani e allo stesso tempo una delle più emozionanti. Non è particolarmente lunga ma è unica, sia per quanto riguarda il fondo stradale sia per quel che concerne il percorso e l’altimetria frastagliati. La campagna toscana sarà piuttosto calda e il sole, in particolar modo in quei passaggi sgombri di vegetazione, potrebbe far valere la propria supremazia. Vorremmo parlare di sorprese, ma siamo pressoché sicuri che non ce ne saranno: le difficoltà altimetriche, in combinazione con la polvere (o il fango) e i relativi incidenti meccanici, finiscono solitamente per decidere la corsa quando al traguardo mancano ancora diverse decine di chilometri.

D’altronde basta scorrere l’albo d’oro: tre volte Cancellara e due Kwiatkowski, e poi Gilbert, Štybar, Benoot, Alaphilippe; persino i vincitori meno attesi – Kolobnev, Löfkvist, Iglinskij e Moser – non erano degli sprovveduti e hanno conquistato la Strade Bianche nel periodo migliore delle loro carriere. Nonostante tutte le anomalie del caso, insomma, alla Strade Bianche assisteremo ad una sfida tra i migliori corridori del gruppo. Uno spettacolo che si lascia sempre guardare, va detto, anche se rimane il più vecchio del mondo.

Julian Alaphilippe

©Tour de France, Twitter

Julian Alaphilippe ha partecipato ad una sola edizione della Strade Bianche: un anno fa, nel 2019, e la vinse. Un debutto memorabile, considerando l’importanza dell’evento e le complessità che porta con sé – percorso esigente, avversari di prim’ordine, nel mese di marzo è un’incognita non da poco anche il maltempo. Batté il miglior Fuglsang con lucidità e tempismo, dando il là ad una rivalità che avrebbe acceso gran parte delle classiche vallonate di quella primavera. Potrà contare, come sempre, su una squadra notevole: Honoré è l’unico corridore unicamente votato al gregariato; Serry, Ballerini e Asgreen se stessero bene potrebbero avvantaggiarsi nella prima parte della corsa per tornare utili poi nella seconda; Jungels e Štybar sono due luogotenenti di lusso, pronti a mettersi in proprio se il francese dovesse tentennare. E poi c’è lui, Alaphilippe, che nei mesi scorsi ha potuto approfittare della pausa forzata per tirare il fiato dopo una stagione – quella passata – corsa a ritmi folli. Alla fine di giugno, tuttavia, ha perso il padre, malato da tempo, e anche questo è un fattore da non sottovalutare. Nelle poche corse disputate all’inizio della stagione, Alaphilippe non aveva brillato né tantomeno vinto: qualche piazzamento qua e là, tra Tour Colombia 2.1 e Parigi-Nizza, e nient’altro. Era partito con calma, l’obiettivo della sua primavera era il Giro delle Fiandre, e invece la pandemia ha sconvolto tutto, compresi i suoi piani. A differenza di molti suoi colleghi, il francese può risolvere la corsa a suo favore in più modi: attendendo il labirinto conclusivo, scoccando il colpo sull’ultimo strappo, provando a fare la differenza sugli ultimi sterrati – Monteaperti, Colle Pinzuto, Le Tolfe. Consapevoli di non poter parlare di favorito assoluto, men che meno in un momento come questo, due fiche su Julian Alaphilippe le punteremmo comunque.

