Considerazioni sparse sulla Milano-Sanremo 2020

Le anomalie di questa stagione rendono la Milano-Sanremo ancora più intrigante.

 

Possono vincerla in molti, il suo fascino sta nell’imprevedibilità, un finale acceso e combattuto può far dimenticare con uno schiocco di dita diverse ore di monotona e sfibrante attesa: ecco, tutte queste frasi – fatte, si capisce, ma non per questo meno vere, giacché alla base di ogni frase fatta e stereotipo riposa un fondo di verità – quest’anno sembra acquistare un senso nuovo. Magari non succederà niente di memorabile, non ci stupiremmo, ma la Milano-Sanremo 2020 non è l’abituale classica d’apertura.

Gli uomini, sei per ogni squadra; la stagione, l’inizio di agosto e non la fine di marzo; il percorso di avvicinamento, complesso e compresso. Il percorso, più di ogni altra cosa: non tanto nel chilometraggio, superiore di poche migliaia di metri, ma nell’altimetria. Non si faranno né il Turchino né i tre capi, ma in compenso subentrano Niella Belbo e Colle di Nava: salite pedalabili ma pur sempre all’insù, una lieve pendenza che nella seconda parte della corsa sarà onnipresente, un falsopiano – e diversi tratti di discesa – impossibile da eludere.

Ad una prima occhiata, i velocisti sembrano le vittime sacrificali. A patto che, tuttavia, il percorso più impegnativo non spinga i corridori a mantenere un ritmo più costante e meno frenetico: se lo sforzo venisse gestito con parsimonia, insomma, il rischio di far arrivare tanti velocisti sul rettilineo finale sarebbe più che concreto; in caso contrario, invece, allora non ci sarà storia: mai come quest’anno la Milano-Sanremo sarà appannaggio degli uomini delle classiche – persino velocisti resistenti come Sagan e Démare potrebbero mollare la presa a diversi chilometri dal traguardo.

©Claudio Martino, Wikipedia

Le insidie saranno molte. Nella parte centrale della gara c’è spazio per attaccare, non essendoci più la riviera ma la Niella Belbo e il lungo falsopiano che porta al Colle di Nava. E la Cipressa potrebbe rivelarsi più decisiva del solito, non soltanto quindi il punto in cui allungare il gruppo sfoltendolo dai rami secchi.

La conta dei velocisti

Soltanto al termine della discesa del Poggio – a meno che, ovviamente, la corsa non abbia già assunto una fisionomia precisa – sarà possibile fare la conta dei velocisti: capire chi ha ancora qualche possibilità e chi, invece, ha irrimediabilmente perso contatto; quanti gregari sono rimasti coi rispettivi capitani; infine la cera di quest’ultimi, giacché da una volata dopo trecento chilometri è lecito aspettarsi di tutto.

Le sorprese, appunto: chi potrebbe rivestire questo ruolo? Si candidano tanti italiani: Gavazzi, Pasqualon, Cimolai, Sbaragli – van der Poel permettendo, ovviamente. Se Damiano Cima e Filippo Fiorelli sembrano ancora acerbi per poter raccogliere un risultato importante, ecco un terzetto sul quale vengono riposte tante speranze: Colbrelli, Bonifazio e Nizzolo.

Dei tre, Colbrelli è quello che ha trovato più costanza, vincendo poche corse ma riuscendo a piazzarsi spesso tanto nelle classiche quanto nei grandi giri. La Bahrain-McLaren porterà alcuni dei suoi uomini migliori e proprio per questo Colbrelli dovrà stare attento alla competizione interna: García Cortina, Mohorič e Teuns possono essere degli splendidi gregari e dei pericolosissimi guastafeste. Bonifazio, invece, sarà l’unico capitano della Total Direct Energie, anche se il colpo di pedale trovato a marzo gli dava molte più certezze. Per Nizzolo valgono entrambi i discorsi: è molto adatto al disegno della corsa, qualche mese fa sarebbe stato uno dei favoriti principali e dovrà mettersi d’accordo con Valgren e Boasson Hagen affinché non sorgano malintesi.

