Roland Liboton, ovvero quando gli anni ’80 sbarcarono nel mondo del ciclocross

Stravagante, ma incredibilmente forte e rivoluzionario: Roland Liboton era un ciclocrossista moderno.

 

 

Amava le auto sportive, le motociclette e andare a ballare il sabato sera. Roland Liboton era un concentrato di anni ’80 che si abbatté con una veemenza inaudita su una disciplina dal sapore antico come il ciclocross. In uno sport che narrava le storie di umili, dal fornaio Renato Longo al meccanico Albert Zweifel, passando per i due gitani, i fratelli De Vlaeminck, Roland rappresentava qualcosa di totalmente nuovo.

Nel 1981 la televisione francese produsse un documentario sulla vita quotidiana di Albert Zweifel. Andarono a trovarlo nella sua casa sperduta tra le montagne svizzere, dove viveva con moglie e figlio e passava le giornate ad allenarsi. L’immagine che ne uscì era quella di un eremita. In quello stesso periodo, il suo giovane rivale Roland Liboton – che gli aveva strappato lo scettro di re del ciclocross – rilasciava interviste in discoteca.

Ma Roland non rappresentava una novità solo per il suo essere l’archetipo della star sportiva moderna trapiantata in un mondo di atleti d’antan dal profilo basso e sempre ligi al dovere. Anche dal punto di vista tecnico era qualcosa a cui mai prima nessuno aveva assistito. Possiamo dire che c’è stato un avanti Liboton e un dopo Liboton.

Le sue leve da fenicottero gli permettevano di correre velocemente su qualsiasi superficie, la sua falcata leggiadra era letale per gli avversari. Liboton era elegante, dotato di grandi qualità coordinative, ma era anche potente come un toro. Scendeva e risaliva agilmente in bici e talvolta riusciva a rimanere in sella su tratti che i rivali dovevano fare a piedi. Per non farsi mancare nulla, oltretutto, era anche incredibilmente veloce. Arrivare allo sprint con Roland significava sostanzialmente avere già perso.

Un crossista totale, rivoluzionario, molto più simile a Sven Nys e soprattutto a Mathieu van der Poel, piuttosto che a coloro che sono venuti prima di lui. Sapeva vincere in ogni modo e su ogni terreno: non a caso ha conquistato dieci campionati nazionali del Belgio consecutivi, tutt’oggi un record che nessuno è riuscito a battere, nemmeno il sopraccitato Sven Nys, fermatosi a nove. Al suo apice, nella stagione 1983-1984, Roland riuscì a vincere trentadue gare sulle trentaquattro disputate. Solo Eric De Vlaeminck e van der Poel – Mathieu – possono dire di averlo eguagliato.

Che Roland fosse speciale lo si capì praticamente subito. A vent’anni vinse il Mondiale di ciclocross dei militari. A ventuno, invece, dominò quello riservato ai dilettanti sul circuito di Amorebieta. E sia chiaro, i dilettanti non erano gli attuali Under 23. In quell’occasione Liboton si mise dietro il ventiseienne Gilles Blaser, argento anche l’anno successivo, ma tra i professionisti, e i ventiquattrenni Hennie Stamsnijder, suo futuro grande rivale, iridato nel 1981 e vincitore di quattro Superprestige, e Vito Di Tano, due volte campione del mondo tra i dilettanti (1979 e 1986). In sostanza quel titolo, dal punto di vista tecnico, non valeva meno di quello vinto da Zweifel tra gli Elite.

Dopo un 1979 interlocutorio che lo vede vincere il titolo belga dei dilettanti, ma incapace di ripetersi al Mondiale di Saccolongo, Liboton fa il salto di categoria. Il passaggio di Roland al professionismo sarà traumatico, ma per gli avversari. Pronti via e già vince il Druivencross di Overijse, la gara più prestigiosa delle Fiandre, il titolo nazionale e anche il Trofeo Guerciotti, manifestazione milanese al tempo tra le più attese della stagione crossistica.

