Antonio Pesenti, il Gatto di Zogno

La stella di Antonio Pesenti s’è spenta presto, ma ha brillato intensamente.

 

 

Nei primi decenni del ‘900 le bici erano decisamente più pesanti rispetto a quelle odierne. I rapporti erano solo due, uno da pianura e uno da salita. Quest’ultimo, comunque, era ben più lungo di quelli che vengono adottati nel 2020 per scalare le montagne. Le gare, inoltre, avevano chilometraggi sovente gargantueschi. Le strade, soprattutto in Italia, di rado erano asfaltate. Spesso si correva su superfici sterrate. Il rischio di forare era elevato e questo comportava anche un maggiore stress mentale per gli atleti. In questo contesto era facile usurarsi anzitempo. Molti campioni dell’epoca, infatti, hanno avuto carriere molto brevi. Era importante, quindi, riuscire a massimizzare il periodo in cui si era all’apice delle proprie possibilità. Come ha saputo fare Antonio Pesenti, campione azzurro di inizio anni ’30.

Pesenti, nato a Zogno, in provincia di Bergamo, il 17 maggio 1908, è stato, seppur per poco tempo, un favoloso interprete delle gare a tappe. Era forte in salita, dotato di superbe doti di fondo e il recupero non gli faceva difetto. Nel triennio in cui è riuscito a esprimersi al massimo delle sue possibilità, ha legato il suo nome principalmente a due gare: il Giro d’Italia e il Tour de France.

©Tuttobiciweb

Soprannominato il Gatto di Zogno, Antonio, dopo una stagione da isolato nel 1929, viene arruolato dal commendator Umberto Dei nella sua Dei-Pirelli per il 1930. In quella stagione fa il suo esordio al Giro d’Italia. È la Corsa Rosa alla quale Alfredo Binda non partecipa per manifesta superiorità, pagato per non partecipare. Il tracciato, pur non presentando le mastodontiche ascese che siamo abituati a vedere oggi, è tutt’altro che banale. Si parte dalla Sicilia, per la prima volta nella storia, e si arriva a Milano. Numerose erte sono disseminate lungo il percorso.

A trionfare sarà Luigi Marchisio, un ragazzo di ventuno anni appena compiuti. Un grande talento, più forte anche di una scheggia vulcanica dell’Etna che lo centra in un occhio e lo costringe a gareggiare, per alcuni giorni, con una benda da pirata. Resterà il più giovane vincitore del Giro fino al successo di Fausto Coppi nel 1940. Il vero mattatore di quella gara, però, è il varesino Michele Mara. Egli sta vivendo un’autentica stagione di grazia, si è già imposto alla Roma-Napoli-Roma e alla Milano-Sanremo. In autunno, inoltre, metterà il suo sigillo anche al Giro di Lombardia. Nella Corsa Rosa nobilita ulteriormente il suo palmarès tagliando per primo il traguardo in ben cinque occasioni. Pesenti, ad ogni modo, riuscirà a conquistarsi il suo spazio tra questi due atleti che stanno, ambedue, vivendo un momento che non si ripeterà più nelle loro carriere.

Antonio – o Tone, come lo chiamavano gli amici – parte con il ruolo di gregario di Giuseppe Pancera. Veronese di Castelnuovo del Garda, Pancera è reduce dalle piazze d’onore colte al Giro d’Italia del 1928 e al Tour de France del 1929. Tuttavia, sarà costretto al ritiro molto presto e allora Pesenti riuscirà ad avere la libertà necessaria per competere con i migliori. Il Gatto di Zogno arriva con costanza tra i primi dieci di tappa quasi ogni giorno. Entra, oltretutto, tra i primi dieci della classifica generale alla fine della quarta frazione e non vi esce più.

Anzi, più passano i giorni e più il suo piazzamento migliora. Nella terzultima tappa, inoltre, la Rovigo-Asiago di 151 chilometri, Tone mette la ciliegina sulla torta di quel suo Giro d’Italia d’esordio. Lungo una frazione che prevede il passaggio sull’Altopiano dei Sette Comuni, il bergamasco attacca in solitaria. Sfugge dalle fauci del gruppo con prepotenza e alle sue spalle, ben presto, si vede solo il cielo sullo sfondo. Arriva al traguardo a braccia alzate. Precede i primi inseguitori di ben 2’32”. È il suo primo trionfo da professionista ed è un successo che è manifesto di quale sia il reale valore di Pesenti quando la strada sale.