Rimangono, dunque, Trentin e Viviani. Il primo, ormai, è una garanzia; decimo tanto nel 2016 quanto lo scorso anno e sempre presente nel finale, deve però capire qual è la carta giusta da giocare: sprecando troppe energie, infatti, rischia di rimanere a bocca asciutta sia in volata – a ranghi ristretti o compatti non fa differenza, quando si è al lumicino – sia nel tentativo di inseguire l’affondo decisivo di qualche rivale. E poi dovrà condividere i galloni di capitano con Van Avermaet, un corridore che verosimilmente ritroveremo nelle prime posizioni nel finale.

Viviani è un enigma. Pur essendosi affermato come uno dei migliori velocisti al mondo, il suo miglior risultato alla Milano-Sanremo rimane il nono posto del 2017. Con la maglia della Cofidis ha raccolto tanti piazzamenti, ma non ha ancora vinto. Per rimanere coi migliori e arrivare a giocarsi la vittoria in volata, Viviani dovrà stringere i denti più di tanti altri. Il treno del quale spera di avvalersi sarebbe uno dei migliori – Laporte, Consonni, Sabatini -, ma resta da vedere quanti di loro riusciranno a superare indenni il Poggio. Laporte e Consonni, se Viviani dovesse alzare bandiera bianca, potrebbero persino usurpargli il trono.

Tante spine nel fianco potrebbero essere straniere: van Poppel, Petit, Bouhanni. E altri, invece, che potranno nascondersi nell’ombra dei capitani più quotati: Swift, terzo nel 2014 e secondo nel 2016, osserverà le mosse di Kwiatkowski; Aranburu e Cort Nielsen faranno altrettanto con Lutsenko e Bettiol.

Probabilmente i due velocisti più temuti sono Démare ed Ewan e i motivi sono molti: hanno un’intera squadra a disposizione, i meccanismi sono ben oliati e una volata dopo trecento chilometri si addice molto bene ad entrambi – Ewan fu decimo nel 2017 e secondo nel 2018, Démare vinse nel 2016 e fu sesto nel 2017 e terzo nel 2018. In più, sono i due velocisti che si sono giocati la vittoria alla recente Milano-Torino. Kristoff e Matthews rimangono sullo sfondo, ma non sono due spauracchi da nulla: il primo l’ha vinta nel 2014 e nelle ultime sette edizioni non è mai uscito dai primi quattordici; Matthews, invece, pur non avendola vinta, l’ha conclusa due volte al dodicesimo posto, una al settimo e una al terzo.

©Caleb Ewan, Twitter

Kristoff rimane sullo sfondo anche perché uno dei suoi compagni è Gaviria, da anni promesso sposo della Milano-Sanremo che ancora non è convolato a nozze. Richeze è dalla sua parte, Kristoff non è detto. Gaviria è rientrato abbastanza bene dalla pausa forzata, ma le sue quotazioni non possono essere quelle di Démare ed Ewan. Si può dire altrettanto di Bennett e Sagan: sono perfetti per la Milano-Sanremo e possono vincerla, ma non sembrano né così veloci da anticipare Ewan e Démare in volata né tantomeno così scattanti per seminare sul Poggio corridori come Alaphilippe, van Aert e van der Poel.

Due spiccioli su Cees Bol, giovane velocista della Sunweb che diventerà l’uomo su cui puntare nel caso in cui Matthews tirasse i remi in barca.

Attacchi a lunga gittata

Nonostante il percorso notevolmente modificato, la prima fuga di giornata continuerà ad avere le stesse pochissime chance di arrivare fino in fondo: troppe le squadre interessate a ricompattare il gruppo, troppi i chilometri che separano partenza e arrivo, troppo modesto il livello dei fuggitivi della prima ora. Nella seconda parte della corsa, tuttavia, le cose potrebbero cambiare: di atleti battuti in volata oppure incapaci di rispondere alle rasoiate degli scattisti sul Poggio ce ne sono molti e alcuni di loro, se non vogliono andare verso una sconfitta pressoché certa, dovranno inventarsi qualcosa.