Greg Van Avermaet

©Emanuela Sartorio

Greg Van Avermaet, invece, di Strade Bianche ne ha cominciate e concluse dieci, vincendone nessuna. Dal 2010 è mancato solo una volta, nel 2014. Al debutto fu tredicesimo, mentre il piazzamento peggiore lo ottenne due anni fa, nell’edizione contrassegnata dal maltempo e conquistata da Benoot: trentaquattresimo. Per il resto, sempre tra i primi nove: una volta nono, una volta quinto, tre volte sesto, due volte secondo. Fu sesto anche lo scorso anno, anticipato per un secondo da Štybar e Benoot. Come per Alaphilippe, anche il 2020 di Van Avermaet era iniziato in sordina: il decimo posto nella seconda tappa della Volta a la Comunitat Valenciana è il risultato migliore, il tredicesimo alla Omloop Het Nieuwsblad il segnale che la forma stava migliorando e che nelle classiche di marzo e aprile sarebbe stato uno dei migliori. E così come per Alaphilippe, di nuovo, la sensazione che la pausa forzata abbia convinto Van Avermaet ad allungare la carriera: i trentacinque anni compiuti a maggio iniziano a pesare e il giusto colpo di pedale potrebbe arrivare tra qualche settimana, non subito come verosimilmente succederà ai più giovani; ma bisogna anche dire che Van Avermaet è stato uno dei più attivi degli ultimi mesi, tra allenamenti individuali e corse virtuali, e quindi andrà considerato. In caso di arrivo ristretto il suo spunto veloce tornerà comodo, anche se i vicoli che portano in Piazza del Campo premiano più la scaltrezza e la guida del mezzo che non la rapidità. Che arrivi in solitaria ci pare improbabile: dovrebbe avvantaggiarsi in uno degli ultimi tratti di sterrato e resistere all’inseguimento, senza dimenticare che ci sono diversi corridori più scattanti di lui che sull’ultimo strappo cittadino potrebbero distanziarlo. I suoi gregari migliori saranno Geschke e De Marchi e per rimanere accanto al loro capitano avranno bisogno di una giornata di grazia.

Tiesj Benoot

©Strade Bianche, Twitter

Alla Strade Bianche sono legati alcuni dei momenti più belli della carriera di Tiesj Benoot. La vittoria del 2018, senz’altro, è il più importante: una giornata da tregenda coronata con un assolo magnifico e dei distacchi pesanti – trentanove secondi a Bardet, quasi un minuto a van Aert, quasi uno e mezzo a Valverde, due minuti e otto secondi a Sagan. Nonostante di lui si parlasse bene già da qualche anno, quella fu la prima vittoria della sua carriera. La liason tra Benoot e la Strade Bianche, tuttavia, non si esaurisce in quel momento. Infatti è una delle corse in cui il belga si è distinto maggiormente: ottavo al debutto nel 2016, di nuovo ottavo nel 2017, primo nel 2018 e quinto lo scorso anno, subito dietro a Štybar. Da quella splendida vittoria, Benoot si è parzialmente sbloccato e ha trionfato in altre due occasioni: nel 2019 nella prima tappa del Giro di Danimarca e all’inizio di quest’anno nella sesta tappa della Parigi-Nizza. Non si è dimostrato un vincente, almeno fino ad ora, forte di una compattezza e di una completezza che nel ciclismo odierno troppo spesso fanno rima con inconcludenza. E tuttavia, la carriera di Benoot è un crescendo costante. Approdato quest’anno alla Sunweb, si è messo subito in mostra nella primissima parte della stagione, dimostrando d’essere forte e affidabile come mai prima d’ora: al quattordicesimo posto alla Omloop Het Nieuwsblad ha fatto seguire il secondo nella generale della Parigi-Nizza, arricchita come detto da un successo di tappa, dalla vittoria nella classifica a punti e da un terzo e un secondo posto. La Strade Bianche è nelle sue corde, questo lo si è capito, anche se per replicare la vittoria dovrà liberarsi della concorrenza prima di entrare a Siena: ci sono troppi corridori più esplosivi e veloci di lui che potrebbero liquidarlo tra lo strappo di Santa Caterina e le ultime curve. Roche è un compagno più che affidabile, Hirschi e Søren Kragh Andersen anche qualcosa di più. Tuttavia, se Benoot dovesse riallacciare il filo con la forma trovata alla Parigi-Nizza, la Sunweb non potrebbe che correre per lui.

