Evgenij Berzin, è nato a Vyborg, nella Carelia russa, il 3 giugno del 1970. Fu tra gli ultimi atleti a vincere per l’Unione Sovietica: il Mondiale in pista nell’inseguimento tra gli allievi nel 1988 e tra i dilettanti nel 1990. Poco più che ventenne fu notato anche come buon prospetto in strada dagli osservatori dei team italiani, che lo portarono alla Cuoril nel 1992 per l’ultima stagione da dilettante.

L’anno successivo Emanuele Bombini stava costruendo una nuova squadra, la Mecair-Ballan e lo stava facendo attorno alla figura di un campione affermato, già trentatreenne: Moreno Argentin. Berzin entrò nel gruppo dei giovani talenti chiamati ad affiancare il corridore di San Donà di Piave, insieme a nomi come Francesco Frattini, Nicola Minali, e l’altro russo Vladislav Bobrik. Il 1993 di Berzin non fu fenomenale ma quello di un buon corridore di 23 anni che si affacciava sui palcoscenici più importanti. Non vinse mai, fu secondo in una tappa del Tour of Britain, e nella classifica generale della Settimana Lombarda. Conquistò una maglia, quella dei GPM sempre al Britain.

Venne confermato da Bombini per il 1994 nella squadra che avendo cambiato sponsor principale era diventata Gewiss-Ballan. A inizio stagione conquistò una serie impressionante di secondi e terzi posti tra Spagna, Italia e Francia. Il primo successo in carriera arrivò alla terza tappa del Criterium Internazionale, una cronometro di 12,5 chilometri disputata ad Avignone, battendo Tony Rominger di 3 secondi. Era il 27 marzo e il risultato gli fece conquistare anche l’ennesimo terzo posto, nella generale stavolta alle spalle di Furlan, suo compagno alla Gewiss, e dello stesso Rominger. Tre settimane dopo, è nel nord Europa al via della Liegi-Bastogne-Liegi. La Liegi era storicamente terreno del suo capitano: Argentin l’aveva vinta quattro volte, dal 1985 al 1987 e ancora nel 1991 e avrebbe voluto fare cinque per eguagliare tra i plurivincitori sua maestà Eddy Merckx. Vero leader della Gweiss nel 1994 era però Giorgio Furlan, sei anni più giovane di Argentin e già vincitore, un mese prima, della Milano-Sanremo. Moreno, già lo si sapeva, si sarebbe ritirato a fine stagione.

 

Davide De Zan e Beppe Saronni in studio a Tele MonteCarlo ci raccontano l’aprile del ciclismo

 

La vittoria di Berzin in quella Liegi nasce da una serie di circostanze particolari, che suscitarono anche parecchie polemiche in Italia. Evgenij è nel gruppetto di testa come scudiero di Furlan. Con loro: Rominger col compagno Della Santa, Armstrong, e Chiappucci. Furlan ha grandi gambe, ma teme Lance in volata, ed esita. Poi a cinque chilometri dall’arrivo si rompe un raggio di una ruota di Rominger che perde contatto. Allora Giorgio Furlan decide di privilegiare le chance della squadra alle sue personali e manda Berzin all’attacco. Il russo scatta e fugge a gambe levate, del resto è un cronomen, è in gran forma, giovane e affamato di gloria. Dietro tira solo El Diablo Chiappucci. Armstrong non vuole fare il gioco di Furlan, portandolo più riposato di lui alla volata ristretta. Nemmeno Della Santa insegue: senza più Rominger lavorerebbe per le altre squadre. E così il ragazzo di Vyborg arriva da solo ad Ans e taglia il traguardo a braccia alzate con un vantaggio che è diventato di 1 minuto e 37” in un attimo. Alle sue spalle Armstrong regola nell’ordine Furlan, Chiappucci e Della Santa. Rominger è sesto a 2′ e 03”. Gli altri a oltre 5 minuti con quattro italiani a completare la top ten: Sciandri, Saligari, Cenghialta ed Elli. Sette italiani nei primi dieci, altri tempi per il nostro ciclismo: c’erano soldi, adesso quasi spariti del tutto, e molti più campioni. La polemica comunque infuria. Gianni Ranieri nel suo commento su La Stampa scrive:

“La tattica è carne del ciclismo. Le squadre pagano i corridori e i corridori devono prima di tutto pensare alla gloria della squadra. Bene, ma nessuno ci toglie di mente, e il russo primo arrivato abbia la cortesia di scusarci, che alla Gewiss-Ballan un colpo messo a segno da Furlan avrebbe portato assai più lustro di un colpo messo a segno da Berzin.”