©La Voce delle Valli

Tone conclude il Giro al quinto posto, a 16′ da Marchisio. Nella stagione seguente sarà settimo, ma a 13’50” dal vincitore Francesco Camusso. Dopo le prime nove tappe, inoltre, Antonio non era nemmeno tra i primi dieci. Nel weekend conclusivo, però, nel cui menù ci sono la Genova-Cuneo di 265 chilometri, che prevede le ascese de La Bocchetta, del Colle del Giovo e del Colle di Cadibona, la Cuneo-Torino di 252 chilometri, nella quale il plotone scala il Sestriere, e la Milano-Torino di 263 chilometri con le erte di La Serra e del Brinzio disseminate lungo il tracciato, il Gatto di Zogno conferma d’essere uno dei grimpeur più forti dello stivale.

Le belle prestazioni degli ultimi due Giri d’Italia gli permettono di essere convocato dalla nazionale italiana per il Tour de France del 1931. Il capitano designato della selezione azzurra per quella Grande Boucle è il vincitore del Giro d’Italia, Francesco Camusso. Cichìn, però, si ritirerà dopo appena dieci giorni, e allora a tenere alto l’onore della selezione del belpaese saranno il portentoso velocista Raffaele Di Paco, il quale farà il diavolo a quattro nelle frazioni più semplici, e un Antonio Pesenti brillante come non mai.

Nella prima frazione pirenaica, la Pau-Bagnères-de-Luchon di 231 chilometri, Tone si inserisce in un tentativo che parte da lontano e prende il largo. Con lui ci sono anche i belgi Jef Demuysere, reduce da un terzo e un quarto posto nelle ultime due edizioni della Grande Boucle, e Maurice Dewaele, trionfatore nel 1929. Il tentativo prende il largo e il capitano della nazionale francese, il fuoriclasse Antonin Magne, è costretto a muoversi sull’Aubisque per rientrare sui battistrada prima che sia troppo tardi.

Tonin Le Sage, con un’azione strepitosa, va a riprendere i rivali ai piedi del Tourmalet. Dopodiché, una volta arrivati sul Peyresourde, fa il vuoto e si invola verso il traguardo. Pesenti è l’ultimo a mollare la ruota dell’ex pugile. Prova a resistere con le unghie e coi denti, ma alla fine deve cedere anche lui. Chiude al secondo posto a 4’42” da Magne, ma anticipa di ben tre primi il plotoncino di Dewaele e Demuysere, il quale era anche stato vittima di una caduta. A fine giornata il Gatto di Zogno occupa la seconda posizione in classifica generale alle spalle del leader della selezione transalpina.

©BICITV, Twitter

Demuysere vince la quindicesima tappa con arrivo a Gap, anticipando di 2’20” un terzetto composto da Pesenti, Magne e Di Paco. Il resto del gruppo, però, chiude a sei minuti da Tone e il bergamasco ipoteca il podio. Durante il penultimo giorno, nel quale è in programma la Charleville-Mézières-Malo-les-Bains di 271 chilometri, una frazione ricca di tratti di pavé, Demuysere attacca a fondo col compagno Gaston Rebry.

Magne è l’unico che riesce a contenere lo scatenato duo belga. Pesenti conclude nel primo gruppo inseguitore a ben 17′ dai primi tre. Demuysere gli sfila così il secondo posto. Tone, ad ogni modo, a Parigi si consola con un terzo posto che, alla Grand Départ, era decisamente difficile da pronosticare. Un risultato che gli dà nuove consapevolezze. Un punto di partenza per realizzare quella che sarà la stagione migliore della sua carriera.

Nel 1932 Pesenti disputa il Giro d’Italia con la Wolsit, una sottomarca della Legnano di Alfredo Binda. Il Trombettiere di Cittiglio, però, verrà attanagliato durante la gara da alcuni fastidiosi problemi intestinali. Tone, il quale invece gode di uno stato di forma celestiale, non sarà quindi costretto a mettersi al servizio dell’illustre leader della casa madre.

La Corsa Rosa vede inizialmente come protagonisti il forte tedesco Hermann Buse, già vincitore della Liegi-Bastogne-Liegi nel 1930, e Learco Guerra. Il primo conquista in solitaria la seconda frazione e prende la testa della classifica. Il secondo, invece, si impone in tre dei primi sei traguardi parziali. Nella settima tappa, la Lanciano-Foggia di 280 chilometri, però, il Gatto di Zogno sale in cattedra.