Tadej Pogačar

©Cyclingnews.com, Twitter

Se è vero che un corridore giovane trova il ritmo più velocemente di un collega stagionato, allora non si può non includere Tadej Pogačar tra i favoriti della Strade Bianche 2020, la stella più luminosa di un firmamento – la UAE-Emirates – comunque brillante. Ma il capitano non può che essere lui, visto che Ulissi e Rui Costa non si sono mai distinti sugli sterrati toscani e Formolo è alla prima partecipazione in assoluto. Però tre compagni del genere rimangono un lusso, senza dimenticare che gli altri tre sono Conti, Sergio Henao e Polanc, non proprio degli inetti. Pogačar non si è ancora messo in mostra nelle prove di un giorno, ma il suo talento e la sua precocità lasciano intendere che potrebbe farlo ben presto, magari all’improvviso, da un momento all’altro. La Strade Bianche si presta bene: le salite non mancano, così come i tratti di falsopiano in cui saper mantenere un’andatura elevata e costante fa tutta la differenza del mondo. In più, Pogačar non deve dimostrare niente: di cos’è capace lo abbiamo già visto, e poi il favorito non è lui, dunque può persino permettersi di improvvisare o seguire le mosse altrui. Il suo non è un debutto: c’era già lo scorso anno, Pogačar, e chiuse al trentesimo posto a circa otto minuti da Alaphilippe, esattamente tra Schachmann e Nibali. Quante cose sono cambiate, in poco più di un anno. Lo sloveno ha disputato una Vuelta eccezionale, risultati confermati nelle poche corse accumulate nel 2020: primo alla Volta a la Comunitat Valenciana e secondo all’UAE Tour prima dell’interruzione, secondo nella prova in linea e primo in quella a cronometro dei campionati sloveni alla ripresa delle corse. Nella prova contro il tempo ha battuto Roglič, a testimonianza di quanto sia tagliato per l’esercizio e, ampliando lo sguardo, per le brevi e le grandi corse a tappe. È un attaccante, Tadej Pogačar, e conosce il finale della corsa quanto basta per capire che corridori più scattanti di lui – Alaphilippe e van der Poel, ad esempio – riuscirebbero a metterlo nel sacco. A meno che non ce li metta lui muovendosi a diversi chilometri dal traguardo, il motivo che ci spinge a seguirlo con estrema attenzione.

Mathieu van der Poel

©La Voix des Sports, Twitter

Nessuna precedente partecipazione e una squadra modesta al suo servizio: si affievolirebbero anche le speranze più coriacee, se il corridore in questione non fosse Mathieu van der Poel. Le ultime grandi prestazioni su strada risalgono alla seconda parte della passata stagione, quando si presentò da favorito principale alla prova in linea dei campionati del mondo di Harrogate. Quest’anno ha disputato una sola corsa, la Volta ao Algarve alla fine di febbraio, non figurando mai tra i protagonisti. Era l’approccio giusto per un corridore uscito alla grande dalla stagione di ciclocross e interessato a dare battaglia durante la campagna delle classiche, che notoriamente si concentra nei mesi di marzo e aprile. La pandemia ha cancellato tutti i piani, finanche i migliori, ma se c’è un corridore che dà l’impressione di poter ripartire senza particolari problemi, quello è proprio van der Poel. Il fondo stradale sembra non riguardarlo, la lunghezza delle corse è un ostacolo aggirabile, le cadute lo infastidiscono quanto basta per alimentare le successive rimonte. Anche per questo pare logico inserirlo tra i favoriti per la Strade Bianche 2020: all’alternanza tra asfalto e qualcos’altro ormai non fa più caso, la corsa non è eccessivamente lunga e saper guidare il mezzo conta tanto quanto saper accelerare sugli strappi e rilanciare nei tratti di falsopiano. Sarà la prima delle prove italiane a cui van der Poel prenderà parte consecutivamente: lo ritroveremo, infatti, alla Milano-Torino, alla Milano-Sanremo, al Gran Piemonte, al Giro di Lombardia e alla Tirreno-Adriatico. Delle tre grandi classiche italiane, tuttavia, la Strade Bianche sembra essere quella più consona alle sue caratteristiche: anche la Milano-Sanremo è ampiamente alla sua portata, ma per via del tracciato tutt’altro che proibitivo van der Poel rischia di non avere spazio a sufficienza per seminare i velocisti più pericolosi; il Giro di Lombardia, invece, è forse troppo duro, a meno che il percorso non subisca delle modifiche e che gli uomini dei grandi giri e delle classiche vallonate non vi arrivino provati o disinteressati. Ma al Giro di Lombardia mancano ancora due settimane, un’eternità per uno come van der Poel, che interpreta ogni corsa come se fosse l’ultima.