Tre giorni dopo però la Gewiss-Ballan torna nelle grazie di tutti gli appassionati italiani alla Freccia Vallone. Argentin, Furlan e Berzin attaccano insieme a 73 chilometri dall’arrivo, al secondo passaggio sul muro di Huy. Se ne vanno da soli. Evgenij tira tutto il tempo. Dietro Bugno e Chiappucci fanno il diavolo a quattro, ma non rientrano. Berzin si rialza all’inizio del ultimo passaggio sul muro di Huy, in vista dell’arrivo. Furlan fa lo stesso a pochi metri dal traguardo per concedere l’ultima passerella a Moreno Argentin che vince così la sua terza Freccia. Dopo Furlan e Berzin concludono Bugno e Della Santa a 1 minuto e 14” con Casagrande e Chiappucci a 1’23”. Poi Cassani. Undici italiani nei primi quattordici reciterà alla fine l’ordine d’arrivo.

Archivio storico – La Stampa, Torino

La carovana del ciclismo prende la via del Sud, la corsa rosa si avvicina. Il Giro dell’Appennino invece si disputa di lunedì, è il 25 aprile. Si inizia con una protesta dei corridori contro la RAI. Cinque minuti di ritardo alla partenza per contestare il poco spazio concesso alle corse nonostante il ciclismo sia il secondo sport per praticanti dopo il calcio e per il fatto che l’ultima Roubaix sia stata trasmessa solo attraverso siparietti durante una trasmissione di varietà a base calcistica. La stessa classica ligure avrà spazio solo all’una di notte in una breve sintesi. Poi si parte. Berzin è scatenato. Qualcuno aveva dubbi sulla sua tenuta in salita e lui batte il record del 1977 di GB Baronchelli nella scalata della Bocchetta, aggiudicandosi anche un premio di cinque milioni di lire. Sul traguardo di Pontedecimo si presentano in due, il russo e Chiappucci. El Diablo ammette dopo la corsa:

“Presunzione. Ho creduto bastasse essere Chiappucci.”

Invece la volata la vince Berzin. Sempre Gianni Ranieri, vista lunga la sua, sulla Stampa scrive: “Abbiamo l’impressione, pur considerando l’età da apprendista di Berzin e la Bocchetta una nipotina gracile della Alpi che Miguel (Indurain) al Giro dovrà fare i conti con l’arrembante ex soldatino dell’Armata Rossa.”

La scalata della Bocchetta: a 46’45 le telecamere fisse ci mostrano la volata.

 

Già, Indurain, che a metà degli anni Novanta dominava le grandi corse a tappe. Dopo sei partecipazioni senza grossi risultati nel 1991 aveva iniziato a vincere il Tour per ripetersi nel ’92 e nel ’93. In queste ultime due stagioni era sceso anche in Italia per il Giro, che non aveva mai corso prima, e l’aveva vinto entrambe le volte. Ed è ancora lui il chiaro favorito per il 1994, pur se qualche voce sull’imminente fine del suo regno già si levava.

Si parte domenica 22 maggio da Bologna, con una semitappa il linea di 86 chilometri e una a cronometro di 7,5. La maglia rosa la prende il francese De Las Cuevas che vince a sorpresa la cronometro precedendo di 2” Berzin e di 5” Indurain. Argentin gliela toglie il giorno dopo vincendo per distacco a Osimo. Alla quarta tappa, da Montesilvano a Campitello Matese, però Evgenij se ne va sul primo arrivo in salita del Giro. Stacca tutti tranne Pelliccioli che era in fuga da prima che però nulla può in volata. Argentin perde 3 minuti, Furlan più di 10. L’uomo della Gweiss per il Giro diventa giocoforza il russo. Indurain sta a guardare tranquillo per il momento, staccato in generale di un minuto e 05”. Regge anche Gianni Bugno, secondo a 57” da Berzin.

 

Con la regia di Popi Bonnici, Davide De Zan ci spiega i problemi di calli ai piedi che affliggevano Berzin.

 

Domenica 29 maggio, ottava tappa, è tempo di cronometro, da Follonica a Grosseto, 44 chilometri piatti tranne che per l’ascesa alle Cascate delle Callachie, dopo 30 chilometri. La Stampa di lunedì 30 maggio titolerà:

“Il fulmine Berzin si abbatte su Indurain”.

Il giovane russo stravince la crono infliggendo distacchi abbondanti agli avversari: secondo è De Las Cuevas staccato di un minuto e 16”, poi Bugno a 1’41”. Indurain è quarto ma a ben 2 minuti e 34”. In generale Berzin ha adesso 2’16” su De Las Cuevas, 2’38” su Bugno e 3’39” sul favorito spagnolo.