Quel dì tutti aspettano l’attacco di Binda. Ma a muoversi da lontano è un arrembante Antonio Pesenti. Il Gatto di Zogno è un iradiddio. Sembra andare più forte persino dell’Alfa Romeo 8C con cui Tazio Nuvolari, in quegli anni, dominava le gare automobilistiche. Gli avversari vedono Tone sparire all’orizzonte poco dopo il suo affondo. Rimarrà solo al comando per quasi nove ore.

Antonin Magne. ©David Guénel, Twitter

Il traguardo, quel dì, è piazzato all’interno dello stadio del Foggia. La frazione viene percorsa a ritmi folli. Pesenti si presenta davanti all’impianto in cui gioca la squadra locale con un’ora di vantaggio sulla tabella di marcia. Le porte di quello che, un giorno, sarà il teatro di Zemanlandia, sono ancora chiuse. Dovrà scendere dalla bici e aspettare che le aprano, prima di poter oltrepassare la linea d’arrivo ed esultare.

Nonostante l’inconveniente, vince con distacchi abissali. Il compagno Raffaele Di Paco arriva secondo a 3’42” e completa una storica doppietta. Jef Demuysere, colui che gli aveva strappato la piazza d’onore al Tour del ’31, giunge terzo a 3’45”. Il filosofo tedesco Kurt Stoepel e Luigi Barral chiudono a 6’29”. Dopo 8’58”, invece, concludono la gara Alfredo Binda e Remo Bertoni. Tutti gli altri lasciano sul piatto oltre 10′.

Da quel momento in avanti Tone si difende con autorevolezza. Non ha mai un passaggio a vuoto e vince il Giro con ampio margine. Al secondo posto si classifica proprio Jef Demuysere, sul quale il Gatto di Zogno si è preso la rivincita più bella. Il belga chiude a ben 11’09” dal trionfatore. Sul gradino più basso del podio, invece, giunge Remo Bertoni, che anticipa Learco Guerra. Un Alfredo Binda che ha lealmente aiutato Pesenti dopo l’impresa di Foggia si deve accontentare della settima piazza a 19’27” da Pesenti.

Il Gatto di Zogno, forte del Giro appena conquistato, si presenta anche al Tour de France. Sulle strade francesi conquista il suo primo e unico successo parziale nella quinta frazione, la Pau-Bagnères-de-Luchon di 229 chilometri. Attacca sull’Aubisque e fa il vuoto. Poi, però, fora e viene riacciuffato da Camusso e dall’isolato francese Benoît Faure. Cambiata la ruota, tuttavia, riesce a tornare sulla coppia al comando sul Tourmalet. I tre vanno a giocarsi il successo allo sprint e gli azzurri sono due contro uno. Sarà Tone a fare la volata e a fulminare il transalpino.

Le fatiche del Giro, ad ogni modo, si faranno sentire nelle due settimane seguenti. Tone perde un po’ di smalto e non riesce a essere particolarmente incisivo. Si difende comunque egregiamente e chiude la gara con un onorevole quarto posto. Lo precedono solo il transalpino André Leducq, il tedesco Stoepel e il compagno Camusso.

©Coni

Pesenti, alla fine del 1932, ha appena ventiquattro anni. Dalla stagione seguente, tuttavia, vivrà un crollo verticale. Al Tour non tornerà più, poiché i suoi scarsi risultati fanno desistere la nazionale italiana dal convocarlo. Al Giro è costretto a ritirarsi in tutte le occasioni dal 1933 al 1937, con l’unica eccezione del ’36, quando conclude la gara al diciannovesimo posto. Deciderà di appendere la bici al chiodo nel 1938.

Mentre la sua carriera smette di dargli soddisfazioni, però, Tone decide di aprire una bottega a Bergamo. A riparare biciclette è un asso tanto quanto a guidarle. Il Gatto di Zogno oggi non c’è più: se n’è andato giovane, a sessant’anni, il 10 giugno del 1968. La Cicli Pesenti, però, è ancora un punto di riferimento per tutti gli amanti delle due ruote della zona. L’eredità di Antonio, oltretutto, verrà portata avanti anche a livello agonistico dal figlio Guglielmo.

Ironia della sorte, però, Guglielmo, figlio di uno scalatore eccelso, sarà invece un magnifico sprinter. Negli anni ’50 Guglielmo Pesenti fu uno dei più illustri rappresentanti della grande scuola italiana della velocità su pista. Argento alle Olimpiadi di Melbourne nella velocità e due volte sul podio mondiale della specialità tra i dilettanti, terzo nel 1956 e secondo nel 1957, il discendente del Gatto di Zogno ha anche detenuto il record mondiale sui 200 metri lanciati.

 

 

Foto in evidenza: ©Nice Cycling Paradise, Twitter