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Il punto esclamativo, però, lo mette ai Mondiali di Wetzikon, Svizzera, in casa di quell’Albert Zweifel che nessuno riusciva a battere nella rassegna iridata dal 1976. Quel giorno il tracciato elvetico fu un trionfo di ghiaccio. Zweifel, a un certo punto, scivolò su un tratto in discesa e cadde; Liboton, che si trovava appena dietro, restò in piedi senza problemi. Il belga pattinava sul fango come nessuno, staccò tutti e volò via. A ventitré anni ancora da compiere, si laurea per la prima volta in carriera campione del mondo di ciclocross categoria Elite. A diciannove secondi arrivano il tedesco Klaus Peter-Thaler e il neerlandese Hennie Stamsnijder. Zweifel è solo quarto, a ventidue secondi da Liboton.

I primi quattro classificati di quella rassegna iridata, oltretutto, sono coloro che hanno conquistato tutti i titoli mondiali riservati ai professionisti tra il 1976 e il 1987. Non solo Roland ha detronizzato il re nella sua corte, dunque, ma ha anche trionfato in una gara dal livello tremendamente alto, con pochi eguali nella storia della disciplina.

Tra il 1980 e il 1984 Liboton fallisce l’assalto alla maglia iridata solo nel 1981, battuto da Stamsnijder. Nella stagione seguente, a venticinque anni, entra a tutti gli effetti nel periodo migliore della sua carriera ed è quasi imbattibile. A Lanarvily, in Francia, ai Mondiali del 1982, dà vita a un epico duello con Albert Zweifel. Una sfida generazionale: gli anni ’70 contro gli anni ’80. Lo svizzero che vive tra le montagne e il belga che ama sfrecciare in città con la sua Porsche 928. I due, a duecento metri dal traguardo, sono ancora insieme; a quel punto, però, Roland sfodera il suo scatto perpetuo: una rasoiata splendida e letale, che costringe l’elvetico ad alzare bandiera bianca. Di nuovo.

Nel 1983, a Birmingham, Regno Unito, Liboton conquista anche il terzo titolo iridato, in un percorso ricco di saliscendi in cui fa la differenza, nel finale, grazie alle sue doti di funambolo in bicicletta. Zweifel è nuovamente secondo, a nove secondi, mentre terzo giunge Thaler. Nel 1984 arriva l’ultimo successo mondiale della carriera, a Oss, Paesi Bassi, in casa di Stamsnijder. La gara si trasforma ben presto in un triello tra il belga, l’appena citato neerlandese e il solito Zweifel. Il tracciato è molto veloce e nessuno dei tre riesce a fare la differenza. Sarà, dunque, la volata a decretare chi vestirà la maglia più ambita del ciclocross. Roland è il più rapido, le gambe non tremano, e si esibisce in uno sprint regale. Gli altri due fanno fatica a tenergli la ruota. Il sovrano è ancora lui, per il terzo anno consecutivo.

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Nel 1985, però, qualcosa, nel rapporto tra Liboton e la rassegna iridata si rompe. Roland Liboton va incontro a una débâcle inaspettata, dovuta anche a diversi problemi meccanici, in quel di Monaco, e conclude solo decimo, a oltre due minuti dal vincitore Thaler. Da quel momento in poi non tornerà più sul podio del Mondiale e l’unico suo buon piazzamento sarà un sesto posto a quasi sei minuti dal vincitore Pascal Richard, nella durissima gara di Hagendorf 1988.

Tuttavia, nelle altre competizioni continuerà a essere l’uomo da battere per un altro lustro. Nella stagione 1984-1985 vince il suo primo Superprestige, l’unica delle tre Challenge all’epoca già esistente (il GVA/DVV nascerà nel 1987, la Coppa del Mondo nel 1993). Si ripete anche l’anno seguente, mentre il terzo e ultimo centro nella manifestazione arriverà nel 1987-1988, quando trionferà anche in sette delle dieci prove in programma.

Il tramonto vero e proprio di Liboton arriverà nella stagione 1989-1990, quando per la prima volta in carriera perderà il campionato nazionale belga per mano del campione del mondo in carica Danny De Bie. Roland, rappresentazione ciclocrossistica degli anni ’80, tramonta insieme al decennio di cui è stato icona.

Nel 1990 la Porsche 928 sta diventando vecchia, nuovi generi stanno soppiantando la musica che ha fatto ballare una generazione e anche per il fuoriclasse di Lovanio, ormai, è tempo di farsi da parte. La sua impronta, però, resterà per sempre indelebile nella storia delle due ruote. Un alieno che ha cambiato per sempre il modo di concepire il ciclocross. Rivoluzionario come i suoi anni ’80.

 

 

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