Michał Kwiatkowski

©Cyclingnews.com, Twitter

Michał Kwiatkowski sarà il capitano del Team INEOS e già questa è una notizia. Uscito malconcio dal Tour de France 2019, infatti, il polacco aveva preferito accostare e scendere di sella, manifestando un’insolita e preoccupante stanchezza – mentale e fisica. Se il 2019 si era chiuso in maniera scialba, col cinquantacinquesimo posto allo Sparkassen Münsterland Giro come miglior risultato e la decisione di non presentarsi ai campionati del mondo, il 2020 era cominciato un po’ meglio: niente di che, d’accordo, ma il sesto posto davanti a corridori come Bevin, Lampaert e Thomas nella cronometro conclusiva della Volta ao Algarve lasciava presagire uno stato di forma in lieve ma costante ascesa. Ripartire dalla Strade Bianche può essere un buon compromesso per Kwiatkowski. L’ha già conquistata due volte, nel 2014 e nel 2017, e potrà contare su dei compagni di squadra solidi e rodati: Doull, Swift, Narváez, Puccio e Rowe tornano buoni in qualsiasi frangente e stagione, Moscon invece può essere un’ottima spalla per scardinare le resistenze dei favoriti principali e delle loro rispettive formazioni. Tuttavia, ormai lo conosciamo fin troppo bene, Michał Kwiatkowski non è uno di quei corridori che si lascia aspettare a cuor leggero: è un atleta completo, brillante e letale così come altalenante, inaffidabile, imprevedibile. Pur avendo i mezzi per primeggiare in svariate competizioni e durante tutto l’arco della stagione, il polacco sembra dare il meglio di sé quando i radar non rilevano la sua presenza, abilissimo nel preparare un evento senza dare nell’occhio e poi di conquistarlo con una sola, micidiale stoccata. È sufficiente scorrere i suoi risultati nelle classiche: nelle due edizioni della Strade Bianche che non ha vinto, Kwiatkowski ha chiuso rispettivamente ventesimo e trentesimo, lontano dai migliori e insensibile alle mezze tinte; la Milano-Sanremo l’ha conquistata senza aver mai dato l’impressione di poterci riuscire, dopo due ritiri e altrettanti piazzamenti irrilevanti; al Giro di Lombardia, corsa che per caratteristiche gli è più che adatta, annovera tre ritiri e due prove incolori; alla Liegi-Bastogne-Liegi, infine, due terzi posti e poi un dodicesimo, un ventunesimo, un ventinovesimo, un trentaseiesimo, un novantaduesimo e un ritiro. Non aspettatevi molto da Kwiatkowski, ma se doveste ritrovarlo tra i primi non dite che non vi era stato accennato.

Wout van Aert

@anthonyleutenegger

Al debutto, nella martoriata e famigerata edizione del 2018, Wout van Aert fu terzo, stremato come un naufrago miracolosamente sopravvissuto. Anche se alle spalle aveva già diverse vittorie in Belgio e una carriera scintillante nel ciclocross, per certi versi quel risultato fu un’epifania, una sorpresa, la conferma che quel belga non ancora ventiquattrenne avrebbe potuto replicato sull’asfalto quanto aveva mostrato sul fango. Fu terzo anche lo scorso anno, anticipato soltanto da Alaphilippe e Fuglsang, la coppia che avrebbe caratterizzato buona parte della primavera. Anche la progressione dei distacchi è indicativa: nel 2018 crollò di schianto in cima allo strappo finale di Santa Caterina e chiuse con cinquantotto secondi di ritardo; lo scorso anno, invece, i secondi furono ventisette. È l’unico corridore ad essere salito sul podio delle ultime due edizioni e per lui vale lo stesso discorso fatto per van der Poel: guida del mezzo, poliedricità, compattezza, talento e abitudine al fondo stradale sconnesso lo rendono automaticamente uno dei favoriti principali. A differenza di van der Poel, anche se quest’ultimo sembra avere una marcia in più, van Aert ha dalla sua il vantaggio delle due precedenti esperienze, aspetto sul quale l’olandese non può contare. Può attaccare da lontano, attendere la rampa conclusiva oppure giocare d’astuzia nei viottoli che precedono l’arrivo. Non potrà, invece, fare molto affidamento sulla squadra: Tolhoek e Bouwman non sono da buttar via, ma difficilmente sapranno restargli accanto nelle fasi più concitate; vale lo stesso discorso anche per Jansen, mentre Lindeman, Martens e Wynants pedaleranno d’esperienza. Non bisogna dimenticare che van Aert è reduce da una stagione complessa: da una parte il netto miglioramento e le grandi prestazioni, culminate con le due vittorie di tappa al Delfinato e la prima al Tour de France; dall’altra il tremendo infortunio occorsogli nella cronometro di Pau, incidente che in un primo momento fece temere per il prosieguo della sua carriera ad altissimi livelli. Van Aert non si è fatto abbattere: ha chiuso in crescendo la stagione di ciclocross e nell’unica prova su strada dispuata nel 2020, la Omloop Het Nieuwsblad, ha chiuso all’undicesimo posto nel gruppo che si giocava la quinta piazza, conquistata poi da Declercq. Alla Strade Bianche spera – nuovamente, in questo anomalo 2020 – di ricominciare la propria stagione con un risultato migliore e ci sono tutte le premesse perché possa riuscirci.