A cose normali, lo abbiamo già detto, uno scalatore che non si muoveva sul Turchino doveva necessariamente aspettare il Capo Berta e la Cipressa per provare ad agitare le acque. Di scalatori che attaccano sul Turchino non ne ricordiamo, nemmeno di folli che escono a sessanta all’ora quando il gruppo risale la riviera: proprio per questo, infatti, per vedere qualcosa bisognava aspettare i capi e la Cipressa, se non direttamente il Poggio. Quest’anno, invece, la Niella Belbo e il Colle di Nava posti tra la metà e i tre quarti del percorso strizzano l’occhio agli attaccanti.

©Le Gruppetto, Twitter

Facciamo alcuni nomi partendo dai più anziani, ovvero quei corridori che sanno gestire uno sforzo lungo ed esigente, sopperendo alla mancanza di freschezza con un’invidiabile resistenza. Gilbert e Nibali, ad esempio, due campioni riconosciuti e affermati che non devono più dimostrare niente. Sono nell’invidiabile situazione dell’artista che crea, disegna e realizza in nome della bellezza, non di qualche commissione da rispettare. A Gilbert manca solo questa classica monumento, è vero, ma anche se non dovesse conquistarla la sua rimane comunque una carriera leggendaria.

La Quick Step potrebbe lanciare Jungels, un po’ per confondere il gruppo e un po’ per far rimanere coperti Bennett, Alaphilippe e Štybar. E poi tutti quegli scalatori puri che altrimenti non avrebbero altre possibilità: Woods, Caruso, Kreuziger, De Marchi, Masnada. Scalatori ma non solo, se pensiamo a quanti corridori veloci-ma-non-troppo sono presenti in gruppo: Teuns, Lutsenko, Clarke, Meurisse, Velasco, Albasini, Brambilla, Visconti.

Tre italiani rimangono in una sorta di limbo: Ciccone, Formolo e Moscon. Moscon, dei tre il più adatto, non ha dato segnali particolarmente incoraggianti. In più, corre in una squadra in cui sono presenti Kwiatkowski e Swift. Potrebbe muoversi da lontano come attendere gli ultimi chilometri, ma per poter decidere dove e quando attaccare serve un colpo di pedala e una sicurezza che lui adesso sembra non possedere. Ciccone è ancora relativamente giovane e scattante, ma scappare sul Poggio sembra proibitivo: per questo dovrebbe cercare di inserirsi in qualche tentativo più ambizioso, in generale fare qualcosa non oltre la Cipressa.

Insieme a Bettiol, Formolo è uno dei nomi nuovi per quanto riguarda le classiche. Anche lui dovrà giocare d’anticipo, considerando anche le doti di fondo che tutti gli riconoscono. Ma le prestazioni sfoggiate nell’ultimo anno e mezzo non sono passate inosservate e a differenza di Ciccone e Moscon avrà gli occhi dei favoriti puntati addosso. Oltre a Gaviria e Kristoff ci sarà anche Pogačar, un atleta incompatibile con la Milano-Sanremo soltanto in apparenza: forte sul passo e agile in salita, lo sloveno è una mina vagante da non sottovalutare. Potrebbe permettersi di aspettare il Poggio, una scelta che giocherebbe in favore di Formolo, che a quel punto dovrebbe aver già provato a mettersi in proprio.