Nei giorni seguenti nulla succede che possa far cambiare la classifica. Il 3 giugno in occasione della tredicesima tappa da Kranj a Lienz, 234 chilometri dalla Slovenia all’Austria, i migliori della generale subiscono un distacco di 13 minuti dalla fuga, vincerà Bartoli, ma concludono tutti insieme senza che le prime salite alpine possano cambiare la classifica. I giornali occupano le loro colonne dedicate al Giro con le notizie di una presunta fuga notturna di Gianni Bugno dall’albergo della squadra per incontrare una donna…

Il giorno dopo si va da Lienz a Merano, 235 chilometri con quattro Gran Premi della Montagna. Vince Pantani, che stacca il gruppo dei più forti di 40 secondi. Bugno, Chiappucci, Rebellin, Berzin e Indurain chiudono nell’ordine alle sue spalle. Per Evgenij nessun problema a mantenere la Maglia Rosa. I giornali spagnoli iniziano ad aver forti dubbi sulle possibilità di Indurain di ribaltare la situazione.

 

La fuga e l’incitamento di Quintarelli per la prima vittoria da professionista di Marco Pantani

 

Tocca adesso alla Merano – Aprica, 195 chilometri con Stelvio, Mortirolo e Santa Cristina. È ancora impresa solitaria di Marco Pantani che stacca Chiappucci di 2 minuti e 52”, terzo Belli a 3′ e 27”. Indurain da qualche segno di ripresa, è quinto a 3’30” staccando di 36 secondi Berzin. Cede Bugno che chiuderà a 2 minuti e 20” dallo spagnolo. Pantani adesso è secondo in classifica a 1’18 da Berzin, mentre Indurain recupera il terzo posto a 3’03”. La sedicesima tappa da Sondrio a Stradella è completamente piatta, Sciandri vince la volata di gruppo. Il Giro va verso la Liguria, con un arrivo a Lavagna dove vincerà Svorada regolando quattro compagni di fuga.

Mercoledì 8 giugno è il giorno dei 35 chilometri della cronoscalata da Chiavari al Passo del Bocco, quello della resa dei conti tra i primi tre della classifica. I primi 17 chilometri non presentano pendenze particolarmente significative. Il tempo migliore è quello di Berzin con 17” su Indurain. Pantani ha già perso 1 minuto e 06”, del resto la strada a lui favorevole non è ancora iniziata. Dopo 25 chilometri Evgenij guida con 37 minuti netti, 15” meglio di Miguel e addirittura 1’16” su Pantani. A quattro chilometri dal traguardo finisce la salita. Il migliore è sempre Berzin con un vantaggio di 31” su Indurain e 1’30” su Pantani. Nel finale in discesa lo spagnolo recupera qualcosa e terminerà a 20 secondi da Berzin che chiude la prova in 59 minuti e 52”. Pantani è terzo a 1’37”. Ormai è chiaro per tutti che ben difficilmente il russo perderà il Giro.

 

Archivio La Stampa – Torino

Da Lavagna a Bra su un percorso collinare non troppo impegnativo il giorno dopo vince Ghirotto. Venerdì 10 si torna sulle Alpi per la ventesima tapp, da Cuneo a Les Deux Alpes, in territorio francese, con tre cime non indifferenti da affrontare: il Passo dell’Agnello, l’Izoard e il Lauteret oltre all’arrivo in quota. Vincerà un altro russo, Poulnikov, compagno di Pantani e Chiappucci alla Carrera. I primi tre in classifica arriveranno insieme, staccati di 1 minuto e 55” permettendo a Berzin di fare un altro passo decisivo verso la vittoria finale.

La penultima tappa, da Les Deux Alpes a Sestriere di 121 chilometri è ancora impegnativa, di nuovo il Lautaret, il Monginevro e due volte l’ascesa a Sestriere. Ancora però Berzin. Pantani e Indurain arrivano insieme a 4 minuti e 36” dal vincitore, lo svizzero Pascal Richard che oltre alla tappa si aggiudica la classifica del Gran Premio della Montagna. Adesso non ci sono più dubbi, il settantasettesimo Giro d’Italia va in Russia, passando da casa Berzin a Broni, nelle mani di un ragazzo che probabilmente pochi mesi prima nemmeno ci pensava. Zanini vince la passerella finale da Torino a Milano.

Quella domenica 12 giugno 1994 alla premiazioni milanesi, sembrava a tutti fosse nato un campione. Uno di quei corridori destinati a dominare per anni la scena ciclistica internazionale. Non fu così. Il 1994 resterà un anno unico nella carriera di Evgenij Berzin. Sarà secondo alla corsa rosa nel 1995 con un successo di giornata, e vincerà una tappa anche nel 1996. Un successo parziale al Tour, dove non sarà mai un fattore in classifica, sempre nel 1996, un paio di tappe al Giro di Svizzera e poco altro. Pare che negli ultimi tempi in cui lo si vedeva ancora in corsa ebbe a dire di se stesso:

“Resto in gruppo perché amo ancora la competizione. Purtroppo non posso dire lo stesso dell’allenamento”.

Il giorno prima della partenza del Giro del 2000 fu escluso dalla manifestazione per via del valore troppo alto dell’ematocrito: non vinceva una corsa dal 1997 e decise di chiudere lì.

 

Immagine copertina © Eric HOUDAS