Jakob Fuglsang

©Cycling Weekly, Twitter

Almeno fino allo scorso anno, Jakob Fuglsang e le classiche sembravano destinati a non incrociare le rispettive traiettorie. La pennellata che ogni tanto permetteva al danese di conquistare qualche breve corsa a tappe, infatti, nelle prove di un giorno si seccava. L’argento nella prova in linea delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 uscì da questa logica, ma si trattò di un fatto più unico che raro: la caduta di Nibali, la particolarità della manifestazione e le tante defezioni dovute al caldo e alle fatiche del Tour de France ancora fresche nelle gambe di molti indirizzarono la corsa in una direzione inaspettata e Fuglsang ne approfittò. E poi poco altro: un nono e un decimo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, un quarto al Giro di Lombardia nell’ormai lontano 2010. Nel corso della primavera del 2019, invece, la metamorfosi: terzo alla Tirreno-Adriatico, quarto ai Paesi Baschi, terzo all’Amstel Gold Race, secondo alla Freccia Vallone e primo alla Liegi-Bastogne-Liegi, la prima corsa di un giorno conquistata tra i professionisti. Ma fu il secondo posto alla Strade Bianche a benedire la primavera di Fuglsang. Un secondo posto pressoché inevitabile, considerando l’esplosività e la rapidità di un corridore come Alaphilippe. I punti di forza che gli avevano permesso di togliersi diverse soddisfazioni nelle brevi corse a tappe, improvvisamente si rivelavano decisivi anche nelle classiche vallonate: le indubbie doti da scalatore, quelle nella guida del mezzo affinate negli anni di mountain bike – il finale della Liegi-Bastogne-Liegi 2019 è un manifesto – e una squadra di assoluto livello pronta ad immolarsi per lui. E poi la fiducia, ovviamente, la cui crescita è direttamente proporzionale al numero delle vittorie: è un circolo virtuoso, all’aumentare della prima corrisponde un aumento delle seconde e viceversa. Undicesimo nel 2016 e secondo lo scorso anno, Jakob Fuglsang dovrebbe aver capito che per conquistare la Strade Bianche deve presentarsi in Piazza del Campo da solo: di rivali più scattanti di lui ce ne sono troppi. A scortarlo ci saranno i due Izagirre, Houle, Felline, Boaro e Lutsenko – uno degli outsider più interessanti, nella maggior parte delle altre squadre avrebbe i galloni di capitano. Per vincere, insomma, Fuglsang dovrà replicare l’assolo che gli valse la Liegi-Bastogne-Liegi, anche se al posto della fredda pioggia d’aprile troverà l’arsura della polvere agostana.