Se la Milano-Sanremo si fosse disputata regolarmente a marzo, non avremmo avuto problemi nell’indicare Benoot e Søren Kragh Andersen tra gli outsider più temibili. La pausa ha rimescolato le carte, ma la Sunweb rimane una delle squadre più indecifrabili e potenzialmente decisive: alla Parigi-Nizza Benoot si levava di ruota Nibali in salita e Kragh Andersen vinceva la cronometro individuale, mentre Matthews si piazzava con regolarità tra i primi dieci. Anche Benoot e Kragh Andersen, lucidità e forza permettendo, dovranno anticipare i tempi: lasciar loro troppo spazio in virtù di un palmarès ancora scarno potrebbe rivelarsi un errore imperdonabile.

Tutto quel che resta

La Milano-Sanremo non era mai assomigliata così tanto ad una classica tanto quanto quest’anno: non soltanto, dunque, una volata preceduta da sette ore di manovre, scombussolate al massimo da un’azione a pochi chilometri dal traguardo. Pur non essendo proibitivo, il percorso è molto più vallonato e insidioso del solito ed è per questo che, almeno secondo noi, i favoriti sono da ricercare tra i classicisti più validi.

Alaphilippe, anche se la Quick Step non è interamente votata alla sua causa e lui, fino ad oggi, non ha brillato: è pur sempre il vincitore uscente, terzo anche nel 2017; van Aert, splendido vincitore della Strade Bianche e capitano unico della Jumbo-Visma, capace di scoccare il colpo sul Poggio e di regolare la maggior parte dei corridori veloci in volata; Bettiol, un corridore che vince poco ma assolutamente temibile quando si trova a suo agio: nel giro di un mese lo scorso anno conquistò il Giro delle Fiandre, fu quarto ad Harelbeke e sfiorò la vittoria di tappa alla Tirreno-Adriatico, dimostrando di saper capitalizzare come pochi altri i periodi di forma migliore.

©Milano Sanremo, Twitter

Pur non godendo dello stesso credito di altri, non possiamo dimenticarci di Van Avermaet e Naesen: il primo perché non molla mai e la Milano-Sanremo gli calza abbastanza bene, anche se l’età inizia a pesare e la completezza – quasi eccessiva – non ha mai giocato in suo favore; il secondo perché cresce di stagione in stagione e lo scorso anno fu il primo dei battuti – e poi ottavo ad Harelbeke, terzo alla Gand-Wevelgem, settimo al Giro delle Fiandre.

L’incertezza che caratterizza la Milano-Sanremo si arricchisce, almeno per quest’anno, di due ulteriori capitoli. Quello su Kwiatkowski, innanzitutto, uno dei corridori più letali quando si parla di classiche, capace di rimanere nell’ombra per chilometri e settimane per poi fare fuoco – col silenziatore, quando uno non se l’aspetta. Alla Milano-Sanremo è di casa: primo nel 2017, undicesimo nel 2018, terzo lo scorso anno. Dalle difficoltà psicofisiche del 2019 sembra essersi ripreso, alla Strade Bianche è parso in ripresa nonostante il dodicesimo posto finale a dieci minuti da van Aert. Potrebbe sfruttare, e probabilmente lo farà, la presenza di Moscon e Swift per confondere i suoi rivali: nel silenzio e nell’oscurità Kwiatkowski sa attendere come pochissimi altri.

L’altro nodo che soltanto la corsa potrà sciogliere si chiama Mathieu van der Poel, uno dei favoriti della vigilia oppure l’outsider principale, a seconda dei punti di vista. La corsa è semplicemente perfetta per le sue caratteristiche, o magari è lui ad essere perfetto per la Milano-Sanremo. Tuttavia, il crollo verticale di Harrogate e le difficoltà patite alla Strade Bianche non sono passate inosservate: il talento è indiscutibile, la prestanza atletica talvolta disarmante, ma i trecento chilometri e il caldo di agosto potrebbero ridimensionare notevolmente le sue possibilità. Il fatto che riesca a rendere incerta anche la prestazione di uno come van der Poel dà l’idea dell’unicità della Milano-Sanremo.

 

Foto in evidenza: ©RCS Sport, Twitter