Dylan Teuns

©MIWA IIJIMA, Twitter

Finalmente, dopo tanto peregrinare, Dylan Teuns sembra aver trovato la propria dimensione. E pare averla arredata piuttosto bene, va detto. Lo scorso anno ha messo insieme una stagione di tutto rispetto: quinto alla Omloop Het Nieuwsblad, nono alla Liegi-Bastogne-Liegi, una vittoria di tappa tanto al Delfinato quanto al Tour de France e la maglia rossa di leader della Vuelta indossata per un giorno – corsa conclusa al dodicesimo posto a meno di due minuti dal nono di Soler. Le prime uscite del 2020 non avevano fatto altro che confermare questa tendenza: quinto alla Volta a la Comunitat Valenciana, di nuovo quinto alla Vuelta a Andalucía con la vittoria nella cronometro conclusiva e senza mai uscire dai primi 6 nelle cinque tappe in programma, secondo e battuto dal solo Schachmann nella prima tappa della Parigi-Nizza. Della Bahrain-McLaren sarà l’unico capitano, poiché il percorso della Strade Bianche sembra proibitivo tanto per García Cortina che per Mohorič, due gregari comunque importanti – gli altri sono Wright, Novak, Bole e Tratnik. Non avendo mai centrato il successo in una corsa d’un giorno, è impossibile mettere Teuns sullo stesso piano dei favoriti principali. Però viene subito dopo e delle seconde linee è uno dei più agguerriti e temibili. Una classica sembra alla sua portata, essendo già salito sul podio della Freccia Vallone – nel 2017 – e del Giro di Lombardia – nel 2018. Resta da capire cosa vorrà fare del proprio talento Dylan Teuns: modellarlo pensando alle brevi e grandi corse a tappe, oppure incanalarlo verso le classiche? Fino a qualche anno fa avremmo optato per la seconda, essendo la figura di Teuns sfilacciata, nervosa e agile. La stagione passata, invece, potrebbe aver rimescolato le carte: il dodicesimo posto alla Vuelta e le tante fughe cercate nelle tappe più impegnative del Tour de France non sembrano casuali, bensì i primi risultati di una trasformazione che potrebbe rendere Teuns un corridore molto più completo. Più completo ma non più vincente, come ribadiamo spesso. Per primeggiare nelle classiche vallonate, quelle che si addicono di più al belga, servono resistenza e buone capacità in salita, s’intende: ma non a discapito dello scatto e della stoccata, caratteristiche quasi imprescindibili per fare la differenza sugli strappi e regolare un drappello in volata. Il ventaglio di mosse a disposizione di Teuns è notevolmente aumentato, resta da vedere soltanto se sarà sufficiente per ottenere la prima vittoria in una grande classica.

Maximilian Schachmann

©Maximilian Schachmann, Twitter

Un ritiro nel 2018 e il ventinovesimo posto dello scorso anno a circa sette minuti da Alaphilippe: apparentemente Maximilian Schachmann non sembra tagliato per la Strade Bianche. Apparentemente, appunto, visto e considerato che dal mese di marzo del 2019 ad oggi sono cambiate tantissime cose. La Strade Bianche 2019 fu la seconda corsa del tedesco con la BORA-hansgrohe, la prima in linea dopo il debutto assoluto avvenuto all’UAE Tour. Quel giorno non era nemmeno il capitano, ruolo ricoperto da Majka, che da Schachmann accusò un ritardo superiore ai due minuti. Nonostante un prestazione tutt’altro che esaltante, l’inarrestabile primavera di Schachmann iniziò proprio il giorno successivo, quando conquistò il GP Industria & Artigianato: poi sarebbero arrivate una tappa alla Volta a Catalunya e tre ai Paesi Baschi, il quinto posto alla Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone, il terzo alla Liegi-Bastogne-Liegi e la vittoria nella prova in linea dei campionati tedeschi nei primi giorni d’estate. Nell’ultimo anno e mezzo Maximilian Schachmann è diventato uno dei corridori più completi e interessanti del gruppo: ha compiuto ventisei anni a gennaio, ha già dimostrato di poter lottare coi migliori negli appuntamenti più importanti e l’unico terreno che non digerisce è il pavé. Per il resto, il tedesco si difende egregiamente: al Giro d’Italia 2018 vinse – andando in fuga – in cima alla salita di Prato Nevoso; le sue doti nelle cronometro sono testimoniate dal titolo tedesco conquistato tra i dilettanti, dal successo nella cronometro inaugurale dei Paesi Baschi 2019 e dal terzo posto ai campionati europei di Glasgow nel 2018; i percorsi mossi sono quelli che gli si addicono di più, da questo punto di vista la classifica generale della Parigi-Nizza e il relativo successo di tappa centrati all’inizio della stagione sono emblematici. Prima della pausa forzata era uno dei migliori, vedremo se sarà in grado di riconfermarsi. La squadra su cui potrà contare è ottima, una delle migliori: Benedetti, Oss, Gatto, Burghardt, Mühlberger e Peter Sagan, una presenza comunque ingombrante. Non è detto, infatti, che Schachmann sia l’unico capitano della formazione: qualche anno fa, in virtù soprattutto dei due secondi posti consecutivi tra il 2013 e il 2014, Sagan sarebbe stato il faro indiscusso, ma adesso non ne siamo più così sicuri. Con uno Schachmann del genere, d’altronde, nessuno può dichiararsi tranquillo.

 

Foto in evidenza: ©Strade Bianche, Twitter